Cogliendo l’occasione dell’incontro con la premier italiana, con la quale il tycoon sembra intendersi meglio di altri, Trump ribadisce l’intenzione già espressa in passato. Le società statunitensi non devono essere sfavorite, a cominciare dalle Big Tech che vengono ingabbiate dalle regole europee come il Digital Markets Act (Dma) e il Digital Service Act (Dsa)
“Sul commercio, il presidente Donald Trump è molto chiaro: vuole politiche e dazi equi, che offrano accesso ai mercati internazionali e le industrie americane. Quindi, senza anticipare i colloqui, il presidente ribadirà le sue aspettative verso l’Italia e l’Europa, anche su questioni fiscali. Per esempio, la tassa italiana sui servizi digitali è considerata una misura che penalizza le aziende americane”. Ancor prima di ricevere la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’America era stata nuovamente chiara. Sulla politica commerciale, la Casa Bianca non intende fare marcia indietro. Il concetto è stato ribadito durante il confronto nello Studio Ovale. Così come nella dichiarazione congiunta post incontro. “Sottolineiamo l’importanza delle tecnologie dell’informazione per favorire la libera impresa oltreoceano. Abbiamo concordato sulla necessità di un ambiente non discriminatorio in termini di tassazione dei servizi digitali per favorire gli investimenti da parte di aziende tecnologiche all’avanguardia”, si legge nella nota.
Per Washington non sembra esserci alleato che tenga, in questo caso l’Unione europea. Anzi, cogliendo l’occasione dell’incontro con la premier italiana, con la quale il tycoon sembra intendersi meglio di altri, ribadisce l’intenzione già espressa in passato. Le società statunitensi non devono essere sfavorite, a cominciare dalle Big Tech che vengono ingabbiate dalle regole europee come il Digital Markets Act (Dma) e il Digital Service Act (Dsa).
Figurarsi dunque di fronte alla possibilità che l’Ue utilizzi il “bazooka”, come lo chiamano da quelle parti. Ovvero l’introduzione di una web tax (una tassa sui ricavi), ovvero la contro risposta ai dazi imposti dal governo americano, che andrebbe ancor di più a pesare sui rapporti tra le due sponde dell’Atlantico.
L’amministrazione Trump intende andare avanti con la sua visione. Come si legge in un documento pubblicato lo scorso febbraio – dall’eloquente titolo “Defending American Companies and Innovators From Overseas Extortion and Unfair Fines and Penalties” – le tasse sulle proprie aziende non sono più tollerate. “Tutte queste misure violano la sovranità americana e i lavori americani offshore, limitano la competitività delle aziende statunitensi e aumentano i costi operativi mentre allo stesso tempo espongono le nostre informazioni sensibili a possibili regolatori rivali”. Insomma, queste regole vanno cambiate. Anche se, come sottolinea il Financial Times, la linea dura sembra spaventare l’industria tecnologica statunitense, preoccupata che le tariffe e le minacce possano rallentare la corsa all’intelligenza artificiale.
La visita di Meloni qualcosa di positivo sembra averla portata. Sebbene tra il dire e il fare ci sia un oceano di mezzo, Trump ha assicurato di trovare un accordo con l’Ue “al 100%”. E probabilmente il luogo dove negoziarlo sarà Roma, dove il presidente americano ha accettato di recarsi per un confronto con l’Europa.
Per il momento, da Bruxelles tutto tace. La linea è che le regole europee non possono finire oggetto di una trattativa con gli americani e che ogni singolo Stato membro ha la licenza di intrattenere come vuole i rapporti con gli Stati Uniti, fermo restando che è l’Unione ad avere la “competenza a negoziare”. È chiaro che prima o poi bisognerà trovare una quadra comune. Oggi è prevista una telefonata tra la premier Meloni e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per il resoconto della giornata di ieri e per studiare, forse, le mosse del futuro.