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Il ritorno della Russia alle Svalbard riapre i giochi artici. L’analisi dell’ammiraglio Caffio

La Russia torna a rivendicare la smilitarizzazione delle Svalbard, riaccendendo un contenzioso storico con la Norvegia. Le tensioni nell’Artico si legano a un quadro più ampio, tra strategie Nato, interessi economici e ambizioni geopolitiche che toccano anche gli Stati Uniti e la Cina. L’Italia, presente con una missione scientifica e attività offshore, è coinvolta in un’area sempre più strategica per rotte e risorse del futuro. Lo stato della situazione letto dall’ammiraglio Fabio Caffio

La Russia si riaffaccia nelle isole norvegesi delle Svalbard, reclamandone la smilitarizzazione. La mossa va posta in relazione con le pretese statunitensi sulla Groenlandia. La scena artica è in continuo movimento per il controllo di rotte di navigazione e fondali della Piattaforma continentale (Pc). Sicchè la questione delle Svalbard è solo un tassello di un puzzle più ampio. Per Mosca si tratta di una nuova fase di un contenzioso che, a fasi alterne, la oppone alla Norvegia.

Ai primi del Novecento cominciò a discutersi dello status di quelle che allora – prendendo nome dalla maggiore dell’Arcipelago delle Svalbard – erano le Isole Spitsbergen. Le loro acque erano frequentate da pescatori di varia nazionalità in quanto il territorio, non appartenendo ad alcun Paese, era considerato res nullius.

Per rimediare a questa situazione, il Trattato di Parigi del 1920 ha riconosciuto i diritti della Norvegia in forma di “piena ed assoluta sovranità”. Ma l’accordo tiene anche conto delle presenze straniere prevedendo che navi e cittadini delle Parti firmatarie godano di diritti di caccia e pesca nell’Arcipelago e nelle sue acque territoriali. A firmarlo sono stati Francia, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Svezia e Stati Uniti; molti altri Paesi hanno aderito in seguito. La Russia lo ha fatto nel 1935, non senza aver prima reclamato diritti nel mare di Barents, in prossimità delle stesse Svalbard, in un’area marittima che dalle isole della Nuova Zemlja giunge sino al Polo.

I reciproci interessi di Russia e Norvegia, dopo anni di contenziosi di pesca, sono stati composti nel 2010 da un trattato di delimitazione che stabilisce un confine di equidistanza di Pc e Zee, con al centro una zona di giurisdizione congiunta aperta all’attività di pescatori di reciproca nazionalità.

Nonostante questa intesa, è rimasta irrisolta la pretesa della Norvegia di aver diritti sovrani al di là delle acque territoriali dell’Arcipelago. Basandosi sulla formulazione letterale del Trattato del 1920, la Russia sostiene di aver libertà di accesso alle acque che la Norvegia considera proprie Pc e Zee. Anche la Spagna nel 2007 ha dichiarato di aver diritto a sfruttarne le risorse minerarie.

Agli storici interessi economici russi testimoniati dall’attuale presenza di proprie comunità nell’Arcipelago, si aggiunge ora il problema del suo uso militare. Il Trattato prevede che la Norvegia non dovrà stabilirvi né alcuna base navale né alcuna fortificazione. Le Svalbard non sono tuttavia considerato demilitarizzate. Oslo vi ha più volte svolto esercitazioni. La Russia teme che la Nato possa rafforzare la presenza nell’area: di qui il tentativo di ottenere garanzie dagli Stati Uniti riconoscendone implicitamente, in cambio, le ambizioni artiche.

Da notare infine che in nostro Paese, in forza dell’adesione al Trattato del 1920, svolge nell’Arcipelago una missione scientifica guidata dal Cnr nella Base “Dirigibile Italia” a Ny Alesund. L’Italia – membro osservatore dell’Arctic Council in cui siedono tutti gli Stati che si affacciano sul Polo – ha una propria strategia nazionale artica e dal 2017 conduce ricerche oceanografiche nell’High North con navi della Marina militare. La Norvegia ha inoltre concesso attività offshore all’Eni nel mar di Barents.


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