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Un Bitcoin contro la Cina. La cripto arma americana

Dalla Conferenza di Las Vegas il vicepresidente J.D. Vance infila le criptomonete nell’arsenale per battere il Dragone sul terreno della competitività. E anche alla Casa Bianca si accelera per la creazione di un mercato ad hoc

Il mercato delle criptovalute americano è in pieno fermento. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che la seconda presidenza Trump si è posta fin da subito come obiettivo quello di creare una cornice normativa più che adeguata per tutte le monete non fisiche, a cominciare da Bitcoin. E anche il resto del mondo si sta adoperando, seppur con diverse velocità e sensibilità. Fatto sta che dalla Casa Bianca è stato ribadito, proprio in queste ore, un concetto: Bitcoin e le sue sorelle non sono soltanto i benvenuti, ma meritano un mercato a se stante, tutto per loro. L’occasione, per rimarcare la linea è arrivata con la Conferenza nazionale sulle criptomonete, in corso in questi giorni a Las Vegas.

Un evento dalla portata non banale e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, oltre al presidente Donald Trump. La linea è chiara. E c’è di mezzo anche l’immancabile corsa contro la Cina, la quale ha sposato la causa dello yuan digitale, dichiarando al contrario guerra a Bitcoin. “La diffidenza della Cina nei confronti del Bitcoin dovrebbe incoraggiare gli Stati Uniti ad abbracciare la più grande criptovaluta del mondo e a sfruttare il proprio vantaggio strategico nel settore delle risorse digitali”, ha chiarito Vance nel corso del suo intervento. “Bitcoin sarà un asset strategicamente importante per gli Stati Uniti nel prossimo decennio”, ha aggiunto il numero due della Casa Bianca. Vance ha citato in merito il decreto presidenziale di marzo con cui Trump ha creato una riserva strategica di Bitcoin con token già di proprietà del governo.

“La Repubblica Popolare Cinese non apprezza il Bitcoin. Dovremmo chiederci perché. Perché il nostro principale avversario è così contrario al Bitcoin? Se la Repubblica cinese sta prendendo le distanze dal Bitcoin, forse gli Stati Uniti dovrebbero avvicinarsi”, ha affermato Vance. E così, effettivamente, sta avvenendo. Nella sua prima settimana in carica, Trump ha ordinato la creazione di un gruppo di lavoro sulle criptovalute per proporre una regolamentazione delle risorse digitali. A marzo, invece, ha ospitato un gruppo di dirigenti del settore delle criptovalute alla Casa Bianca. Non è finita. Il Congresso sta valutando una legge per creare un quadro normativo per le stablecoin, un tipo di criptovaluta ancorata al dollaro statunitense. L’industria delle criptovalute ha esercitato pressioni sui legislatori affinché approvassero una legge che creasse nuove regole per le risorse digitali e ha speso più di 119 milioni di dollari per sostenere i candidati al Congresso favorevoli alle criptovalute nelle elezioni dello scorso anno.

E chissà se avrà anche il suo momento di gloria Dogecoin, la criptomoneta creata da Elon Musk. Propria ora che l’imprenditore miliardario, a capo di Tesla e SpaceX tra le altre cose, ha confermato che lascerà il suo incarico di capo del Doge, il Dipartimento per l’efficienza del governo degli Stati Uniti, un ruolo che era stato creato appositamente per lui da Trump per rivoluzionare l’amministrazione del Paese con tagli radicali. Che Musk avrebbe lavorato temporaneamente per l’amministrazione Trump era previsto: è a capo del Doge con la qualifica di “impiegato speciale del governo”, cosa che gli permette di far parte dell’amministrazione senza doversi sottoporre ai controlli finanziari degli impiegati governativi e senza dover disinvestire dalle proprie aziende. O meglio, era.


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