Forse innervosito dalla decisione del costruttore di ribassare i prezzi dei veicoli, sparigliando la concorrenza interna, il governo ha deciso di accendere un faro sul fenomeno delle auto usate per gonfiare le immatricolazioni e accedere ai sussidi
Byd, il giorno dopo. Anche l’invincibile armata cinese, quel costruttore che sta spingendo all’angolo le case automobilistiche europee, ha i suoi punti deboli. Riavvolgendo brevemente il nastro, fresco di sorpasso a Tesla in Europa, il colosso di Shenzhen ha annunciato poche ore fa un taglio dei listini fino al 35% su oltre 20 modelli elettrici e ibridi plug-in. Una mossa volta anche a smaltire le scorte e che senza ombra di dubbio ha rinfocolato la concorrenza al ribasso in Cina dopo alcuni mesi di tregua. Oggi Byd controlla circa il 30% delle vendite in Cina, ma vede il suo primato sempre più insidiato. Grazie al boom dell’elettrico e ai generosi sussidi statali, oggi sono attivi nel Paese oltre 100 costruttori, tutti in cerca di spazio su un mercato che con 25 milioni di vendite è sì il più grande del mondo, ma il cui ritmo di crescita sta rallentando.
Il mercato, però, non ha digerito. Anzi, la decisione di Byd è andata proprio di traverso agli investitori. Le azioni del costruttore sono crollate dell’8,6% sull’onda emotiva di preoccupazioni per una nuova guerra dei prezzi al ribasso nel mercato cinese dei veicoli elettrici. E qualche mal di pancia lo si è sentito anche a Pechino. Proprio in questi giorni, infatti, i funzionari del ministero del Commercio cinese avrebbero dovuto incontrare i vertici delle principali case automobilistiche, tra cui Byd e Dongfeng Motor, per ottenere risposte in merito a un curioso caso: la vendita di auto usate ma mai guidate. Secondo le autorità cinesi, in fatti, Byd e le sue sorelle avrebbero immesso sul mercato decine di migliaia di veicoli classificati come usati ma mai, effettivamente, guidati. Secondo molti osservatori si tratterebbe di una rappresaglia, scattata proprio all’indomani della decisione presa dal costruttore di auto elettriche.
Il sospetto è che, nei fatti, siano state falsate le immatricolazioni. Tale tattica, infatti, è vista come un potenziale metodo all’interno del settore auto cinese, attraverso il quale le case automobilistiche e i concessionari possono sostenere le vendite di auto nuove, nel tentativo di raggiungere obiettivi di vendita aggressivi. Il pressing del governo cinese su Byd, rischia in questo modo di aumentare la tensione intorno al costruttore già, come detto, alle prese con il crollo verticale in Borsa. Senza dimenticare che la decisione di tagliare i prezzi, potrebbe scatenare una guerra commerciale tra le mura di casa, dunque in Cina.
Secondo i dati di Hsbc, poco meno di otto vetture su dieci vendute in Cina, sono a marchio Byd. E questo significa che il restante 22% del mercato, va suddiviso tra i 52 marchi di auto elettriche presenti in Cina. Un vero e proprio assalto alla diligenza. Il problema c’è, e non solo dal lato dei costruttori che competono con Byd, che rischiano di fatto l’oblio. Tutto questo non può far piacere al governo cinese, che ha puntato sulla mobilità elettrica una cospicua quota dei suoi piani per la ripresa. Pechino, infatti, ha investito molto sui produttori di auto green, anche sotto forma di sussidi e bonus alle linee di produzione. Il fatto dunque che Byd stia cannibalizzando il mercato, crea un vuoto nell’industria.