Tanto Washington quanto Bruxelles vogliono sedersi intorno a un tavolo. L’Europa è oggi il più grande mercato unico al mondo, un valore immenso di cui sono consci anche gli stessi Stati Uniti. Ed è per questo che un accordo conviene anche a loro. D’altronde, noi Europa, siamo sempre in tempo a trovare altri sbocchi commerciali. Intervista all’ex presidente di Sace, oggi al vertice dell’Istituto per il Credito sportivo
Donald Trump ha ancora una volta sparigliato le carte, minacciando l’Europa di mettere dazi al 50% sui beni esportati. Proprio mentre si cominciava a parlare di un negoziato tra i due blocchi. Eppure, dice Beniamino Quintieri, ex presidente di Sace, oggi al timone dell’Istituto per il Credito sportivo e dalla lunga esperienza all’estero, non è possibile recidere il cordone ombelicale.
“Partiamo dal presupposto che qui si naviga a vista. L’ultimo risultato certo è che aumenta l’incertezza sui mercati e nelle varie economie. Così facendo si bloccheranno gli investimenti, ci eravamo illusi che le tregue fin qui siglate fossero una buona base. Forse lo sono ancora o forse non lo sono più”, premette Quintieri. “Da oggi dobbiamo usare, ancor più di prima, il condizionale ogni volta che si parla di dazi. E pensare che se avessimo davvero portato avanti un negoziato, anche un anno fa, ci sarebbero stati vantaggi sia per le imprese americane, sia per quelle europee. Per le prime, ci sarebbero state meno tasse e meno burocrazia certamente. Ma adesso ho la sensazione che si debba ripartire daccapo”.
Ma quella americana è schizofrenia o strategia? “All’apparenza sembra la prima, ma credo che poi ci sia una strategia di fondo. Ci siamo convinti nel tempo che Trump sia una persona molto pragmatica, fino a immaginare che il famoso target del 10% (applicato, per esempio, nell’accordo raggiunto con il Regno Unito, ndr), fosse il punto di caduta su scala globale. Sembrava fosse la base migliore su cui ragionare, dalla quale partire. E in effetti era un po’ tutto ragionevole. Invece, dalle ultime mosse della presidenza americana, sembra proprio che si voglia continuare con la logica della pistola fumante sul tavolo. Come a dire, sono pronto a sparare, in ogni momento”.
Che cosa dovrebbe fare l’Europa dinanzi a una simile fluidità? Quintieri ha pochi dubbi: “L’Europa deve continuare a negoziare, esplorare una via legata al buon senso. Ma dall’altro deve mettere sul citato tavolo la sua di pistola fumante. Ovvero, a dazio si risponde con dazio. Certo, è una strategia costosa, logorante, ma è l’unica per condurre anche gli stessi Stati Uniti alla ragione. L’obiettivo è raggiungere sempre una convergenza, perché non dobbiamo mai dimenticare che anche l’America ha bisogno del Vecchio Continente. Quindi, proseguire su questo doppio binario è la strategia migliore”.
Sul possibile ruolo del governo italiano nel raggiungimento di un’intesa con Washington Quintieri commenta. “La politica commerciale la fa Bruxelles, partiamo da questo. Serve un’azione coordinata, non bisogna cadere nella trappola americana delle divisioni, il famoso motto dividi et impera. Se si cadesse in questo tranello, franerebbe anche lo stesso mercato unico europeo. Poi certo, se l’esecutivo italiano volesse dare una mano, ben venga. Ma attenzione a dividersi. Ricordiamoci sempre la posta in gioco: l’Europa è oggi il più grande mercato unico al mondo, teniamoci stretto questo giocattolo, anzi questo gioiello. Un valore immenso, da sfruttare. Di cui sono consci anche gli stessi Stati Uniti. Ed è per questo che un accordo conviene anche a loro. D’altronde, noi Europa, siamo sempre in tempo a trovare altri sbocchi commerciali”.