Papa Francesco, come Thomas More nel film «Un uomo per tutte le stagioni» (1966, Fred Zinnemann), viene tirato per la giacchetta da ogni parte. Sconvolgente come alcuni intellettuali e politici abbiano scagliato la pietra dimentichi di “non giudicare se non vuoi essere giudicato”
Diversi di coloro, tra politici e intellettuali, che in queste ore si accalorano sui media sulla eredità pastorale e politica di Francesco, dove erano domenica mattina, 20 aprile? In piazza san Pietro, accanto ad Agnes, 34 anni, via pullman da Budapest? O a due passi da Alfonso e Maria, fidanzati ventenni dall’Andalusia? A far posto alla quarantenne Cristina, da Reggio Calabria, con due stampelle, per farla appoggiare alle transenne di legno bianco-panna? A vedere come Rosa e Michel, due fidanzati belgi fiamminghi, davano una mela ad un bambino che aveva sete (l’acqua non si poteva portare)? A vedere gli occhi felici di Simone e Matilde, da Vienna, moglie e marito trentenni, con sulle spalle Myriam, 3 anni, biondina occhi celesti, e Andrea, 11 mesi, biondino occhi azzurro giada?
Per questi fedeli “normali”, che hanno dormito arrangiandosi in qualche posto (nel pullman; accanto al porticato del Bernini; da amici di amici; in B&B a 30 km da Roma). la giornata non era iniziata alle ore 8.00, quando, dopo la fila e i controlli, si entra nella agognata piazza, ma tra le 4 e le 5 del mattino.
Sicuramente alcuni politici ed esperti di media, il giorno di Pasqua, avevano, probabilmente, impegni di famiglia. E sono scusabili. Del resto, va immaginato per onestà intellettuale, tra questi c’era chi aveva seguito la Veglia pasquale in parrocchia o in Tv.
Per altri ancora (grazie a Dio pochi) la loro ecclesia è lo studio televisivo. Lì si sentono esperti officianti liturgici. Che omelie! Ti dimostrano, impeccabilmente, come solo loro abbiano messo in pratica il “vangelo” di Francesco. Da destra a sinistra. E viceversa. Nei talk show essi, tutti dal sorrisetto ironico-sardonico, sommersi dai loro “dopodiché”, “fatemi capire”, “perdonami, ma io ricordo che quel capo di Stato o di governo ha offeso Francesco”, ti incantano, come serpenti a sonagli. E decretano sentenze senza appelli: tutti gli “altri” sono quasi Giuda. O almeno ipocriti. Ordinano, agli “altri”, con sprezzante tono pseudo-accademico, «Leggi la Laudato Si’!», «Leggi la Fratelli Tutti!» (ma dimenticano le altre due, Lumen Fidei -2013- e Dilexit Nos -2024). «Noi difendiamo l’universo e i diritti degli esseri umani, come dice Francesco!». Tutti, sinistra, centro e destra, sono dello stesso parere. Però, chi grida «Leggi!», è graniticamente convinto che solo lui e il suo partito abbiano letto le due encicliche super citate nei dibattiti di queste ore. E, soprattutto, solo loro le abbiano capite. Non è escluso che potrebbe essere anche così. Con un piccolo limite: la perfetta memoria selettiva di chi ordina di leggere ha cassato il Vangelo: «Non giudicate per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi» (Matteo, 7 1-2).
Il prossimo anno, Un uomo per tutte le stagioni (A Man for All Seasons, 1966, sei premi Oscar, incluso quello per la regia), di Fred Zinnemann, compie sessant’anni. Si racconta la vicenda dell’umanista e Lord Cancelliere, Sir Thomas More (italianizzato in Tommaso Moro, un impeccabile Paul Scofield, nel caldo e sereno doppiaggio di Giuseppe Rinaldi). Enrico VIII, deciso a divorziare da Caterina dì Aragona per sposare Anna Bolena, chiede al Lord Cancelliere Moro, apprezzato filosofo cattolico, di esercitare pressione su Roma affinché il Papa gli conceda il divorzio. More avanza la richiesta del sovrano, pur sapendo che non potrà essere accettata da Roma e, quando giunge il rifiuto, Carlo VIII con l’Atto di Supremazia fatto approvare dal Parlamento, diviene capo della neo-chiesa di Inghilterra, così da poter ottenere il divorzio e risposarsi.
Nel film di Zinnemann (tratto dal testo teatrale di Robert Bolt) Moro, come nella sua vita, è «un uomo per tutte le stagioni» nel significato originario di Omnium horarum homo, espressione con cui Erasmo da Rotterdam aveva definito, via corrispondenza, la estrema disponibilità del suo amico inglese. Ossia, Moro aiutava tutti, ascoltava ogni desiderata, da ogni cittadino, a qualunque censo appartenesse, da mattina a sera. Questa sua bontà e disponibilità autorizzò Enrico VIII a chiedergli l’impossibile. Così come diversi politici, arrampicatori e carrieristi del tempo: da Oliver Cronwell, suo invidioso rivale e accusatore, al mediocre intellettuale Richard Rich, che, pur beneficato da Moro, lo accuserà falsamente di corruzione.
Moro non approva la nuova chiesa fondata da Enrico VIII, pur rimanendo «fedele suddito del sovrano, ma prima figlio di Dio». Soprattutto tace. Per il suo silenzio viene imprigionato nella Torre di Londra, e poi decapitato. Nel 1935 verrà canonizzato da Pio XI. Nel 2000 Giovanni Paolo II lo proclamerà patrono dei governanti e politici cattolici.
Anche Francesco è stato «un uomo per tutte le stagioni», ossia Omnium horarum homo. A quante persone “normali” ha telefonato consolandole, in ogni ora del giorno? Quanti aiuti ha inviato tramite i suoi risparmi personali? Sono quelle stesse persone normali che si alzano alla 3 del mattino e vanno in San Pietro, la domenica di Pasqua, per fargli gli auguri.
E come accadde con Tommaso Moro, anche oggi alcuni politici ed esperti di media stanno ritagliandosi un “Francesco à la carte”. Si estrapola una frase dai suoi interventi a braccio, subito eletta a sentenza apodittica, filosofica, politica. E appiccicata al “noi lo abbiamo sempre detto” mentre gli altri “lo hanno contraddetto”.
Colei o colui che si dà la patente esclusiva di citare papa Francesco, ma ancor peggio, giudica gli altri, non solo pretende di parlare in nome di Francesco, e ci potrebbe pure stare, visto l’aspro dibattito di chi abita la politica H24, ma il/la tale rischia di tracimare. Sarebbe auspicabile fermarsi un attimo. Tacere per un momento. Bloccare il braccio, in un fermo-fotogramma, già teso, con dentro il pugno il malefico sasso.
Del resto, quelle stesse persone, nel “secondo giro di interventi”, negli studi televisivi, a voce alta, sempre con il sorrisetto ironico stampato, affermano di battersi per la pace, ricordando allo spettatore come «noi lo diciamo da sempre!».