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Ecco cosa prevede il pacchetto da 150 miliardi per la difesa europea. Tutti i dettagli

Con l’approvazione del pacchetto Safe l’Unione europea inaugura un ambizioso strumento finanziario da 150 miliardi per rafforzare l’industria della difesa e accelerare i tempi di approvvigionamento. Il piano si inserisce nel quadro strategico di Readiness 2030 e punta a una maggiore autonomia industriale, senza rinunciare ai rapporti consolidati con i partner extra-Ue. Al centro, una clausola “buy European” bilanciata e capace di mettere tutti d’accordo

Il Consiglio europeo ha approvato oggi il pacchetto Safe (Support for ammunition and armaments production framework), aprendo ufficialmente la strada a uno dei più ambiziosi programmi di finanziamento per la difesa nella storia dell’Unione. Con un valore complessivo di 150 miliardi di euro in prestiti garantiti dalla Commissione, Safe è lo strumento con cui Bruxelles intende potenziare la produzione industriale europea, ridurre l’eterogeneità degli approvvigionamenti e dotare gli Stati membri delle capacità necessarie per far fronte alle attuali sfide geopolitiche. Il pacchetto si inserisce a sua volta nella cornice più ampia del programma Readiness 2030 (ex ReArm Europe), il piano con cui l’Unione vuole rendersi autonoma in materia di armamenti — anche in vista di un possibile ridimensionamento dell’impegno statunitense in Europa.

Come funziona Safe

Safe finanzierà programmi e acquisti divisi in due gruppi. Il primo comprende gli acquisti a breve termine, come munizioni, artiglieria, sistemi anti-drone, capacità terrestri e sistemi per la protezione delle infrastrutture critiche. In parallelo, il secondo gruppo guarda invece alle capacità strategiche di lungo periodo ed è rivolto a sistemi di difesa aerea e navale, droni avanzati, trasporto strategico, rifornimento in volo e tecnologie dual use.

Un altro elemento chiave del pacchetto è la semplificazione burocratica. Le gare saranno più snelle e i processi decisionali più rapidi. L’obiettivo è quello di ridurre drasticamente i tempi di approvvigionamento che oggi penalizzano i processi di procurement delle Forze armate europee. L’esperienza della guerra in Ucraina ha dimostrato quanto sia urgente superare la lentezza strutturale dei processi d’acquisto militare. Contrariamente, l’obiettivo della “Prontezza” operativa entro il 2030 non potrebbe essere né annunciato né realizzato.

Passata la fase di approvazione, la palla passa ora agli Stati membri, i quali dovranno presentare piani nazionali dettagliati per accedere ai prestiti. I criteri di selezione, si legge nelle raccomandazioni, premieranno i progetti capaci di rafforzare le capacità comuni e la creazione di filiere industriali transfrontaliere.

Passa la linea del buy European “morbido”

Uno degli elementi cardine del pacchetto Safe è la clausola, cosiddetta del “buy European”, che impone che i fondi potranno essere ottenuti solo rispettando una soglia minima del 65% di componenti prodotti all’interno dell’Unione. Questo vincolo mira a rafforzare l’industria della difesa europea e a evitare forme di dipendenza eccessiva da fornitori extra-Ue. Secondo quanto approvato, i progetti finanziati con i prestiti Safe dovranno rispettare tale soglia di contenuto europeo lungo l’intera catena di produzione.

Tuttavia, la chiusura ai fornitori extra-Ue non è totale. Fino al 35% della componentistica potrà essere importata, ma soltanto da Paesi con cui l’Unione condivide standard di sicurezza compatibili e accordi specifici in materia. La misura ricalca il concetto di “buy American”, mutuato dal settore della difesa statunitense, ma con condizionalità meno stringenti. Infatti, sebbene alcuni attori (Parigi sopra ogni altro) avessero tentato di far passare una linea più dura — vale a dire un buy European 100% —, alla fine, in seno al Consiglio, ha prevalso la mediazione. D’altronde, ci sono ragioni prettamente tecniche per le quali non sarebbe utile escludere alcuni importanti mercati extra-Ue da questo tipo di finanziamenti. Basti pensare alle industrie di Usa e Regno Unito, le quali giocano un ruolo importante nelle odierne supply chain europee. Escluderle ab origine avrebbe ulteriormente affaticato le catene di approvvigionamento europee che il pacchetto Safe si prefissa di sostenere. Tutto sommato, il 65% può rappresentare un buon compromesso tra la necessità di potenziare le capacità indoor europee e l’impossibilità di fare a meno di rapporti industriali consolidati all’interno delle supply chain continentali.


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