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Il modello SpaceX ormai ha raggiunto il plateau? L’opinione di Roberto Vittori

Il nono volo di prova del sistema Starship ha messo in luce criticità che rallentano l’ambizione di SpaceX verso Luna e Marte. L’instabilità in fase di rientro e il fallimento di più sistemi chiave indicano un possibile cambio di fase nel programma. Mentre l’approccio del “fail fast, fix faster” mostra i suoi limiti operativi, gli avanzamenti in ambito spaziali potrebbero tornare a essere guidati da soggetti istituzionali, sempre che ne siano capaci. Il commento dell’astronauta Roberto Vittori

Il nono volo di prova del sistema Starship di SpaceX, avvenuto il 27 maggio 2025, ha rappresentato un altro tassello nel complesso cammino di sviluppo del veicolo spaziale destinato, nelle ambizioni di Elon Musk, a missioni lunari e marziane. Tuttavia, l’esito del test ha evidenziato criticità significative che potrebbero confermare ciò che appare ormai sempre più probabile: l’inizio di un rallentamento strutturale dell’intero programma.

Il lancio è avvenuto dallo Starbase di SpaceX in Texas alle 18:36, ora locale. Il primo stadio, il Super Heavy Booster 14-2, ha operato regolarmente nella fase iniziale, ma è esploso durante la fase finale della manovra di rientro nel Golfo del Messico, poco prima dell’ammaraggio controllato. Il secondo stadio, la Starship Ship 35, ha raggiunto correttamente la traiettoria suborbitale prevista, ma ha subito un malfunzionamento del portellone del vano di carico, che ha impedito il rilascio dei carichi simulati.

La parte più interessante e preoccupante è tuttavia quella finale: durante il rientro nell’atmosfera, Ship 35 ha perso il controllo, entrando in una condizione di rotazione su più assi a circa 175 km di quota. Secondo le dichiarazioni ufficiali di SpaceX, la causa sarebbe da attribuire a una perdita nei serbatoi del propellente, che a sua volta ha compromesso i sistemi di controllo d’assetto. Indipendentemente dalla causa, la cosa interessante è il fatto che la Starship non ha più potuto stabilizzarsi, disintegrandosi poco dopo. Questo comportamento suggerisce che il veicolo sia molto più simile, in termini di aerotermodinamica, allo Space Shuttle: un sistema che non poteva permettersi libertà di rotazione durante il rientro e che quindi necessitava di un controllo attivo continuo per rientrare integro. La Soyuz invece è libera di ruotare per poi stabilizzarsi nell’interazione con l’atmosfera.

Se questa ipotesi si confermasse, significherebbe che il percorso tecnologico di Starship è ancora molto lontano dal maturare. La filosofia “fail fast, fix faster” adottata da SpaceX ha funzionato bene in fase di prototipazione e lanci a bassa orbita, ma è destinate ad non avere più facile implementazione pratica man mano che ci si avvicina a profili di missione interplanetaria. Il cosiddetto effetto distanza rende ogni tentativo ed errore estremamente costoso e logisticamente difficile: ciò che può essere ripetuto in tempi brevi sulla Terra diventa impraticabile non solo quando si parla di Luna o Marte, ma anche quando ci si trova appena fuori dall’atmosfera, come nel caso in specie.

Questo test rappresenta il terzo fallimento consecutivo nel 2025, dopo quelli di gennaio e marzo. Le difficoltà riscontrate nella gestione del rientro atmosferico, nella tenuta strutturale e nella precisione dei sistemi di controllo mostrano chiaramente che il ritmo di avanzamento è inferiore a quanto previsto. Non basta più testare, serve consolidare, e consolidare richiede tempo, risorse e, forse, un cambio di approccio.

SpaceX ha indubbiamente rivoluzionato l’accesso allo spazio. Dalla sua fondazione nel 2003 ha demolito dogmi, aperto nuovi mercati, e portato un entusiasmo inedito nella corsa allo spazio. Ma è legittimo chiedersi se abbia ormai raggiunto il massimo della sua capacità innovativa. L’idea che un innovatore possa continuare a innovare all’infinito è forse, di per sé, una contraddizione. È possibile che il futuro dell’esplorazione spaziale veda altri attori – pubblici o privati – prendere il testimone e costruire sulle solide, ma limitate, fondamenta poste da SpaceX.

In questo scenario, potrebbe riaffermarsi un modello più tradizionale, incentrato sul ruolo guida delle agenzie spaziali. Ma per cogliere davvero questa opportunità, è necessario immaginare alternative credibili agli attuali assetti di Esa e Asi, oggi gravati da burocrazie eccessive e ridondanti, e una persistente mancanza di visione strategica. Lo spazio non è soltanto un laboratorio tecnologico: per la rilevanza geopolitica, economica e culturale che porta con sé, rappresenta anche — e forse soprattutto — un banco di prova per la tenuta, la trasparenza e la lungimiranza delle istituzioni.

 


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