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L’ombra della Cina sull’energia verde tedesca è un monito all’Europa

L’azienda cinese selezionata come fornitrice di turbine per un parco eolico al largo delle coste tedesche è diretta da un ex soldato della Pla e fervente sostenitore del Partito Comunista Cinese. Una scelta che desta sospetti e polemiche. A pochi mesi dall’allarme di un think thank tedesco

C’è la longa manus della People’s Liberation Army dietro al parco eolico in costruzione nel Mare del Nord? Un’azienda cinese guidata da un veterano dell’esercito popolare cinese, fedele al Partito Comunista, è stata scelta come fornitore delle turbine per il progetto Waterkant in fase di sviluppo nel Mare del Nord destinato a servire la Germania, secondo quanto rivela un’inchiesta di Newsweek, che mette in luce i potenziali rischi per la sicurezza derivanti dalla crescente dipendenza europea dalla tecnologia cinese nel settore delle energie rinnovabili. Il parco in questione dovrebbe entrare in funzione nel 2028, con una capacità di quasi 300 megawatt, sufficiente a rifornire circa 400.000 abitazioni, e sarà locato nei pressi delle acque territoriali di tre Paesi Nato (Germania, Paesi Bassi e Danimarca).

La fornitura delle turbine è stata affidata dalla società tedesca Luxcara al gruppo Ming Yang Smart Energy, il cui fondatore e presidente è Zhang Chuanwei, ex-soldato dell’Esercito Popolare di Liberazione arruolatosi a soli 16 anni e membro del Partito Comunista Cinese dal 1978. Secondo un profilo pubblicato dal Dipartimento per gli Affari dei Veterani della provincia di Guangdong, Zhang ha fatto della “fedeltà eterna” al Partito la propria missione, guidando lo sviluppo industriale con l’obiettivo dichiarato di “servire la patria”. Il Comitato di Partito interno al gruppo Ming Yang, si legge nel ritratto, affida “compiti importanti” a centinaia di ex militari impiegati nell’azienda. Nel 2022, più del 50% delle squadre operative chiave era costituito da veterani, molti dei quali ricoprivano ruoli di comando o erano alla guida di “squadre d’assalto”, un termine di cui non si conosce l’esatto significato.

Poche settimane fa un rapporto riservato del think tank della Difesa tedesca Institut für Verteidigung und Strategie (Istituto per la Difesa e la Strategia) aveva lanciato un allarme chiaro sull’affidare le forniture a imprese cinesi, per via dei rischi tecnologici, politici e legati alla supply chain. Nel rapporto si sottolinea come la Cina stia usando le proprie aziende strumenti di influenza strategica nel contesto di una più ampia sfida all’ordine internazionale.

Sottolineando come “non si possa escludere che, in caso di crisi o conflitto, infrastrutture critiche esposte a influenze esterne possano diventare inaccessibili o non pienamente operative”. Una lezione che l’Europa, sempre più divisa tra transizione verde e sicurezza strategica, farebbe bene a considerare attentamente.

Non stupisce che la decisione abbia sollevato critiche sia in ambito militare che industriale. Secondo alcuni osservatori, l’ubicazione del parco eolico vicino a zone di esercitazioni militari della Bundeswehr rappresenta un ulteriore motivo di preoccupazione. Inoltre, vi è il rischio che l’afflusso di tecnologia sussidiata dallo Stato cinese danneggi l’industria europea, come avvenne anni fa con il settore dei pannelli solari.

Arnold C. Dupuy, docente alla George Mason University e presidente del programma Nato su resilienza energetica e interoperabilità, ha espresso un parere netto: “Questo progetto non dovrebbe andare avanti. I rischi sono molteplici: sicurezza, catena di approvvigionamento, tutela dell’industria interna. Non è una scelta prudente”. Secondo Dupuy, infatti, i sistemi di controllo industriali che gestiscono infrastrutture energetiche potrebbero diventare veicolo di attacchi informatici, portando come esempio l’operazione Volt Typhoon, con cui la Cina avrebbe infiltrato sistemi civili critici negli Stati Uniti.

Luxcara, dal canto suo, afferma di aver valutato attentamente tutti i rischi e di aver adottato un approccio di “de-risking proattivo”, avvalendosi anche di esperti esterni. “Nessun elemento è emerso che impedisse la firma del contratto con Ming Yang”, ha dichiarato la portavoce Lisa Zillessen, sottolineando che “gli obiettivi di sicurezza energetica non possono essere raggiunti senza componenti cinesi”.

La vicenda rimarca ancora una volta gli alti rischi di commistione con il mondo cinese, soprattutto nel settore delle nuove tecnologie e delle infrastrutture critiche. Ricordando non solo a Berlino, ma anche a Bruxelles, che nel mondo di oggi economia e strategia non sempre si sovrappongono.


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