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Leone XIV e la speranza della verità. Il pensiero di Ippolito

Un papa nato a Chicago ma dall’esperienza globale può dare voce perfettamente alla speranza vera dell’umanità che da Roma e dall’Atlantico si offra efficacemente come proposta spirituale, culturale e politica per tutte le persone e le civiltà del pianeta. Il commento di Ippolito

Dopo un Conclave breve e con una scelta risoluta dei cardinali, la Chiesa cattolica da giovedì scorso ha un nuovo pontefice.

Come è avvenuto già nel 2013 tutte le previsioni della vigilia sono crollate davanti ad una decisione imprevista e precisa dei cardinali elettori.

D’altronde, insieme alle fallite profezie mediatiche, si sono dissolte come inconsistenti anche le secolari divisioni tra progressisti e conservatori ed è così salito sul trono di Pietro con il nome di Leone XIV lo statunitense Robert Prevost, una personalità di sintesi semplicemente perché altra rispetto ad ogni fantasioso schema ideologico.

Non è ancora possibile concretamente comprendere quale linea assumerà il suo magistero, anche perché, al contrario di quanto avviene in politica, diventare papa stravolge completamente l’angolo visuale della persona, traghettando così la particolare prospettiva individuale di fede di un sacerdote nell’universale governo della Chiesa universale.
Alcune brevi osservazioni possono però essere realisticamente fatte in proposito.
La prima riguarda la scelta del nome. Il rimando a Leone XIII, il papa che a cavallo tra otto e novecento ha coniato la dottrina sociale, è significativa e precisa.
Papa Pecci fu colui che non soltanto orientò la Chiesa verso le cose nuove della società e dell’economia, firmando nel 1891 l’enciclica Rerum novarum, ma ebbe anche il ruolo di orientare verso quel presente la dottrina cristiana, senza rotture con il lunghissimo pontificato di Pio IX. Inoltre Leone XIII con l’enciclica Aeterni patris del 1879 rilanciò la cultura cattolica, proponendo l’elaborazione di una filosofia cristiana ispirata al modello della Scolastica medievale, adattata tuttavia alle sfide della modernità.

Dobbiamo quindi attenderci da papa Leone XIV un pontificato culturalmente impegnato nei riguardi dei problemi di oggi, in specie l’intelligenza artificiale, i dilemmi del sociale, la tragedia della guerra, eccetera, ma anche fermo e deciso sui principi.

Il nome Leone inoltre richiama anche Leone I Magno che nel V secolo dalla Toscana portò a Roma uno zelo per l’ortodossia dottrinale imponente dal punto di vista apostolico, in un’epoca altrettanto grave di sfaldamento della società.
Da non dimenticare è poi la figura di Leone X, il pontefice figlio di Lorenzo de’ Medici che nel XVI secolo sostenne una ripresa della battaglia culturale e politica in favore della verità cristiana, lottando contro le eresie nascenti, in primis il luteranesimo, e investendo mente e volontà nel compito di evangelizzare il mondo con la bolla Apostolici regiminis del 1513, sicuramente il momento più alto del Concilio Lateranense V.

Da questi indizi possiamo comprendere facilmente che papa Prevost si indirizzerà, in continuità con i suoi predecessori, testimoniando e diffondendo nell’attualità sociale e culturale del nostro presente la vera salvezza cristiana.

D’altronde, Leone XIV appartiene all’ordine degli Agostiniani, una comunità religiosa nata a metà del XIII secolo per raccogliere le diverse realtà religiose che vivevano la regola di sant’Agostino di fronte alla forza degli altri grandi ordini mendicanti, il padre della Chiesa vissuto a cavallo tra IV e V secolo che fascinosamente ha esemplificato per due millenni il senso di tutta la vita cristiana mediterranea e di tutta la patristica latina.

Il santo di Ippona, lo si ricorderà, è stato il missionario della verità cristiana, a cui è giunto dopo peregrine vicende esistenziali passate attraverso peccato e conversione, divenendo così il paradigma stesso dell’intellettuale europeo che trova nella vera religione la risposta ultima e fondamentale ai propri dubbi, errori, cattiverie, incertezze personali.
Dunque, richiamando questi riferimenti derivati dalla biografia e dal nome scelto da Prevost, si può intuire qualcosa della linea di governo del pontificato che si apre, certamente discontinuo rispetto a Francesco ma senza inutili strappi, finalizzato a rilanciare il cattolicesimo come missione religiosa, spirituale, intellettuale nel XXI secolo.

Come si è capito nei primi interventi, iniziando dalle parole espresse subito dopo l’elezione e dal discorso riservato ai cardinali, Leone XIV concepisce la fede cristiana come un modello spirituale, religioso e dottrinale da perseguirsi nella verità per promuovere la fede, la speranza e la carità ad un mondo che vive di falsi miti, di odi e divisioni laceranti.
Ripartire da Cristo, come propose nel 1903 Pio X appena succeduto a Leone XIII, lasciarsi guidare dalla forza evangelizzatrice, come teorizzò sant’Agostino, far valere la verità come cultura e missione divina che illumina e trasforma le persone, è un programma entusiasmante che risponde a ciò che il mondo di oggi desidera e reclama ma non trova da sé, cominciando dall’Occidente e dalla vecchia Europa in decadenza.

Per questo, un papa nato a Chicago ma dall’esperienza globale può dare voce perfettamente alla speranza vera dell’umanità che da Roma e dall’Atlantico si offra efficacemente come proposta spirituale, culturale e politica per tutte le persone e le civiltà del pianeta.


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