La proposta americana, rivelata a poche ore dai colloqui di Londra, rappresenta un tentativo di congelare il conflitto ucraino. Mentre Washington e Mosca sembrano trovare un terreno comune, Kyiv continua a essere esclusa da questo dialogo
A poche ore dal loro inizio, le discussioni per il raggiungimento di un cessate il fuoco in Ucraina che si terranno oggi a Londra (come follow-up del meeting svoltosi a Parigi la settimana scorsa) sono state in qualche modo “ridimensionate”: dopo che il segretario di Stato Usa Marco Rubio e l’inviato speciale del presidente Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff hanno annunciato la loro assenza all’incontro, i lavori sono stati ricalibrati sul livello degli alti funzionari dei Paesi partecipanti (Regno Unito, Francia, Germania, Ucraina e Stati Uniti) parallelamente, il ministro degli Esteri britannico David Lammy ospiterà un incontro bilaterale con il suo omologo ucraino.
Nonostante il “downgrade” dell’evento, il meeting di Londra potrebbe comunque rappresentare un punto di svolta nel processo negoziale. Infatti, al posto di Rubio e di Witkoff, come rappresentante di Washington sarà invece presente l’inviato speciale per l’Ucraina, il generale Keith Kellog. Il quale, secondo quanto riporta la testata statunitense Axios, avrà il compito di promuovere la discussione sul documento di una pagina contenente “l’offerta finale” dell’amministrazione di Donald Trump riguardo al conflitto in corso in Ucraina.
Il piano promosso dalla Casa Bianca garantirebbe a Mosca il riconoscimento de jure da parte degli Stati Uniti del controllo russo in Crimea e quello de-facto dell’occupazione russa di quasi tutto l’oblast di Luhansk e delle porzioni occupate di Donetsk, Kherson e Zaporizhia, la promessa che l’Ucraina non sarà mai inclusa nell’Alleanza Atlantica (ma nell’Unione europea si), la revoca delle sanzioni imposte negli ultimi dieci anni e l’avvio di una maggiore cooperazione economica con gli Stati Uniti, in particolare nei settori dell’energia e dell’industria.
Viceversa, Kyiv otterrebbe quella che viene definita “una solida garanzia di sicurezza” che coinvolga un gruppo ad hoc di Paesi europei e non (interessante da notare, non vi è menzione alcuna del ruolo che gli Stati Uniti avrebbero all’interno di simili dinamiche, suggerendo una possibile assenza), la restituzione della piccola parte dell’oblast di Kharkiv occupata dalla Russia, oltre che compensazione e assistenza per la ricostruzione, anche se il documento non dice da dove proverranno i finanziamenti. Nel documento si fa riferimento anche alla centrale nucleare di Zaporizhia (che rientrerà in territorio ucraino ma sarà gestita dagli Stati Uniti, con elettricità fornita sia all’Ucraina che alla Russia) e all’accordo minerario tra Stati Uniti e Ucraina, che secondo Trump dovrebbe essere firmato già domani.
Un piano che potrebbe non dispiacere a Mosca. Proprio in questo senso si potrebbero infatti leggere le dichiarazioni che il presidente russo Vladimir Putin avrebbe rilasciato a Witkoff in occasione del loro incontro avvenuto poche settimane fa, secondo cui il Cremlino sarebbe disposto a fermare il conflitto lungo l’attuale linea del fronte. Dati alla mano, la posizione russa e quella americana sembrano combaciare pressoché alla perfezione, segnalando che il raggiungimento di una svolta nel processo negoziale.
Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha dichiarato al Financial Times che “è in corso un lavoro intenso. Stiamo parlando con gli americani. Il lavoro è difficile e richiede molto tempo, quindi è difficile aspettarsi risultati immediati, e il lavoro non può essere fatto in pubblico”. Sempre Peskov ha dichiarato che Witkoff visiterà Mosca nel corso di questa settimana, in quello che potrebbe rivelarsi un incontro decisivo.
Oltre alla Russia, però, sarà necessario convincere anche l’Ucraina. Al momento sembra che Kyiv non voglia discutere di questo specifico piano di pace, favorendo invece il dialogo su una tregua di 30 giorni (un tema su cui il Cremlino non si è mai dimostrato particolarmente sensibile).