Durante il question time alla Camera, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha spiegato il contesto strategico che sta portando l’Italia verso l’obiettivo del 2% del Pil in spesa militare. Una scelta, ha chiarito, che si inserisce all’interno di un quadro di impegni assunti in sede Nato, in vista di una crescente assunzione di responsabilità da parte dei Paesi europei nella gestione della propria sicurezza. Il ministro è intervenuto anche sul tema dell’export militare verso Israele, ribadendo l’applicazione rigorosa della normativa italiana
L’Europa ha dovuto prendere consapevolezza che gli Stati Uniti sposteranno la propria attenzione sull’Indo-Pacifico e quindi c’è bisogno che il Vecchio continente si prenda in carico la propria difesa e sicurezza. Per far questo, gli impegni finanziari saranno fondamentali, ed è questa la ratio alla base dell’incremento delle spese nazionali per la Difesa al 2%. A chiarirlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante il question time alla Camera, nel quale ha chiarito il contesto che sta portando l’Italia verso il raggiungimento dell’obiettivo del 2%. Un parametro, ha spiegato, che non nasce dal nulla, ma da precisi impegni presi in ambito dell’Alleanza Atlantica. “Negli ultimi ottant’anni abbiamo beneficiato della sicurezza garantita dall’ombrello Nato, grazie a capacità principalmente – e in alcuni settori esclusivamente – fornite dalle Forze armate statunitensi”, ha ricordato Crosetto. “Più recentemente, ogni nazione europea ha dovuto prendere consapevolezza che gli Stati Uniti sposteranno la loro attenzione sull’Indo-Pacifico, e quindi toccherà a noi prenderci in carico la nostra difesa e la nostra sicurezza”.
In vista del vertice Nato previsto per fine giugno all’Aia, ha spiegato il ministro, sarà formalizzato un nuovo livello di contribuzione per i Paesi europei e il Canada, con un valore atteso tra il 3,5 e il 5% (riferito non al solo bilancio militare ma a un insieme più ampio di spese legate alla sicurezza). Il riferimento al 2% del Pil, insieme al 20% da destinare a investimenti, resta comunque il primo livello su cui si misura l’impegno degli Stati membri. “La Nato prenderà una decisione, non l’Italia, tantomeno il ministro della Difesa”, ha precisato Crosetto, sottolineando che le scelte sulla ripartizione degli oneri comuni saranno frutto di valutazioni dell’Alleanza, e non un’iniziativa unilaterale nazionale.
Di fronte alle critiche espresse dall’opposizione, il ministro ha anche ricordato che il bilancio della Difesa è stabilito dal Parlamento nell’ambito della legge di bilancio, e che eventuali aggiornamenti – in particolare per quanto riguarda i criteri di computo – saranno sottoposti all’attenzione delle Camere con la presentazione del Documento programmatico pluriennale per il 2025.
Nel corso della stessa seduta, Crosetto ha risposto anche a una domanda sull’export di armamenti verso Israele. Ha ribadito che il governo applica con rigore la legge 185 del 1990, che disciplina le esportazioni e importazioni di materiali di armamento. A seguito delle operazioni israeliane a Gaza e in Libano dopo il 7 ottobre 2023, l’Italia ha sospeso le autorizzazioni all’export nei confronti di Israele. “Abbiamo adottato un approccio cauto, equilibrato e particolarmente restrittivo”, ha detto il ministro, specificando che per le autorizzazioni rilasciate prima di quella data è stata condotta una valutazione caso per caso. Per quanto riguarda le importazioni, Crosetto ha ricordato che la legge non richiede una valutazione sulla provenienza del materiale, ma considera l’utilizzo finale e l’impatto sulla sicurezza nazionale. Il riferimento, in particolare, è al Gulfstream G550 Caew, una piattaforma sensoristica e di comando e controllo la cui acquisizione è stata considerata fondamentale per irrobustire le nostre difese aeree con un sistema all’avanguardia.