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Sicurezza energetica, così dialoghiamo con gli Usa su nucleare (e non solo). Parla Corvaro

Intervista a Francesco Corvaro, inviato speciale del governo italiano per il cambiamento climatico, di ritorno da un ciclo di incontri negli Stati Uniti. Con Washington c’è tanta strada da fare insieme, sull’atomo le imprese italiane hanno eccellenze migliori di quelle a stelle e strisce. Le rinnovabili? Fondamentali ma è impossibile pensare che bastino a soddisfare la domanda di elettricità

L’energia di oggi e l’energia che verrà. Sfide vere, difficili, con ogni probabilità storiche. Tanto vale lavorarci insieme, con le migliori teste in circolazione. L’Italia attende ancora di sapere se il nucleare pulito e di ultima generazione tornerà nel novero delle sue fonti. Eppure, nelle more, il cambiamento del mix energetico è già in atto: nuovo gas dall’Africa, in sostituzione da quello comprato alla Russia, più rinnovabili, più sole e più vento. E ancora, forse, il carbone. Il salto di qualità, però, richiede visione e una buona cassetta degli attrezzi, a cominciare da regole chiare e investimenti fruttiferi. Molto, dunque, si può imparare da altre grandi economie, a cominciare da quella americana.

Francesco Corvaro, da due anni inviato speciale per il cambiamento climatico del governo italiano, e docente all’Università Politecnica delle Marche, è da poco rientrato proprio dagli Stati Uniti. Dove si è appena conclusa una serie di incontri altamente produttivi presso il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, incentrati su alcune delle aree più critiche per il futuro di energia pulita: fissione e fusione nucleare, energia geotermica e biocarburanti. “È stato fruttuoso impegnarsi con esperti e responsabili politici che condividono un forte impegno per il progresso di queste tecnologie”, ha scritto Corvaro sul suo profilo Linkedin. “C’è un grande potenziale, e un grande slancio, per lavorare insieme per accelerare l’innovazione e la diffusione in questi settori”.

Formiche.net ha voluto approfondire con lo stesso Corvaro. “Questi incontri sono avvenuti a valle della visita di Giorgia Meloni a Donald Trump e hanno l’obbiettivo di gettare le basi per possibili e proficue collaborazioni”, premette l’inviato speciale. “Il cuore di queste sinergie è proprio l’energia e dunque nucleare, intesa come da fissione e da fusione, su cui sono state create due task force, e le rinnovabili, incluso il geotermico, che è un’energia sicura. Ma parlando del nucleare, gli Stati Uniti, da parte loro, hanno intenzione di unire le forze con le supply chain italiane, che sono delle eccellenze, pur non avendo noi nemmeno un reattore. Ora, sia sul versante della fusione, sia su quello della fissione ho notato un grande interesse da parte degli americani, con la prospettiva, decisamente ragionevole, di arrivare a siglare dei memorandum”.

Ma non c’è solo il nucleare nell’alleanza energetica con gli Usa. “Altri due importanti campi d’azione, che sono stati oggetto delle interlocuzioni, sono i biocombustibili e le rinnovabili. Sia i primi, sia le seconde, debbono poter accelerare la decarbonizzazione. Anche qui devo riscontrare una grande convergenza con gli Stati Uniti, tanto che abbiamo affrontato il tema, che forse poteva sembrare negli Usa un tabù, del cambiamento climatico”. Ma chi deve imparare di più, l’Italia dagli Stati Uniti o questi ultimi dallo Stivale? “Sul nucleare non ho dubbi, loro da noi. Non dico che siamo più avanti, ma certamente abbiamo aziende più avanti delle loro. Per questo gli americani sono molto interessati alla nostra supply chain, nella quale vedono grande qualità: non siamo in un’ottica di subordinazione, ma di piena collaborazione”.

Corvaro torna poi sull’atomo e sulle prospettive per l’Italia. “Le strade sono due: se l’Italia non arriverà al nucleare, vorrà dire che dovrà rinunciare alla sua sicurezza energetica. Sono convinto che le rinnovabili debbano fare la loro parte, ma non possono garantire un fabbisogno che è in aumento. Se un domani avremo tutti l’auto elettrica, ci sarà un enorme aumento della domanda e non possiamo pensare di soddisfarla solo con le rinnovabili. Per questo penso che il nucleare possa essere una risposta in questo senso. Perché l’energia elettrica, da qualche parte, bisogna produrla. Lo storage, su cui l’Italia è molto d’avanguardia, può non bastare. Lo abbiamo visto in Germania. E quindi, nell’ambito del mix, serve altro”.


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