Skip to main content

Meloni convince Washington e rassicura Bruxelles. L’analisi di Rizzo (Ac)

Meloni rafforza il proprio ruolo internazionale e guadagna influenza anche a Bruxelles. Mentre l’Ue cerca una strategia comune con gli Stati Uniti, Trump sembra avere già una preferenza: parlare con chi “fa accordi”, come Meloni. Intervista a Rachel Rizzo, senior fellow dell’Atlantic Council

Mentre le tensioni tra gli Stati Uniti e i partner europei si acuiscono, la premier Giorgia Meloni si è recata a Washington per incontrare il presidente statunitense Donald Trump con l’obiettivo di cercare una mediazione. Con dei risultati che sembrano essere decisamente positivi. Cosa c’è da aspettarsi adesso? Rachel Rizzo, nonresident senior fellow presso l’Europe Center dell’Atlantic Council, ha commentato la visita alla Casa Bianca con Formiche.net.

Come giudica l’esito della visita di Meloni a Washington?

L’incontro avviene in un momento di grande tensione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, e so che c’era molto nervosismo da parte dei leader europei riguardo alla visita di Meloni a Washington, per il fatto che potesse venire alla Casa Bianca e rappresentare gli interessi italiani a scapito di quelli dei membri dell’Ue nel loro insieme, ma penso che abbia fatto un ottimo lavoro nel bilanciare entrambi i lati della medaglia. Non a caso, dopo l’incontro Trump ha detto che ci sarà un accordo commerciale al 100%, sottolineando che si tratterà di un accordo equo, anche dicendo allo stesso tempo che aveva fretta. Il riferimento è, ovviamente, alla pausa di novanta giorni sulle tariffe. Dal canto suo, Meloni ha sottolineato che le aziende italiane investiranno 10.000.000.000 di dollari negli Stati Uniti per costruire legami economici. Credo quindi che questo sia stato un segnale molto positivo del fatto che entrambe le parti sono disposte a mettersi al tavolo e a lavorare insieme per evitare una guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico.

Ma si è parlato anche di Difesa.

Esatto. Le spese italiane per la difesa al momento sono intorno all’1,49%, decisamente sotto alla quota del 2% prevista dalla Nato. Ma Meloni ha annunciato che l’Italia avrebbe ufficialmente aumentato le spese per la difesa. Tutto sommato, quindi, sono emerse molte note positive dall’incontro e sono stati evitati i potenziali punti di rottura, e credo che questo sia esattamente ciò di cui c’è bisogno in questo momento. Penso che Meloni sia una persona davvero adatta a svolgere il compito di mediatrice in questo momento.

Secondo lei Meloni è andata da Trump più come rappresentante dell’Italia o come rappresentante dell’Europa?

Entrambe le cose. Penso che lei parli un linguaggio trumpiano, che non molti altri leader europei possono parlare. E questo la rende la persona migliore tra i leader europei per svolgere questo ruolo di ponte tra gli Stati Uniti e l’Europa. Quindi, sì, certo, viene negli Stati Uniti su invito di Trump come primo ministro italiano, ma c’era molto sulle sue spalle. Le discussioni che ha avuto con Von Der Leyen e con altri leader europei hanno chiarito che non sarebbe andata a Washington solo come rappresentante dell’Italia. Si è recata a Washington come emissario dei ventisette membri dell’Ue. E credo che sia riuscita a trovare un buon equilibrio. In futuro potrebbe delinearsi uno scenario in cui Meloni emerge come un attore chiave nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa, semplicemente perché ha quel legame personale con Trump e la sua squadra che lui cerca quando “vuole fare accordi con le persone”.

Possiamo quindi presumere che Meloni abbia guadagnato un prezioso leverage politico in sede europea.

Credo proprio di sì. Prima che Trump fosse eletto per la seconda volta, molti dicevano che Viktor Orban avrebbe svolto un ruolo di collegamento tra gli Stati Uniti e l’Europa, e per me non ha mai avuto senso perché è visto come una spina nel fianco della leadership dell’Unione Europea e dei leader della Nato. Ma Meloni non lo è. Per molti versi fa gioco di squadra. È vista come una sostenitrice del legame transatlantico, è stata molto favorevole all’Ucraina, e può spingere l’Europa in quella direzione. Ma allo stesso tempo, ha una sorta di visione della dimensione di politica interna condivisa da Trump e dal suo team, soprattutto quando si tratta di questioni culturali. Ovviamente non ha alcun ruolo ufficiale nella Commissione o nell’Ue, e alcuni passaggi della discussione con Trump verranno ovviamente affrontati da Von Der Leyen o dal commissario al commercio Maroš Šefčovič. Ma ritengo che il ruolo di Meloni sia tutt’altro che secondario.

A poche ore di distanza dalla visita di Meloni a Washington, il vicepresidente Usa JD Vance è atterrato in Italia. Crede che le due visite siano fortemente legate o seguano due filoni diversi?

Ne dubito. Credo che la visita di Meloni da Trump si sia incentrata una discussione di alto livello su temi importanti come il commercio, la spesa per la difesa, eccetera. Viceversa, credo che la conversazione con Vance sia, potenzialmente, più incentrata su questioni interne. D’altronde, lui è il principale promotore nell’amministrazione Trump di questioni di tipo culturale. Sarà interessante vedere se in queste conversazioni tali temi verranno fuori, ad esempio in termini di elogi a Meloni per aver difeso certi valori.

Quali saranno, secondo lei, i prossimi passi in questo processo di riavvicinamento tra Usa e Ue?

Come ha detto Trump, adesso si lavorerà a un accordo. Per ora questo dazio generalizzato del 10% rimarrà, e dovranno lavorarci su. Ma credo che nei prossimi novanta giorni si assisterà a un flusso costante di leader europei di alto livello che si recheranno negli Stati Uniti per cercare di risolvere la questione o, in alternativa di leader statunitensi, come il segretario al commercio e al tesoro, si recheranno in Europa per tenere questo tipo di colloqui. Šefčovič si è recata a Washington all’inizio della scorsa settimana, e non è emerso nulla di concreto da quell’incontro. E von der Leyen non ha ancora avuto l’opportunità di incontrare Trump da quando è stato eletto, probabilmente perché lui non vuole incontrarla. Penso quindi che in futuro sarà importante che i leader di alto livello dell’Ue e i leader di alto livello degli Stati Uniti tengano altri incontri per definire i contorni di un potenziale accordo. Ma credo che molto dipenderà da come l’Unione Europea deciderà di trattare con la Cina, e da come andrà il vertice Ue-Cina che si terrà a un certo punto. Perché se gli Stati Uniti vedono che l’Ue si avvicina alla Cina, potrebbero decidere di non cercare un riavvicinamento dell’Ue. Potrebbe anzi avere l’effetto opposto, ovvero alimentare le fiamme che stanno già bruciando in termini di potenziale guerra commerciale. Penso quindi che molto dipenda da come l’Ue voglia trattare con la Cina e da come gli Stati Uniti e l’Ue possano lavorare insieme sulle pratiche commerciali sleali della Cina. Staremo a vedere.

 


×

Iscriviti alla newsletter