Per continuare a inondare il mercato americano di merci, il Dragone prova a distorcere prezzo e descrizione dei beni alla dogana. Intanto Londra e Washington raggiungono il primo accordo commerciale
Donald Trump lo ha detto, i dazi sulle merci cinesi, almeno per il momento, rimangono. E al 145%, senza sconti. Eppure, mentre la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina prosegue, con tutti gli effetti collaterali del caso (ieri l’annuncio da parte di Geely, una delle principali case automobilistiche del Dragone, di voler procedere con il delisting di una sua controllata da Wall Steet), Pechino ha trovato il modo di aggirare, per quanto possibile, le barriere americane.
Si tratta di vere e proprie tecniche di elusione, che permetterebbero di annullare l’effetto delle tariffe del 145% decise da Trump per proteggere le aziende americane. Di che si tratta? A quanto pare un numero sempre crescente di esportatori cinesi sta offrendo agli importatori americani la modalità di spedizione nota come Delivery Duties Paid (Ddp) che permette di sottovalutare il valore della merce o di alterarne la descrizione in modo da abbassare l’impatto delle tariffe. In particolare, ha poi rivelato il Financial Times, si tratta di prodotti chimici e imballaggi che, in pratica, si offrono di coprire i costi dei dazi alterando quantità e tipologia dei beni spediti. Il quotidiano britannico cita in tal senso Ryan Petersen, ceo della piattaforma logistica Flexport, e Dan Harris, un avvocato americano che lavora con aziende che importano merci dalla Cina.
Secondo quest’ultimo la metodologia proposta in questi termini dagli esportatori cinesi “non è altro che un’elusione tariffaria” che potrebbe essere perseguita legalmente negli Usa, ma non in Cina. Aaron Rubin, distributore di attrezzature per arti marziali, ha dichiarato che i suoi fornitori in Cina si sono offerti di pagare i dazi aggiuntivi con il metodo del Ddp, precisando però che non avrebbero inviato la fattura.
Ora, tale pratica, decisamente scorretta, minaccia di minare gli sforzi per incentivare le aziende statunitensi a procurarsi prodotti dai produttori nazionali, uno degli obiettivi dichiarati delle tariffe imposte da Trump. E potrebbe anche isolare temporaneamente i consumatori americani da alcuni aumenti di prezzo ai beni di uso quotidiano. “Questo non è altro che un’elusione tariffaria”, ha rimarcato Harris. La vicenda, poi, apre una questione etica per le aziende americane che comprano dalla Cina. Chi accetta il metodo Ddp, infatti, penalizza pesantemente le società che operano in modo legale, mettendole in una posizione di svantaggio.
Nel frattempo pare sia in dirittura di arrivo l’accordo commerciale bilaterale con il Regno Unito, il primo da quando l’amministrazione americana ha varato la stretta tariffaria. Il presidente aveva anticipato sul social Truth che terrà una grande conferenza stampa su un importante accordo commerciale con i rappresentanti di un grande e rispettato Paese.
Secondo il Financial Times, l’intesa prevede tariffe agevolate per le esportazioni britanniche di acciaio e automobili, colpite nei mesi di febbraio e marzo da dazi del 25% imposti dagli Stati Uniti. L’accordo potrebbe alleviare l’impatto delle aliquote generali fissate al 10% su base mensile a partire da aprile (Liberation Day), consentendo di preservare la competitività delle esportazioni Uk verso gli Usa.