La visita in Arabia Saudita, Eau e Qatar del segretario Usa all’energia Chris Wright serve sia a preparare il viaggio di Trump in Medio Oriente, sia a distendere la strategia Usa nel settore energetico, proprio mentre il petrolio fa segnare il suo minimo in 4 anni e mentre la produzione americana di combustibili fossili registra un’impennata. Un segnale anche all’Europa?
Due settimane per spiegare ai Paesi del Medio Oriente (e non solo) quale sarà la politica energetica decisa dalla nuova amministrazione americana. Il segretario Usa all’energia Chris Wright inizia un lungo tour proprio mentre il petrolio fa segnare il suo minimo in 4 anni e mentre i combustibili fossili continuano a prevalere alla voce export Usa. Nel 2024 infatti gli Stati Uniti sono diventati il principale esportatore di gnl al mondo. Il tutto dopo che Israele ha proposto a Wright di istituire un forum dedicato all’energia per i Paesi che hanno firmato gli Accordi di Abramo, come annunciato dal ministro dell’energia israeliano Eli Cohen. Inoltre bassi prezzi del petrolio potrebbero anche venire in soccorso del progetto a stelle e strisce riguardo le pressioni da portare a Mosca per accettare la pace in Ucraina.
Energia e Iran
Due settimane: tanto durerà il viaggio di Wright in tre Paesi altamente strategici come Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, ghiotta occasione per preparare la visita del presidente Donald Trump a quelle latitudini prevista nel mese di maggio. Il momento è complesso, come tutti sanno: lunedì scorso il presidente americano ha annunciato pubblicamente che Iran e Stati Uniti stanno avendo colloqui diretti sul programma nucleare di Teheran. Ricevendo premier israeliano Benjamin Neanyahu, Trump ha detto. “Sabato abbiamo una riunione molto importante e tratteremo direttamente con loro”, aggiungendo che se i colloqui non avranno successo, “l’Iran sarà in grave pericolo”. Da parte sua il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha replicato: i colloqui saranno “negoziati indiretti di alto livello” e che si svolgeranno in Oman, sabato 12 aprile.
Trump ha sottolineato che mira a portare le esportazioni di petrolio dell’Iran a zero per impedire che il player di Teheran ottenga un’arma nucleare. In quel caso solo l’aumento di produzione da parte di altri produttori globali potrebbe aiutare a prevenire un picco di prezzo.
I fossili Usa
Sullo sfondo ci sono due dati: il calo del prezzo del greggio, causato dalle preoccupazioni che i dazi decisi dall’inquilino della Casa Bianca producano come effetto diretto una recessione su vasta scala (mentre i produttori di petrolio dell’Opec+ accelerano l’aumento della produzione) e i numeri sempre più consistenti alla voce gnl americano, grazie ad una spedizione giornaliera di 11,9 miliardi di piedi cubi, in aumento del 27% rispetto al 2023. Ciò è dovuto in parte anche ai lavori di adattamento eseguiti all’oleodotto Trans Mountain del Canada che di fatto ha triplicato la capacità di estrazione del greggio, portandola a 890.000 barili al giorno.
Quale strategia energetica?
Nel gennaio scorso Trump aveva chiesto a Riad di aumentare il piano investimenti pianificato dagli Stati Uniti da 600 miliardi di dollari a 1.000 miliardi. Più volte il principe Mohammed Bin Salman ha annunciato che il regno svilupperà armi nucleari se lo farà anche il suo rivale Iran, sollevando le preoccupazioni su una possibile corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente. Inoltre gli Emirati Arabi Uniti si sono impegnati a sottoscrivere un quadro di investimenti decennale da 1,4 miliardi di dollari in infrastrutture di intelligenza artificiale, semiconduttori, energia e produzione. Dossier che andranno approfonditi da Wright che vorrà tararli anche sull’attualità delle nuove relazioni in quell’area. In questo scenario si inserisce il prezzo basso del petrolio che potrebbe anche venire in soccorso del progetto a stelle e strisce riguardo le pressioni da portare a Mosca per accettare la pace in Ucraina.
La chiusura del cerchio potrebbe essere con Israele, dal momento che il ministro dell’Energia Cohen poche settimane fa ha proposto al suo omologo un oleodotto che collega l’Arabia Saudita a Eilat, in Israele, da dove il petrolio potrebbe essere trasportato in Europa. E chissà che non si ricominci a parlare anche del gasdotto EastMed, congelato forse troppo frettolosamente.