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All’Europa serve un debito comune. La ricetta di Panetta (Bankitalia)

Il governatore di Bankitalia al suo secondo appuntamento annuale con banchieri, manager e imprenditori a Palazzo Koch. La guerra commerciale costa al globo un punto di Pil, l’Europa abbracci una volta per tutte gli eurobond. La Bce ora ha meno spazio di manovra sui tassi. E attenti al mito delle criptovalute

I dazi sono il male, il debito comune un bene. Fabio Panetta è arrivato con le idee chiare al suo secondo appuntamento con le Considerazioni finali, uno degli appuntamenti più tradizionali per la finanza italiana. Di facce ce ne erano molte, dalle prime linee delle principali banche italiane, fino ai manager delle grandi partecipate, passando per Mario Draghi, ormai una presenza fissa a Via Nazionale in occasione dell’evento di fine maggio. Poco meno di 40 pagine, 37 per la precisione, dentro le quali il governatore di Bankitalia ha condensato tutto il suo pensiero, proiettato verso un futuro quanto mai incerto. La prima riflessione, forse non poteva essere altrimenti, è andata al difficile, difficilissimo, contesto economico globale. E qui ad essere chiamati in causa sono stati proprio loro, i dazi.

IL PREZZO DEI DAZI

“L’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio. E negli Stati Uniti l’effetto stimato è circa il doppio”, ha messo in chiaro Panetta. Ricordando che i dazi “potrebbero comportare una minore domanda di lavoro e un aumento delle pressioni inflazionistiche, in una fase già caratterizzata da aspettative di inflazione in rialzo. Stanno inoltre incidendo negativamente sulla fiducia di famiglie e imprese, con possibili ripercussioni su consumi e investimenti.” Lo stesso annuncio dei dazi “sembra essere utilizzato come leva negoziale per ridefinire i rapporti economici e politici internazionali: ma questo può comportare effetti difficili da prevedere e da gestire, anche perché le tariffe attualmente in vigore negli Stati Uniti, sebbene inferiori a quelli annunciati all’inizio di aprile, restano i più elevati del secondo dopoguerra e sono causa del sensibile aumento dei dazi medi a livello mondiale”.

UN BOND FORMATO EUROPA

L’altra gamba della relazione di Panetta, è il debito comune europeo. Essenziale, secondo il governatore, per portare a termine quell’unione fiscale ancora monca e per rendere l’Europa più solida e strutturata dinnanzi ai grandi shock mondiali. Per questo “è cruciale introdurre un titolo pubblico europeo per eliminare alla radice la frammentazione del mercato dei capitali lungo linee nazionali. Questa innovazione ha un “duplice obiettivo: finanziare la componente pubblica degli investimenti e fornire un riferimento comune, solido e credibile all’intero sistema finanziario”. Nel dettaglio, ha chiarito il numero uno di Palazzo Koch, “un mercato dei capitali integrato, con al centro un titolo comune europeo, ridurrebbe i costi di finanziamento per le imprese, attivando investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro all’anno e innalzando, a regime, il prodotto dell’1,5%. L’effetto sul Pil potrebbe risultare fino a tre volte maggiore se i nuovi investimenti fossero destinati a progetti ad alto contenuto tecnologico”.

BCE IN UN VICOLO CIECO?

Rimanendo nel campo europeo, un pensiero è andato alla Banca centrale europea. Più volte, anche prima che diventasse governatore, Panetta aveva chiesto a Francoforte di intraprendere un progressivo allentamento dei tassi. Alla fine, così è stato, ma oggi il contesto sembra essere di nuovo fluido. Troppo. “Nell’area euro i timori espressi in passato riguardo al processo di disinflazione si sono rivelati infondati, ma ora, dopo che i tassi di interesse sono stati ridotti di 1,75 punti percentuali complessivi da parte della Bce lo spazio per ulteriori riduzioni si è naturalmente assottigliato. Tuttavia, il quadro macroeconomico rimane debole e le tensioni commerciali potrebbero determinarne un deterioramento, con modalità e tempi difficili da prevedere.” Tanto basta a comprendere come “il percorso della politica monetaria nei prossimi mesi si prospetta tutt`altro che semplice: sarà essenziale mantenere un approccio pragmatico e flessibile, prestando attenzione all’evoluzione delle condizioni di liquidità e ai segnali provenienti dai mercati finanziari e creditizi”.

RISIKO BANCARIO, MA DI VALORE

Stringendo il campo sull’Italia, Panetta ha toccato due questioni, molto diverse tra loro. Primo, il costo dell’energia nel Paese è insostenibile per le imprese e bisogna trovare un modo per abbassarlo. Secondo, le aggregazioni tra le banche rimangono l’unico strumento per resistere agli urti, presenti e futuri. “I dati di bilancio e le valutazioni di mercato delle banche italiane confermano la forza del sistema che nel suo complesso ha una patrimonializzazione solida, superiore alla media europea”, ha ribadito il governatore. “Le fusioni servano a creare valore per le banche. Le operazioni di fusioni avviate negli ultimi mesi devono servire a rafforzare le banche ed è necessario che siano ben concepite e volte unicamente alla creazione di valore”. E per Panetta “creare valore significa innanzitutto offrire a imprese e famiglie finanziamenti adeguati per quantità e costi strumenti di impiego del risparmio efficaci, trasparenti e a condizioni eque”.

OCCHIO ALLE CRIPTO

Bankitalia non poteva poi dimenticare la rivoluzione valutaria, che oggi risponde al nome di criptoasset. E qui bisogna tenere gli occhi bene aperti. Il governatore ha parlato delle connessioni tra il mondo delle criptoattività e il sistema finanziario. “Aumentano sia gli accordi tra operatori in criptoattività e intermediari finanziari, sia le iniziative avviate da questi ultimi. Alcune società quotate statunitensi hanno acquistato ingenti quantità di Bitcoin, esponendo così le proprie azioni e indirettamente i risparmiatori alla volatilità di questo strumento. Da tempo operano fondi negoziati in borsa che investono in Bitcoin. Questi sviluppi hanno implicazioni sul fronte dei rischi”. E dunque, “la crescente interconnessione con il sistema finanziario rende più difficile contenerne i rischi: ci sono anche le cosiddette stablecoin, strumenti che mirano a mantenere un valore stabile rispetto a valute o attività sottostanti, ma che espongono comunque i detentori ai rischi legati alla solidità degli emittenti e alla variabilità del valore del sottostante. In assenza di norme adeguate, la loro idoneità come mezzi di pagamento è quanto meno dubbia”.

Tuttavia, “sarebbe illusorio pensare che l’evoluzione delle criptoattività possa essere governata solo con divieti o vincoli normativi. Serve una risposta all’altezza della trasformazione tecnologica in atto, capace di soddisfare la domanda di strumenti digitali di pagamento sicuri, efficienti e accessibili, preservando il ruolo della moneta di banca centrale. Il progetto dell’euro digitale nasce esattamente da questa esigenza. Parallelamente, è necessario rafforzare le competenze finanziarie dei cittadini, perché possano orientarsi nel nuovo universo digitale e valutare con consapevolezza le opportunità e i rischi dei prodotti e dei servizi disponibili. La Banca d’Italia è impegnata su entrambi questi fronti”.


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