Mentre l’Unione europea spinge sull’autonomia strategica e sul principio del “buy European”, anche gli Stati Uniti si muovono per restare nella partita. Lockheed Martin, il colosso della difesa americana, starebbe accelerando le trattative per rafforzare la propria presenza industriale nel Vecchio continente. Una mossa che, soprattutto a determinate condizioni, potrebbe mettere d’accordo entrambe le sponde dell’Atlantico
L’Europa si trova oggi in una fase cruciale di ridefinizione delle sue politiche di difesa. Gli shock geopolitici degli ultimi anni — dall’aggressione russa all’Ucraina alle pressioni di Donald Trump per un maggiore impegno europeo nella Nato — hanno costretto Bruxelles e le capitali europee a ripensare il proprio approccio alla sicurezza. Questo non significa unicamente aumentare gli organici delle Forze armate europee, ma anche — e soprattutto — potenziare la base industriale continentale, le cui capacità produttive scontano decenni di sottofinanziamento e deindustrializzazione.
In questo scenario, la Commissione europea ha annunciato il Piano ReArm Europe/Readiness 2030 per rilanciare l’industria veterocontinentale e gli investimenti nel settore. Tuttavia, il tema di chi potrà accedere a tali finanziamenti rimane materia complessa, soprattutto quando si parla di partner e Alleati extra-Ue come gli Usa, il Regno Unito e la Norvegia. Se infatti i fondi stanziati dai singoli Stati (vale a dire la quota stimata di 650 miliardi degli 800 del piano ReArm) sono liberi di essere spesi anche all’estero, a Bruxelles un fronte di Stati (capeggiato da Parigi) chiede con sempre maggiore insistenza che i fondi erogati direttamente dalla Commissione (i 150 miliardi rimanenti) debbano essere indirizzati esclusivamente verso soggetti europei. È il principio del cosiddetto “buy European”.
La mossa di Lockheed
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Lockheed Martin ha intensificato i colloqui per sviluppare partnership industriali in Europa. L’obiettivo è duplice. Da una parte, rispondere all’aumento della domanda di sistemi d’arma e tecnologie militari da parte degli Stati membri dell’Ue. Dall’altra, posizionarsi in modo strategico per accedere a quei fondi comunitari destinati a soggetti “europei” — o, quanto meno, “europeizzati”.
“Ci stiamo muovendo per aumentare la nostra presenza industriale in Europa”, ha dichiarato Ray Piselli, vicepresidente di Lockheed per gli affari internazionali. Non è ancora chiaro quale veste assumerà questa presenza rinforzata del colosso americano della Difesa, tuttavia è possibile che la formula potrebbe includere joint venture, accordi di produzione condivisa oppure investimenti diretti nei Paesi membri. Questo aspetto della manovra di Lm sarà più rilevante di quanto si possa pensare in un primo momento. La direzione verso cui si muovono i finanziamenti Ue è quella di privilegiare i soggetti che producono in Europa. Di qui, situazioni come la clausola cosiddetta “Made in Europe”, che prevede che i fondi del pacchetto Safe da 150 miliardi di euro (in prestiti garantiti dalla Commissione) possano essere impiegati unicamente per acquistare sistemi prodotti almeno al 65% nell’Unione.
Una formula win-win?
Il timore a Bruxelles è che un’eccessiva dipendenza dalle forniture delle grandi aziende americane — seppur alleate storiche e, in alcuni casi, fornitori principali degli eserciti Ue — ostacoli la crescita dell’industria europea, soprattutto nell’ottica di potenziare la base produttiva continentale sul medio-lungo periodo. Tuttavia, un ingresso dei big player Usa regolato, condizionato e capace di offrire vantaggi reciproci potrebbe rappresentare un compromesso interessante tra le due sponde dell’Atlantico.
A beneficiarne sarebbero innanzitutto le aziende europee, che attraverso collaborazioni con contractor di alto profilo potrebbero non solo rafforzare il proprio know-how tecnologico ma anche, al contempo, sfruttare le partecipazioni Usa per aumentare le proprie capacità produttive sul continente. Per Lockheed Martin (e i contractor Usa in generale), invece, il vantaggio sarebbe evidente, dal momento che avrebbero l’occasione di rimanere rilevanti nel settore della difesa in Europa intercettando al contempo le nuove opportunità di finanziamento Ue.
L’evoluzione della politica di difesa europea sta ridefinendo non solo gli equilibri interni al continente, ma anche la natura del rapporto transatlantico. L’Europa vuole più autonomia, ma non per questo può (né vuole) rinunciare alla cooperazione con Washington. In questo particolare contesto, Lockheed Martin potrebbe aver trovato la quadra per restare parte attiva del processo di rafforzamento Ue. La partita rimane complessa, ma — almeno sulla carta — tutti potrebbero guadagnarne. Bruxelles avanzando sul fronte dell’autonomia strategica, le aziende europee crescendo in numeri e competenze, e quelle americane mantenendo un ruolo rilevante nella nuova architettura industriale europea. In due parole, “buy Atlantic”.