Trump chiede il passaggio gratuito delle navi americane nei canali di Panama e Suez, pressando l’Egitto in risposta ai suoi legami crescenti con la Cina. Mentre gli Stati Uniti rilanciano un approccio assertivo, l’Italia punta su una diplomazia più morbida per consolidare i rapporti con Il Cairo, anche nell’ottica di contenere l’influenza dei rivali
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha chiesto che le navi americane, sia commerciali sia militari, possano attraversare gratuitamente il canale di Panama e quello di Suez. “Entrambi i canali non esisterebbero senza gli Stati Uniti”, ha scritto Trump in un post sulla sua piattaforma social Truth, aggiungendo di aver incaricato il segretario di Stato Marco Rubio di “risolvere immediatamente” la questione.
L’intervento si inserisce in un quadro più ampio di pressione che Trump sta esercitando su Paesi considerati strategici per la sicurezza dei flussi commerciali globali — con i corridoi, da Panama a Suez, da Malacca all’Imec che sono diventati i lineamenti cruciali di una geoeconomia che sta disegnando la nuova globalizzazione.
Mentre da mesi punta a rafforzare l’influenza americana sul canale di Panama, l’apertura di un fronte parallelo sul canale di Suez, vitale arteria di collegamento dell’Indo-Mediterraneo, è una novità solo nella cronaca ma tutt’altro che sorprendente.
Non a caso, per altro, l’attenzione di Trump si concentra sull’Egitto in un momento di crescente interesse di Pechino nella regione. Recentemente Il Cairo ha infatti ospitato la prima esercitazione militare congiunta con le forze armate cinesi, segnando un avvicinamento che, nella visione transazionale dell’amministrazione Trump, mette in discussione il tradizionale equilibrio basato sull’assistenza economica e militare statunitense. Per Washington, che da decenni garantisce sostegno all’Egitto in cambio di stabilità e cooperazione strategica, l’apertura verso la Cina rappresenta un elemento da contrastare e su cui pressare (per ottenere contraccambio).
Va inoltre ricordato che il canale di Suez è un punto cardine della Maritime Silk Road, l’asse marittimo della Belt and Road Initiative (Bri) cinese, che collega la Cina a Asia, Africa ed Europa. Senza Suez, i costi di trasporto globale crescerebbero significativamente, rallentando l’economia mondiale. Le analisi mostrano che l’incremento del commercio marittimo cinese potrebbe aumentare il traffico attraverso Suez del 23%, mentre gli investimenti Bri contribuiranno a un’espansione del 5% nel medio-lungo termine. Questo rafforza l’interesse di Pechino sul canale, con l’obiettivo di trasformarlo da semplice passaggio commerciale a hub logistico globale, anche tramite strategie di pricing flessibili e attività a valore aggiunto.
La questione è ampia: tenere certe Paesi agganciati al sistema occidentale è un obbiettivo condiviso anche dagli europei, che ne segna il valore necessario per i futuri equilibri. Mentre l’amministrazione americana adotta toni più assertivi, altri attori occidentali stanno perseguendo una diplomazia più discreta. L’Italia, ad esempio, ha recentemente intensificato i rapporti con l’Egitto attraverso visite ufficiali come quella del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Attività pensate sì con l’obiettivo di rafforzare i legami bilaterali, ma anche con un chiaro riflesso (più o meno diretto) nel contrastare la crescente influenza di competitor globali nella regione. Una strategia di engagement che punta a mantenere aperti i canali di comunicazione, senza rinunciare alla difesa degli interessi strategici.