Skip to main content

La Cina vuole diventare autosufficiente nell’alluminio. E forse ha trovato un modo

Un impianto nello Shanxi sarà il primo a utilizzare una tecnologia francese rivoluzionaria per raffinare bauxite di bassa qualità, abbondante in Cina ma finora inutilizzabile. Il progetto promette di rendere Pechino più indipendente e capace di sostenere i propri ambiziosi piani industriali e militari

Nella supply chain degli apparati industriali-militari (ma anche di altre industrie di carattere civile, come quella dell’automotive o delle costruzioni), l’alluminio è un materiale dalla rilevanza fondamentale e dall’uso estensivo, soprattutto all’interno di una lega (ad esempio con rame, litio o zinco e magnesio). Proprietà vantaggiose come bassa densità, alta resistenza, ottima lavorabilità, resistenza alla corrosione e leggerezza lo rendono ideale per la produzione di svariati sistemi d’arma, dal munizionamento alle armi da fanteria, fino ai veicoli corazzati e da trasporto truppe, e ancora alle componenti di aerei militari, missili e veicoli spaziali.

Per un attore come la Repubblica Popolare, che sta lavorando intensamente per sviluppare la potenza del proprio apparato militare, avere un facile accesso a questa risorsa è un fattore cruciale. Tuttavia, fino ad ora Pechino non ha avuto un semplice accesso a questo metallo: pur essendo sia un grande produttore che un grande consumatore di alluminio la Cina non dispone in abbondanza della qualità di bauxite impiegata per raffinarlo, trovandosi costretta a importarla da Guinea e Australia, Paesi politicamente molto più vicino al competitor americano. Ma la situazione sembra essere destinata a cambiare. Secondo quanto riporta il South China Morning Post un impianto sito nello Shanxi, una provincia dell’heartland cinese, sta per essere aggiornato con una tecnologia francese che consentirà di produrre alluminio impiegando bauxite con alto contenuto di silice, una tipologia di bassa qualità presene in abbondanza nel suolo del Paese.

Il chimico francese Yves Ocello, dell’azienda green tech IB2, ha trovato un modo per trasformare la bauxite di bassa qualità in un materiale di alta qualità. Nel 2023, IB2 ha firmato un accordo di ventidue anni con l’azienda cinese Liulin Senze Coal & Aluminum relativo al trasferimento della suddetta tecnologia. Romain Girbal, amministratore delegato e cofondatore di IB2, ha dichiarato che la tecnologia consentirà a Pechino di raggiungere l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle importazioni di bauxite di alta qualità, di sfruttare le riserve nazionali di bassa qualità e di produrre alluminio in modo più ecologico. Secondo i piani, i nuovi sistemi di produzione dovrebbero divenire pienamente operativi all’inizio del 2026.

Parlando con Scmp, Girbal ha sottolineato quella che forse è la dinamica più importante per Zongnanhai: “Si tratta di un elemento che favorisce direttamente la strategia cinese di possedere i propri input, controllare la propria conformità e operare su scala senza punti di veto esterni[…]IB2 consentirà alla Cina di riequilibrare l’approvvigionamento di bauxite verso una strategia maggiormente incentrata sulla Cina, in linea con la ricerca da parte dell’Asia di una maggiore sovranità sulle materie prime in risposta a un mercato commerciale globalizzato non più sicuro”.

Pechino sa bene da molti anni che le linee di approvvigionamento rappresentano una delle vulnerabilità su cui gli attori statali devono porre maggior attenzione, soprattutto quando riguardano elementi intrinsecamente legati alla dimensione militare.

Non a caso, proprio lo scorso marzo, Pechino ha promosso la pubblicazione di un piano biennale relativo all’industria dell’alluminio, dove si afferma che entro il 2027 “la resilienza e la sicurezza della catena industriale e della catena di approvvigionamento saranno significativamente migliorate”, e che la Cina “si impegnerà ad aumentare le risorse nazionali di bauxite del 3-5% e la produzione di alluminio riciclato di oltre 15 milioni di tonnellate”.


×

Iscriviti alla newsletter