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La manifestazione per Gaza è un passo falso per l’opposizione e per l’Italia. Scrive Arditti

L’opposizione, anziché cavalcare una causa che divide, dovrebbe lavorare per una proposta unitaria che tenga conto della complessità del conflitto, senza cedere a semplificazioni che servono solo a scaldare gli animi delle rispettive basi elettorali. La manifestazione del 7 giugno, invece, rischia di essere solo un’occasione persa: per l’opposizione, per Schlein e, soprattutto, per l’Italia

La manifestazione per Gaza del 7 giugno a Roma, convocata da Pd, M5S e Alleanza Verdi-Sinistra, si preannuncia come un evento che, lungi dall’unire, rischia di dividere ulteriormente l’opposizione italiana e di indebolire la posizione del nostro Paese in un contesto internazionale che richiede equilibrio e chiarezza.

La scelta di scendere in piazza, con una piattaforma che condanna il governo Netanyahu ma omette una critica netta ad Hamas, non solo frammenta il fronte politico italiano, ma proietta un’immagine di parzialità che poco giova alla credibilità dell’Italia.

Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno annunciato con enfasi la mobilitazione, puntando a una “piazza oceanica” a San Giovanni, sulla base di una mozione parlamentare che chiede il riconoscimento dello Stato di Palestina e il cessate il fuoco a Gaza. Il messaggio è chiaro: fermare i “crimini” di Netanyahu. Tuttavia, la piattaforma, pur articolata in undici punti, non include una condanna esplicita di Hamas, né un richiamo alla liberazione degli ostaggi o al disarmo del gruppo terroristico, come richiesto da “Sinistra per Israele” e dai centristi di Azione e Italia Viva. Questa omissione è un nodo cruciale, che ha spinto Carlo Calenda e Matteo Renzi, di nuovo uniti dopo tensioni passate, a organizzare un evento alternativo a Milano il 6 giugno, incentrato sulla condanna di Netanyahu ma anche sul contrasto all’antisemitismo e alla distruzione dello Stato di Israele.

La divisione è plastica e rivela la fragilità di un’opposizione incapace di trovare un terreno comune su un tema tanto delicato. Per Schlein, la manifestazione non aggiunge nulla alla sua già nota posizione, marcatamente critica verso Israele e vicina alle istanze pro-Palestina. La segretaria dem, che ha fatto della radicalità una cifra del suo Pd, non ha bisogno di una piazza per ribadire il suo punto di vista: la sua leadership è già polarizzante, e il rischio è che l’evento del 7 giugno la esponga ulteriormente alle accuse di sbilanciamento. La mozione unitaria, infatti, è stata accolta con freddezza da chi, come Calenda e Renzi, vede nella mancata condanna di Hamas un errore strategico e morale.

Ma il vero problema non è solo interno all’opposizione. La manifestazione, così come è concepita, non serve all’Italia. In una fase geopolitica in cui il Medio Oriente è un mosaico di tensioni, con l’Iran che sostiene Hamas e Hezbollah, l’Italia deve mantenere una postura equilibrata. Hamas non è il popolo palestinese, ma un’organizzazione che considera l’Occidente un obiettivo, come dimostrato dall’attacco del 7 ottobre 2023, che ha causato 1139 morti israeliani e innescato una spirale di violenza. Ignorare questa realtà, o sottacerla, rischia di caratterizzare l’Italia come un attore parziale, indebolendo la sua credibilità diplomatica. La posizione italiana, come ribadito dal ministro Tajani, deve puntare a una “fermezza umanitaria”: cessate il fuoco, liberazione degli ostaggi e disarmo di Hamas come precondizioni per un percorso di pace.

La piazza del 7 giugno, invece, sembra inseguire un’agenda ideologica che non aiuta né la causa palestinese né la stabilità regionale. Il popolo di Gaza merita aiuti e protezione, ma senza una leadership palestinese libera dall’influenza di Hamas e dall’ombra dell’Iran, ogni sforzo rischia di essere vano. L’opposizione, anziché cavalcare una causa che divide, dovrebbe lavorare per una proposta unitaria che tenga conto della complessità del conflitto, senza cedere a semplificazioni che servono solo a scaldare gli animi delle rispettive basi elettorali.

Calenda e Renzi, con il loro evento a Milano, provano a colmare questo vuoto, ma la loro iniziativa parallela non fa che sancire la spaccatura.

L’Italia, in questo momento, ha bisogno di una politica estera che parli con voce credibile, capace di sostenere il diritto di Israele a esistere e quello dei palestinesi a uno Stato, senza ambiguità su chi, come Hamas, usa il terrore come arma.

La manifestazione del 7 giugno, invece, rischia di essere solo un’occasione persa: per l’opposizione, per Schlein e, soprattutto, per l’Italia.


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