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IA, chip, spazio. Cosa spinge Musk&Co nel Golfo, dove c’è posto per tutti

Donald Trump è partito per la regione, che sta diversificando la sua economia abbandonando il petrolio per abbracciare l’innovazione, insieme ai rappresentanti più importanti del mondo Big Tech e della finanza. Una conferma di come il focus principale del viaggio saranno gli affari

Stavolta non era sull’Air Force One, avendo viaggiato su un altro aereo. Ma la sostanza non cambia. Insieme a Donald Trump anche Elon Musk sbarca in Arabia Saudita, prima tappa del tour nel Golfo che porterà il presidente americano negli Emirati Arabi Uniti e in Qatar. Non è l’unico business-man che Trump si è portato dietro nel suo primo viaggio all’estero da quando è tornato alla Casa Bianca, se escludiamo il Vaticano per i funerali di Papa Francesco – anche nel primo mandato, l’Arabia Saudita era stata scelta come primo luogo. Seduti attorno al tavolo dove hanno pranzato insieme al principe ereditario Mohammed bin Salman, dopo la tradizionale cerimonia di benvenuto con tanto di caffè, c’erano anche Sam Altman (ceo di OpenAI), Jensen Huang (Nvidia), Larry Fink (BlackRock), John Elkann (Stellantis), Arvind Krishna (IBM), Alex Karp (Palantir), Kelly Ortberg (Boeing), Stephen Schwarzman (Blackstone Group), Andy Hassy (ad di Amazon), Ruth Porat (responsabile investimenti di Google), Travis Kalanick (co fondatore di Uber) e tanti altri esponenti di spicco del settore tecnologico e finanziario. La loro presenza è perfettamente con la logica del viaggio di Trump, che è arrivato nella regione per fare affari. Normale dunque che abbia con sé questa schiera di personaggi, presentati uno a uno a MbS.

Musk è arrivato nelle vesti di capo di X e xAI e, in quanto tale, ha parlato dal palco del Saudi-US Investment Forum, un importante incontro per discutere di investimenti a cui parteciperà anche Trump. “Voglio ringraziare l’Arabia Saudita per aver approvato Starlink” per il trasporto aereo e marittimo, ha detto.

“Voglio ringraziare” l’Arabia Saudita “per aver approvato Starlink” per il trasporto aereo e marittimo. Lo ha detto Elon Musk al Saudi-US Investment Forum, durante il quale Musk ha raccontato di aver mostrato i robot di Tesla a Mohammed bin Salman e Donald Trump. “Uno dei robot ha anche ballato la ‘Trump dance'”, il ballo di Trump, ha riferito il miliardario prevedendo che, guardando avanti, “tutti vorranno avere il proprio robot personale” e questo consentirà di “sbloccare un immenso potenziale economico”.

Il Regno ha infatti creato un fondo statale dalla potenza di 40 miliardi di dollari per investire nell’intelligenza artificiale, oltre a una serie di progetti. Tra cui rientra Neom, la città ipertecnologica che MbS vorrebbe costruire in mezzo al deserto. A lavorarci c’è anche Groq, produttore americano di semiconduttori. Questo perché, come spiegava Sir Edward Byrne, direttore della King Abdullah University of Science and Technology (Kaust), il Regno ormai guarda all’Occidente: “Sono assolutamente impegnato a rispettare tutte le normative nazionali pertinenti, comprese quelle relative all’America” dato che le partnership con le sue aziende “sono di importanza cruciale”. Tra queste, quella siglata con Nvidia e Andreessen Horowitz, nome noto nella Silicon Valley molto vicino a Trump.

Per Musk la questione saudita è estremamente importante. Nel suo patrimonio non ci sono solamente X o xAI, ma anche Tesla, che ha aperto la sua prima concessionaria nel Regno lo scorso aprile. A conferma di come bin Salman voglia limitare il consumo di idrocarburi. A MbS ha poi mostrato i robot della sua azienda, che hanno ballato la Trump dance”. Per cui, ha precisato Musk, “tutti vorranno avere il proprio robot personale”, permettendo di “sbloccare u n immenso potenziale economico”. Trump e Bin Salman hanno inoltre siglato un partenariato economico in cui è incluso un accordo nel settore spaziale, da vedere se verranno coinvolti Musk e il suo SpaceX.

L’Arabia Saudita non è l’unica a offrire qualcosa. Gli Stati Uniti stanno ragionando se vendere centinaia di migliaia di semiconduttori prodotti in America alla G42, una società degli Emirati Arabi Uniti. La discriminante è che la società ha avuto un trascorso con la Cina, per cui bisognerà vedere se rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale. Ad ogni modo, è certo che Trump sfrutterà i chip come arma negoziale. Le monarchie del Golfo hanno soldi ed energia a volontà per costruire nuovi data center, ma gli manca l’elemento più importante, nonché quello più piccolo, per farli funzionare. Per questo si rivolgono a Washington e, di conseguenza, alle sue aziende produttrici – come potrebbe essere Nvidia, OpenAI, AMD tanto per fare qualche nome. Va letto in questo modo l’investimento da 1,4 miliardi di dollari degli emiratini annunciato lo scorso marzo durante una visita a Washington.

Un mese prima, il Qatar aveva sottoscritto un accordo di cinque anni con Scale AI, società con sede a San Francisco, per sviluppare strumenti di intelligenza artificiale con cui migliorare i servizi governativi. Nel Golfo è in corso una corsa all’IA per cui non si bada a spese. E c’è posto per tutti.


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