Nel conflitto in Ucraina le forze armate russe hanno iniziato ad impiegare una nuova tipologia (e particolare) tipologia di missile da crociera. Il servizio d’Intelligence della Difesa ucraina (Gur) ha rivelato i dettagli del nuovo ordigno noto come S8000 “Banderol “(Бандероль, lemma russo traducibile come “pacco postale”), diffondendo al contempo alcune fotografie che lo ritraggono. Il “Banderol” sarebbe prodotto dall’azienda Kronstadt, nota per la costruzione di sistemi unmanned, e sarebbe concepito proprio per essere lanciato da un sistema volante senza pilota di dimensioni medio-grandi come l’Orion (la controparte russa dello statunitense MQ-1 Predator), il quale viene appunto ritratto in una fotografia mentre trasporta il nuovo missile. Tuttavia, il Gur afferma che con molta probabilità nell’immediato futuro questo ordigno verrà adattato anche per l’utilizzo da parte di sistemi ad ala rotante, come ad esempio il Mi-28N “Havoc”.
Dotato di un piccolo motore a reazione e ali retrattili, il missile avrebbe una portata di 500 chilometri e una velocità di 500 km/h, e sarebbe capace di trasportare una testata da circa 113 chilogrammi, nettamente inferiore rispetto a quelle montate su altri sistemi impiegati dalle forze armate russe. Questo però fornirebbe al “Banderol” una maggiore agilità, la quale potrebbe renderlo più capace nell’evitare i sistemi di difesa aerea ucraini.
Non stupisce il fatto che all’interno del vettore missilistico sia stata riportata la presenza di componenti prodotti fuori dalla Russia, anche in Paesi che hanno limitato il commercio con Mosca dopo aver imposto contro di essa regimi sanzionatori. Sarebbero coinvolte “circa 30 aziende” che forniscono “più di 20 componenti chiave”, a cui se ne aggiungono potenzialmente altre che non sono state identificate. Tra questi componenti rientrerebbero il motore SW800Pro della compagnia cinese Swiwin (liberamente acquistabile online per circa 16.000 dollari), un sistema di navigazione inerziale “probabilmente di origine cinese”, il modulo di telemetria RFD900x di origine australiana (che però potrebbe essere una copia cinese), batterie ricaricabili della giapponese Murata, servomotori Dynamixel MX-64AR della sudcoreana Robotis e circa 20 microchip di produzione statunitense, cinese, svizzera, giapponese e sudcoreana.
La presenza di un sistema di navigazione inerziale così come di un’antenna digitale per il Gps satellitare anti-jamming (la stessa suite impiegata anche nei droni Geran, versioni russe degli Shahed-136 iraniani) suggerisce un certo grado di resistenza alle contromisure di guerra elettronica, impiegate sempre di più da parte ucraina.
Il Gur non ha divulgato informazioni dettagliate sull’impiego operativo del missile russo, né il come sia entrato in possesso delle sue specifiche. Ma la stessa presenza di una valutazione tecnica completa suggerisce che almeno un esemplare sia stato recuperato intatto o quasi, probabilmente abbattuto in territorio ucraino. Fonti non confermate riportano l’uso del missile in attacchi nel sud dell’Ucraina.
Anche gli Stati Uniti stanno valutando di sviluppare missili da crociera destinati ad essere lanciati da droni volanti, come nel caso del S8000. Nelle stesse ore in cui il Gur diffondeva i dettagli relativi al nuovo ordigno russo il tenente generale Michael Conley, a capo dell’Air Force Special Operations Command, ha appunto suggerito di sfruttare la riduzione nelle dimensioni dei missili cruise garantite dall’avanzamento tecnologico per rendere questi ultimi compatibili con l’utilizzo da parte dei modelli più vecchi di drone in forza all’aeronautica di Washington.