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Israele fermi i bombardamenti, ma Hamas liberi gli ostaggi. L’indirizzo di Tajani

“Inaccettabile” l’espulsione da Gaza della popolazione e Roma al fianco del Cairo nel piano arabo promosso dall’Egitto. Tajani in Aula per l’informativa urgente sul Medio Oriente ha anche sottolineato che non si possono accettare le numerose manifestazioni antisemite che stanno tornando a verificarsi in Italia. E si ragiona sulla possibilità data dall’eventuale missione di peacekeeping sotto l’egida della Lega Araba, che come anticipato anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto, godrebbe del sostegno italiano

Dolore e fermezza. Sono i due concetti che il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito sulla crisi nella Striscia di Gaza, manifestando disappunto per le strumentali accuse rivolte contro il governo, che secondo le opposizioni starebbe ignorando la crisi. Tutt’altro, come dimostra il costante impegno umanitario, messo in atto sin dal primo momento della guerra, con il programma Food for Gaza, con l’impiego di nave Vulcano e con il trasporto di 133 piccoli pazienti in strutture italiane. Il tutto legato ad una doppia consapevolezza politica: Israele secondo il vicepremier dovrebbe fermare i bombardamenti, ma Hamas deve liberare gli ostaggi.

Il pragmatismo di Roma

L’occasione è l’informativa urgente del ministro degli Esteri alla Camera sulla crisi in corso nella Striscia di Gaza, che si è aperta con un minuto di silenzio per le vittime palestinesi e israeliane. Un intervento che Tajani ha ritagliato su un concetto pragmatico: punto primo, ripristinare il rispetto del diritto umanitario, condannando al contempo Hamas per la mancata liberazione degli ostaggi, che, ha detto, “devono tornare subito nelle loro case”; punto secondo, false le accuse secondo cui il governo italiano starebbe ignorando la crisi. “Chi lo afferma offende la verità e le tante persone che hanno offerto il proprio sostegno senza facili strumentalizzazioni”, ha affermato, rivendicando l’efficacia dell’azione diplomatica che ha consentito la ripresa degli aiuti umanitari. Non di meno pesano vari progetti azionati in questi mesi dall’Italia, proprio al fine di sostenere la prospettiva della ricostruzione post-bellica. È il caso dell’Università di Architettura di Venezia coinvolta in un progetto da 5 milioni di euro finanziato dall’Unione Europea, o del supporto a Ramallah da parte di una squadra di medici italiani per affrontare l’emergenza sanitaria. Tutti segnali che raccontano di una vicinanza dell’Italia al disagio umanitario, in corso, ma con una prerogativa: secondo Tajani l’assistenza di Roma è condizionata alla garanzia che “nemmeno un euro finisce nelle mani dei terroristi”.

Gli obiettivi politici

Fin qui le azioni da mettere sul tavolo nel brevissimo periodo per provare a dare sollievo alle popolazioni in sofferenza, poi ci sono anche le considerazioni politiche da fare sulla situazione complessiva nella striscia. E Tajani non si tira indietro quando ribadisce che l’Italia tifa per una soluzione che veda due Stati, definendola “un obiettivo irrinunciabile” che “passa per un riconoscimento reciproco di Israele e Palestina”. Solo in questo modo, aggiunge, sarà possibile “garantire il rispetto della dignità e dei diritti di entrambi i popoli”. Definisce “inaccettabile” l’espulsione da Gaza della popolazione e ricorda che Roma è al fianco del Cairo nel piano arabo promosso dall’Egitto, che prevede la permanenza dei civili sul proprio territorio. Accanto a ciò Tajani sottolinea che non si possono accettare le numerose manifestazioni antisemite che stanno tornando a verificarsi in Italia, citando gli attacchi verbali rivolti alla senatrice a vita Liliana Segre. “Non si possono far ricadere sugli ebrei gli errori del governo israeliano. Mai più, nessuno dovrà avere paura soltanto perché è ebreo”.

Le prospettive e il piano della Lega araba

Fin qui il dibattito in aula, caratterizzato da una forte aggressione da parte delle opposizioni. La prospettiva geopolitica è il passo successivo, da mettere in atto con una serie di interlocuzioni a 360 gradi. Si ragiona sulla possibilità data dall’eventuale missione di peacekeeping sotto l’egida della Lega Araba, che come anticipato anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto, godrebbe del sostegno italiano. Dieci giorni fa, come è noto, i Paesi aderenti alla Lega Araba riunitisi in Bahrein, hanno proposto il dispiegamento di un contingente di caschi blu delle Nazioni Unite come forza di peacekeeping a Gaza. L’obiettivo secondo i proponenti è “la protezione internazionale e il mantenimento della pace sotto il controllo delle Nazioni Unite nei territori palestinesi occupati fino al raggiungimento della soluzione dei due Stati”.

Ma non è sufficiente un piano in sé, dal momento che sarebbero necessarie tre precondizioni, prima fra tutte l’impegno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per “intraprendere azioni chiare per attuare la soluzione dei due Stati” e di “stabilire una tempistica” per il processo politico e i negoziati; in secondo luogo sarebbe imprescindibile il cessate il fuoco “immediato e permanente, porre fine all’aggressione nella Striscia di Gaza, fornire protezione ai civili e rilasciare prigionieri e detenuti”; infine la Lega Araba chiede anche il “ritiro delle forze di occupazione israeliane da tutte le aree della Striscia di Gaza”. Lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto ieri aveva osservato che pur essendo “legittima e sacrosanta” la guerra ad Hamas, essa “ha dei limiti, delle barriere, che ha superato”.


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