L’incontro fra Macron e Meloni deve servire a mettere in pratica davvero il contenuto del Trattato del Quirinale. Serve un allargamento dell’asse franco-tedesco che includa, anche in proiezione comunitaria, l’Italia. Il faccia a faccia deve essere strategico e non tattico: ora un accordo sull’energia nucleare che garantisca competitività alle imprese. Colloquio con il deputato leghista Stefano Candiani, membro dell’inter gruppo di amicizia Italia-Francia e componente parlamentare del Trattato del Quirinale
La grandeur, questa volta, è all’ombra del Colosseo. Sul bilaterale fra il presidente francese, Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni si addensano tantissime aspettative a maggior ragione in vista di due appuntamenti internazionali piuttosto significativi: il G7 in Canada e il Consiglio Europeo del 26 e 27 giugno. Al di là di questo, però, in gioco in questo vis a vis c’è qualcosa di molto più profondo che attiene al rapporto fra i due Paesi e fra i due leader anche in proiezione comunitaria. “Questo incontro è fondamentale ed è giusto che ci siano aspettative. Ma bisogna che sia strategico e non tattico. Macron può fare meglio di Napoleone, che a Roma non c’è mai arrivato”. A dirlo, sulle colonne di Formiche.net è il deputato leghista Stefano Candiani, membro dell’inter gruppo di amicizia Italia-Francia e componente parlamentare del Trattato del Quirinale.
Candiani, cosa significa un incontro strategico e non tattico?
Le potrei rispondere che, per come la vedo io, questo incontro deve avere un primo grande obiettivo alla base di tutto: mettere in pratica, davvero, il Trattato del Quirinale.
Cosa è mancato fino ad oggi?
In Italia è stata data grande enfasi alla stipula di quell’accordo, mentre in Francia è stato tenuto molto sotto traccia per rafforzare invece il rapporto franco-tedesco. Il trattato del Quirinale rappresenta un elemento importante di equilibrio nel bilanciamento europeo, per cui adesso occorre il salto di qualità e arrivare finalmente a un asse a tre che includa anche l’Italia.
Al di là del Trattato, come si spiegano le difficoltà nei rapporti fra Italia e Francia negli ultimi anni?
Ci sono una serie di componenti. Una di queste è legata all’atteggiamento che ha avuto a più riprese il presidente Macron che, dovendo sopperire a una forte carenza di consenso interno, cerca spesso una legittimazione internazionale talvolta anche a detrimento degli alleati.
Si riferisce al caso dei “volenterosi”?
Anche. Più in generale mi riferisco all’atteggiamento del presidente Macron che spesso assume iniziative in autonomia senza un reale confronto con gli altri Paesi europei. Capisco che la sinistra sia filo-francese acriticamente ma ritengo che il nostro Paese, a maggior ragione in questo contesto, deve avere maggiore rispetto.
Queste scelte pregiudicano il rapporto fra Italia e Francia?
Il rapporto fra i due Paesi è fondamentale, ma deve essere anche strategico, appunto. E basarsi su questioni concrete. Prima fra tutte, quella energetica. Mi aspetto infatti che questo faccia a faccia fra Meloni e Macron possa gettare le basi per una collaborazione – strategica – sull’energia nucleare. In ossequio peraltro a un chiaro orientamento che il governo italiano ha intrapreso.
In linea teorica la questione dazi non rientra fra i dossier del bilaterale. Anche se…
È poco verosimile che i due presidenti non affronteranno uno dei temi più stringenti. Ma il vero dazio che stiamo pagando non è quello di Trump, ma è l’eccesso di prezzo sull’energia che le nostre imprese sono costrette a pagare.