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Wang Yi va a Mosca per cercare di allontanare Trump e Putin

La visita del plenipotenziario cinese mira a rafforzare ulteriormente i legami tra Pechino e Mosca. Con la paura che il Cremlino sia pronto a sganciarsi in modo parziale o totale da Zongnanhai, quando ne avrà l’occasione

“Amici per sempre, nemici mai”. Così il ministro degli Esteri cinese Wang Yi si è espresso dopo essere atterrato a Mosca per una visita di tre giorni nella capitale del Paese con cui Pechino ha stretto una “partnership senza limiti”, nei giorni immediatamente precedenti all’invasione dell’Ucraina lanciata nel febbraio 2022. E proprio sulla base di questa partnership il plenipotenziario cinese ha spiegato che la formula da lui stesso impiegata “serve come solida base giuridica per far progredire la cooperazione strategica a un livello superiore”.

Nei giorni della sua visita diplomatica a Mosca il ministro cinese si è incontrato con la sua controparte russa Sergei Lavrov, al termine della quale i due hanno nuovamente affermato la vicinanza dei rispettivi Paesi (“La Russia e la Cina sono unite non solo dalla fratellanza storica e militare e da un lungo confine comune, ma anche da tradizioni secolari di buon vicinato e da un’ampia comunanza di interessi nazionali. Questo è l’orientamento dei nostri leader, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping[…]Faremo ogni sforzo per attuare efficacemente i loro accordi” avrebbero detto i due vertici politici al termine del loro incontro).

Ma la situazione potrebbe essere meno rosea rispetto a quanto si vuole far credere. Sin dal suo insediamento, il presidente statunitense Donald Trump sta portando avanti una politica di riavvicinamento con il Cremlino, in relazione al conflitto in corso in Ucraina ma non soltanto. Alcuni esperti individuano in questa svolta diplomatica promossa dall’amministrazione Trump un tentativo di isolare diplomaticamente la Repubblica Popolare (considerata come la vera potenza rivale degli Stati Uniti sul piano globale). Negli ultimi dieci anni la recrudescenza nelle tensioni tra Russia e Occidente, con annessi i tentativi di isolamento diplomatico promossi dal secondo nei confronti del primo, ha spinto il Cremlino sempre più verso Est, sviluppando un’intesa con Pechino apparentemente sempre più forte, ma in realtà intrinsecamente legata a dinamiche di comodo, che nel corso degli anni sono emerse in più occasioni attraverso vari settori.

Non stupisce dunque che la convergenza (almeno apparente) di posizioni tra Casa Bianca e Cremlino, assieme alla manifestata vicinanza personale tra Trump e Putin, possa essere causa di fastidi per i leader cinesi. Che da tempo si stanno impegnando per trasformare Pechino in un attore primario all’interno del dossier ucraino, seppur senza molto successo, e che oggi vedono nel riavvicinamento Usa-Russia una possibile frustrazione dei loro sforzi.

“La Cina è pronta, tenendo conto delle aspirazioni delle parti coinvolte, a svolgere un ruolo costruttivo nella soluzione del problema” ha ribadito Wang Yi da Mosca. Altrettanto significative in questo senso le dichiarazioni rilasciate durante un briefing con la stampa dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun, secondo cui le relazioni della Cina con la Russia “non hanno come obiettivo una terza parte e non dovrebbero essere influenzate da nessuna terza parte”. Soprattutto una parte inaspettata come Washington.


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