Skip to main content

Così il capitale privato può sostenere la difesa europea. Intervista a Lacerenza (Keen Venture Partners)

Mentre l’Europa cerca di fare sistema per rafforzare il settore della Difesa, l’ingresso dei capitali privati può rappresentare una leva cruciale per accelerare innovazione, la produzione e favorire l’autonomia strategica. Keen Venture Partners è tra i primi fondi europei a puntare con decisione su tecnologie dual use, sicurezza e spazio, anche grazie al sostegno del Fondo europeo per gli investimenti. Airpress ne ha parlato con Giuseppe Lacerenza, partner del fondo

Il rafforzamento della difesa europea passa anche da una maggiore mobilitazione di capitali privati. Con l’accelerazione impressa dal piano ReArm e dai primi fondi comuni europei dedicati alla base industriale della difesa, il dibattito si sposta ora su come attrarre investimenti, innovare più velocemente e garantire autonomia tecnologica al continente. Keen Venture Partners è tra i primi fondi ad aver lanciato un veicolo interamente dedicato a difesa, sicurezza e spazio, con il supporto del Fondo europeo per gli investimenti (Fei). Intervistato da Airpress, Giuseppe Lacerenza, partner di Keen, ha parlato del significato di questa prima iniziativa e delle potenzialità di un nuovo paradigma pubblico-privato nel settore della Difesa.

Con il suo intervento da 40 mln nel vostro fondo Edst, è la prima volta che il Fei (a sua volta parte del grande apparato della Banca europea per gli investimenti) realizza un investimento nel settore della Difesa. Cosa ci segnala questa mossa dal punto di vista geopolitico? 

L’investimento del Fei nel nostro fondo rappresenta un momento di svolta per l’Europa, con implicazioni significative sia sul piano geopolitico che finanziario. Da un lato, è il riconoscimento istituzionale che la sicurezza e la difesa non sono più temi da considerare esclusivamente in ambito statale o militare, ma diventano aree strategiche per la competitività e la sovranità industriale del continente. In un contesto globale in cui le minacce si moltiplicano e si fanno sempre più ibride, l’Europa ha bisogno di sviluppare capacità tecnologiche proprie, senza dipendere da attori esterni.

E sul piano finanziario?

Dal punto di vista finanziario, il messaggio al mercato è forte: la difesa è oggi un ambito in cui è legittimo – e necessario – investire, anche con capitale paziente e istituzionale. È la prima volta che un soggetto pubblico europeo come il Fei assume un ruolo così chiaro nel catalizzare risorse per un ecosistema imprenditoriale di nuova generazione che opera in ambiti strategici come cybersicurezza, IA, spazio e sistemi autonomi. È un passo avanti verso un modello europeo più consapevole e integrato di sicurezza economica. 

Di questi tempi (con il rapido affermarsi di tecnologie sempre più innovative e critiche) il modo in cui si investe nella Difesa è evidentemente cambiato. Quanto conta oggi il potenziale di innovazione nel valutare le possibilità di investimento in un’azienda del settore?

Il potenziale di innovazione è diventato il criterio principale nella valutazione di una start-up o scale-up attiva nel settore difesa o delle tecnologie dual-use. In passato, l’innovazione nella difesa era spesso lineare, legata a lunghi cicli di sviluppo e a programmi pubblici predefiniti. Oggi, invece, la velocità è un fattore cruciale: le tecnologie emergono da ambiti civili, si contaminano tra loro e arrivano molto rapidamente a impattare anche scenari militari.

E quindi?

E quindi questo richiede un cambio di mentalità, anche per chi investe. Non si guarda più solo alla solidità industriale o all’esperienza pregressa, ma alla capacità di una squadra di innovare, adattarsi, scalare velocemente. Serve un approccio quasi venture-native, capace di cogliere segnali deboli, scommettere su team agili, e supportare lo sviluppo di soluzioni che possano diventare rilevanti operativamente in tempi brevi. In questo senso, l’innovazione non è solo un vantaggio competitivo, ma una condizione necessaria per entrare e restare nel mercato della difesa contemporanea.

Questi tipi di investimenti sono particolarmente utili per valorizzare ed espandere realtà piccole ma dal grande potenziale. L’Italia – lo sappiamo – possiede un florido ecosistema di Pmi nel settore. Quanto è importante che il Paese non si lasci sfuggire le opportunità derivanti da questo nuovo paradigma pubblico-privato?

L’Italia ha una base industriale straordinaria, soprattutto nei settori dell’aerospazio, della sicurezza, della componentistica avanzata e della manifattura critica. Ma questa forza rischia di rimanere sottoutilizzata se non viene integrata in un ecosistema moderno, dove il capitale privato, le start-up e le istituzioni dialogano tra loro in modo strutturato. Il nuovo paradigma pubblico-privato in ambito difesa rappresenta un’occasione storica per accelerare questo processo.

Cosa bisognerebbe fare, dunque, nel concreto?

In passato, il sistema italiano ha prodotto eccellenze, ma spesso in ambienti protetti e poco esposti alla concorrenza globale o alla logica del time-to-market. Oggi, però, è il momento di fare un salto: favorire l’accesso delle Pmi e delle start-up innovative ai programmi di procurement, potenziare i fondi specializzati, valorizzare la ricerca dual-use e snellire i processi regolatori sono condizioni essenziali. Il rischio, altrimenti, è che tecnologie nate in Italia vengano sviluppate altrove e che il valore aggiunto – economico, tecnologico e strategico – venga disperso. Il Paese ha tutto per essere protagonista, ma servono coraggio, visione e coesione tra pubblico e privato.

Quali sono i motivi che spingono oggi un soggetto privato (dal singolo investitore al grande fondo) a voler investire nel settore Difesa?

C’è una convergenza di motivazioni che rende l’investimento nella difesa particolarmente interessante oggi. La prima è il cambiamento della domanda: la spesa in difesa e sicurezza è in forte aumento in tutta Europa, con un focus crescente su tecnologie avanzate e capacità dual-use. Questo crea un mercato in forte espansione, con opportunità concrete per chi è capace di selezionare e supportare i team giusti. La seconda motivazione è di carattere etico-strategico: sempre più investitori cercano di allineare rendimento e impatto. Investire nella difesa – quando significa supportare tecnologie che proteggono infrastrutture critiche, aiutano la dissuasione, o garantiscono la resilienza – è oggi una forma concreta di investimento a impatto, che contribuisce alla sicurezza collettiva. Infine, c’è un elemento di leadership: chi entra oggi in questo settore, con la giusta sensibilità e visione, ha l’opportunità di definire gli standard, costruire relazioni durature con attori istituzionali e diventare un riferimento in un mercato che sarà centrale per i prossimi decenni.

Una volta gli investimenti nella difesa erano prerogativa esclusiva degli Stati. Questo sarebbe ancora possibile oggi? 

Oggi sarebbe insufficiente. Le dinamiche tecnologiche si sono completamente trasformate: molte delle tecnologie più rilevanti – dal cloud alla computer vision, dai droni all’IA generativa – nascono nel privato, si sviluppano in ecosistemi globali e si muovono con una velocità incompatibile con i tempi della burocrazia statale. Lo Stato da solo non ha più né la capacità né la flessibilità per guidare l’innovazione in modo esclusivo. Allo stesso tempo, il privato da solo non può sostituire lo Stato in ambiti dove servono visione strategica, regolazione e capacità di procurement. 

Insomma, entrambi necessitano l’uno dell’altro per avere successo

Esattamente. È proprio per questo che serve una collaborazione nuova: lo Stato come abilitatore, regolatore e committente; il privato come innovatore, catalizzatore di capitale e acceleratore tecnologico. Questa contaminazione – tra start-up e grandi aziende, tra fondi specializzati e apparati pubblici – è la vera chiave per costruire superiorità tecnologica europea. Senza questa sinergia, l’Europa rischia di restare spettatrice in un mondo dove tecnologia e sicurezza si influenzano a vicenda in modo sempre più profondo.


×

Iscriviti alla newsletter