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Reset e nuova collaborazione. Le relazioni tra Londra e Bruxelles nel post-Brexit

In un contesto globale complesso è naturale che due realtà che per decenni sono state così interconnesse da un punto di vista economico, commerciale e finanziario, ma anche in termini di partnership sulle politiche di difesa, di intelligence, di sviluppo tecnologico, cerchino oggi di recuperare spazi di collaborazione. Una maggiore vicinanza tra le due sponde della Manica può inoltre essere utile al dialogo tra le due sponde dell’Atlantico. Il commento di Mario Angiolillo

Gli accordi tra Ue e Regno Unito in settori quali la pesca, il commercio di alimenti, e la cooperazione su difesa e sicurezza e in tema di energia, annunciati nella conferenza stampa tra Ursula von der Leyen e Keir Starmer, rappresentano un cambio di passo nei rapporti tra le due sponde della Manica nel Post-Brexit.

Non è stato ovviamente sconfessato l’impianto determinatosi con l’uscita del Regno Unito dalla Ue, Londra non rientra nell’Unione Europea né nell’Unione Doganale, ma è stata avviata una nuova fase di collaborazione che poggia le sue ragioni su nuovi accordi su singole materie che in futuro potranno andare anche oltre quanto annunciato in queste ore.

Si tratta dell’homecoming che chi scrive aveva paventato su queste colonne in un’analisi dello scorso marzo?

Dipende. La risposta è no, almeno per ora, se per homecoming si intende il ritorno di Londra all’interno dell’Unione. La risposta diventa affermativa se si intende il reset nelle relazioni tra Londra e Bruxelles, obiettivo dichiarato di Starmer all’inizio del suo mandato, per archiviare le tensioni che avevano contraddistinto le relazioni tra le parti in occasione della stesura dell’accordo sul Post-Brexit e per avviare una nuova fase di collaborazione.

Non avrebbe senso in questo momento andare a cercare vincitori e vinti di questa trattativa, poiché si tratta di concessioni reciproche, ma è importante chiedersi il perché di questa nuova fase.

Una delle risposte può essere cercata nel fatto che il mondo è molto cambiato in pochi anni, sia dal referendum del 2016 che dalla definizione dell’accordo per il Post-Brexit siglato nel 2020.

Prima con la pandemia da Covid-19, anche per effetto delle forti ricadute sull’economia, che ha generato un cambio di paradigma in Ue con il Next Generation EU, mentre il Regno Unito ha dovuto fare fronte all’emergenza potendo contare soltanto sul proprio Bilancio.

E adesso con le forti tensioni geopolitiche, e con i conflitti drammaticamente anche armati, cui si sommano forti tensioni geoeconomiche, non per ultime quelle determinate dalla politica di dazi avviata dall’amministrazione Trump.

Senza dimenticare i processi già in atto di riorganizzazione delle politiche commerciali/industriali globali, caratterizzate da una crescente frammentazione e da numerose attività di reshoring e nearshoring, o dal dibattito sulla possibilità di sostituire, o di affiancare, il dollaro come valuta di riserva globale.

In un contesto così complesso e conflittuale è naturale che due realtà che per decenni sono state così interconnesse da un punto di vista economico, commerciale e finanziario, ma anche in termini di partnership sulle politiche di difesa, di intelligence, di sviluppo tecnologico, cerchino oggi di recuperare spazi di collaborazione.

Una maggiore vicinanza tra le due sponde della Manica può inoltre essere utile al dialogo tra le due sponde dell’Atlantico. Il meccanismo degli accordi tra Londra e Bruxelles su singoli temi, ma in una cornice generale, in questa fase potrebbe rivelarsi particolarmente efficace.

 

 


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