Da un punto di vista puramente interno, oggi Meloni gioca da sola. Il coro di scetticismo e di freddezza dell’opposizione e di certi alleati di governo in realtà rafforzano la premier sia con l’America che con l’Europa. È l’unica che si muove in maniera opportuna in politica internazionale. La mancanza di opposizione responsabile però è un grave vulnus della politica italiana. Il commento di Francesco Sisci
Tra Usa e Ue serviva uno scivolo, un lubrificante, uno scalino che aiutasse entrambi a scendere dalle proprie posizioni arroccate e la premier Giorgia Meloni, accarezzando per il verso giusto il pelo dell’ego del presidente Donald Trump, lo ha trovato. America e Unione Europea si incontreranno presto a Roma per parlare di commercio bilaterale, dazi e probabilmente anche di difesa e magari forse Cina.
Questo il risultato più vero e sostanziale dal punto di vista politico del viaggio di Meloni a Washington. L’Italia non ha risolto i problemi ma ha prodotto un risultato cruciale in tutte le mediazioni. Ha iniziato la svolta, facendo quello che Trump pretendeva per il suo pubblico interno, una genuflessione imperiale, e che Germania o Francia non avrebbero potuto concedere per la loro storia e la loro politica interna.
Una frase all’inizio del comunicato congiunto sembra avere prodotto il miracolo: “Usa e Italia sottolineano che la guerra in Ucraina deve finire e appoggiano completamente la guida del presidente Trump nel mediare un cessate il fuoco e fornire una pace giusta e duratura”.
Questo tipo di fiducia non era stato espresso dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo sfortunato incontro a Washington un mese fa.
Certo, nel frattempo, la prospettiva di un cessate il fuoco con la Russia si è allontanata e si avvicina invece l’orizzonte di una ripresa del riarmo dell’Ucraina che dovrebbe pesare più pesantemente sulle spalle degli europei. Inoltre, la trattativa commerciale Usa-Ue sarà guidata probabilmente dalla Germania di Friederich Merz, locomotiva economica del continente e avvocato d’affari in America, quindi doppiamente qualificato per l’impegno.
Ancora: la volatilità introdotta dalla ridda di annunci e contro annunci della Casa Bianca hanno gettato sull’America l’ombra della recessione. C’è un aspro scontro commerciale, e non solo, con la Cina.
Queste cose potrebbero incrinare la popolarità di Trump, portarlo a una sconfitta alle elezioni di midterm dell’anno prossimo e renderlo quindi una anitra zoppa per il resto del suo mandato.
Sono comunque tutti elementi ancora lontani e che potrebbero andare in direzioni diverse. Dopo la recessione l’economia americana potrebbe rimbalzare. La Cina prima delle elezioni di midterm potrebbe cedere e mille altre cose potrebbero accadere in un momento di enorme volatilità politica.
Forse, perciò, l’Italia dovrebbe prepararsi a dare forza al ruolo appena acquisito strutturandosi meglio. Ma potrebbe fare a pugni con la fragilità del sistema Paese. Qui la debolezza forse maggiore di medio lungo termine. L’Italia nel mezzo di un grande gioco avrebbe bisogno di una marcia in più che per ora forse non ha. Da un punto di vista puramente interno, oggi Meloni gioca da sola. Il coro di scetticismo e di freddezza dell’opposizione e di certi alleati di governo in realtà rafforzano la premier sia con l’America che con l’Europa.
È l’unica che si muove in maniera opportuna in politica internazionale. La mancanza di opposizione responsabile però è un grave vulnus della politica italiana. Senza opposizione il governo non ha bisogno di stare attento a non sbagliare, e quindi più facilmente le cose possono andare storte per il Paese.