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Il fronte invisibile. Come Pechino intende usare la mafia contro Taiwan

Pechino studia le gang taiwanesi per trasformarle in strumenti strategici in caso d’invasione dell’isola. Un dossier segreto rivela dati operativi, strutture e fedeltà politiche delle bande criminali

Negli specchi d’acqua che circondano l’isola di Taiwan, le frequenti (e spesso massicce) esercitazioni aeronavali della People’s Liberation Army sono la rappresentazione plastica dell’intenzione di Pechino di acquisirne il controllo, anche attraverso l’impiego della forza militare. I vertici militari cinesi sfruttano queste manovre per riadattare e perfezionare i loro piani di guerra, mentre i militari impiegati in queste esercitazioni acquisiscono una preziosa esperienza diretta nel teatro stesso dove, in caso di conflitto, andrebbero a svolgersi i combattimenti.

Tuttavia, sebbene siano il fenomeno con maggiore visibilità mediatica, la manovre aeronavali non sono certo l’unica strada battuta da Pechino per facilitare l’eventuale operazione anfibia finalizzata all’occupazione militare dell’isola. Tra gli altri foci della Repubblica Popolare vi è anche lo sviluppo di una quinta colonna in grado di colpire dall’interno, facilitando le operazioni di sbarco delle proprie forze armate convenzionali. Andando ad attingere i propri collaboratori non solo dal bacino della società civile, ma anche da quello dei militari, come riportato dall’Economist pochi mesi fa. O addirittura, sviluppando legami con entità che si posizionano al di fuori dei confini dello Stato e dell’ordine costituito.

Una serie di recenti reportage investigativi prodotti dal Mirror News Network si concentrano sugli sforzi di Pechino di stringere contatti con il mondo della criminalità organizzata taiwanese. In particolare, viene rivelata l’esistenza di un vero e proprio dossier di oltre 30,000 caratteri, prodotto dalle gang taiwanesi più amichevoli verso Pechino e finanziato direttamente dalla Repubblica Popolare, che fornisce una visione dettagliata dei principali clan mafiosi dell’isola, dal numero di armi disponibili alla velocità di mobilitazione alle principali fonti di reddito, includendo anche i contatti telefonici dei capi, valutazioni politiche come “oscillanti, ma corruttibili” o “forti, ma gestibili con denaro”, e una classificazione in lettere del grado di simpatia che ciascuna di queste bande prova verso Pechino. Una mappa formata da cerchi concentrici darebbe una rappresentazione grafica della portata e dell’influenza delle singole mande criminali.

Facile intuire la ratio dietro a questo lavoro di ricerca: l’obiettivo di Pechino sarebbe infatti quello di usare le gang come quinte colonne in caso d’invasione, per “paralizzare le istituzioni locali sin dal primo attacco”. Secondo l’analisi dei servizi di intelligence taiwanesi (che sono entrati in possesso del documento negli anni scorsi), questa raccolta di informazioni confermerebbe che Pechino intende agire strangolando le fonti di reddito delle gang per poi ricorrere a una combinazione di incentivi e pressioni per spingerle a seguire le sue volontà. “Una volta che la Cina ha compreso la struttura finanziaria delle gang, può usarla come leva. Controllando il flusso di denaro all’estero, le filiere e le dipendenze logistiche, può minacciare di tagliare i fondi o colpire la rete di protezione, obbligando i capi gang a sottomettersi e trasformare l’intera organizzazione in una risorsa strategica” ha commentato per il Mirror News Network un agente dell’intelligence di Taipei.

Sebbene contenga anche elementi fantasiosi come ex boss oggi in pensione indicati come capaci di mobilitare centocinquanta uomini, è giudicato pericoloso per la sua accuratezza nella localizzazione di strutture di polizia. “I cerchi concentrici che rappresentano l’influenza delle gang includono anche commissariati e distretti di polizia, segno che la Cina mira a valutare la possibilità di colpire i centri di sicurezza e controllare il territorio,” avverte un altro agente della sicurezza. Colpisce anche l’uso di terminologia ideologica nel testo, con frasi come “rinascita nazionale” e “grande unità del popolo cinese”, che ricalcano la propaganda ufficiale del Partito Comunista. Per un’analista dell’intelligence: “Queste gang cercano di guadagnarsi i favori di Pechino, ma non si rendono conto che sono solo pedine sacrificabili”.


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