Skip to main content

Tra attacchi Houthi e Iran, Netanyahu ancora sotto pressione (sugli ostaggi)

Netanyahu smentisce contatti con l’ex consigliere Usa Waltz, mentre gli Houthi, appoggiati dall’Iran, attaccano l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, spingendo Israele a minacciare ritorsioni. Sullo sfondo, Hamas rilascia un nuovo video di un ostaggio, e Israele accusa il Qatar di fare il doppio gioco nei negoziati

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha smentito con forza le recenti indiscrezioni del Washington Post secondo cui avrebbe avuto “coordinamento intensivo” con Mike Waltz, ex consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, per discutere di un possibile conflitto con l’Iran. In un post su X, Netanyahu ha chiarito che l’unico incontro con Waltz è avvenuto a febbraio presso la Blair House di Washington, prima di un colloquio con il presidente Donald Trump, e che un successivo contatto telefonico non ha riguardato l’Iran.

L’articolo del WaPo racconta che Waltz fa parte di una linea interna all’amministrazione Trump che sta cercando — insieme a Israele — di boicottare le iniziative in corso per costruire un dialogo tra Iran e Stati Uniti. Per le fonti del media americano, Waltz sarebbe stato rimosso dal suo incarico da Trump proprio a causa di una presunta collaborazione con Israele per coinvolgere gli Stati Uniti in azioni militari in Iran. Azioni preventive, ammesso che possano essere chiamate tali — visto che l’Iran è ormai molto avanti con la produzione dell’arma atomica e soprattutto con la strutturazione di un network di influenza che va dal Libano allo Yemen, dall’Iraq all’Afghanistan attraverso milizie ideologicamente legate ed economicamente e militarmente foraggiate.

Il rapporto ha suscitato preoccupazioni nell’amministrazione americana, con fonti vicine a Trump che hanno accusato Waltz di “lavorare per un altro Paese” anziché per gli Stati Uniti, come riportato da Reuters. La smentita di Netanyahu, che ha anche colto l’occasione per congratularsi con Waltz per la sua nuova nomina come ambasciatore alle Nazioni Unite, sembra voler placare le speculazioni, ma non ha dissipato i dubbi su possibili divisioni nella strategia americana verso l’Iran e Israele. La storia arriva in un momento in cui la tensione regionale è tutt’altro che gestita, con il quarto round dei negoziati Washington-Teheran rimandato a data da definire e Israele che affronta attacchi missilistici da parte degli yemeniti Houthi e crescenti pressioni legate alla guerra a Gaza, dove il dossier degli ostaggi rimane irrisolto.

La situazione si è ulteriormente aggravata nelle ultime ore con un attacco missilistico contro l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv condotto dal gruppo yemenita appoggiato dall’Iran. Un missile balistico è caduto nella zona del Terminal 3 nella mattinata di oggi, 4 maggio, spingendo compagnie aeree come Lufthansa e Air Europa a cancellare i voli da e per l’aeroporto, secondo quanto riportato dal Times of Israel. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha risposto con durezza, dichiarando: “Chiunque ci colpisca, verrà colpito sette volte tanto”. Katz ha annunciato che Israele sta valutando una risposta diretta contro gli Houthi, con Netanyahu che terrà una riunione con i vertici della sicurezza per discutere sia dell’attacco che dell’espansione delle operazioni militari a Gaza.

Nel frattempo, Benny Gantz, ex membro del gabinetto di guerra israeliano, ha puntato il dito contro l’Iran, sostenendo che Teheran, e non lo Yemen, sia il vero regista degli attacchi. “È l’Iran a sparare contro Israele, usando gli Houthi come proxy”, ha dichiarato Gantz. Gli Houthi, che controllano ampie aree dello Yemen, hanno intensificato le loro azioni contro Israele dall’inizio della guerra a Gaza nell’ottobre 2023, affermando di agire in solidarietà con i palestinesi. Solo due giorni fa, Israele aveva intercettato un altro missile houthi diretto verso il nord del paese. Dal 15 marzo gli Usa stanno conducendo una campagna militare piuttosto intensa sullo Yemen: hanno degradato parecchie capacità di azione, ma il gruppo resta in grado di attaccare lo stato ebraico (e non solo).

Le attività degli Houthi sono riprese dopo che la tregua tra Hamas e Israele è saltata un mese e mezzo fa, facendo crollare parte della piattaforma diplomatica costruita dall’amministrazione Biden in fase di uscita e gestita da quella Trump nel tentativo di rivendicare un successo politico sulla Striscia di Gaza. Ora anche in questo fronte aumentano le complessità: Israele accusa il Qatar, mediatore chiave nei negoziati con Hamas insieme a Usa ed Egitto, di “fare il doppio gioco”. In una dichiarazione rilasciata sabato 3 maggio, l’ufficio di Netanyahu ha chiesto a Doha di “smettere di giocare su entrambi i fronti” e decidere se stare “dalla parte della civiltà o di Hamas”. Il Qatar ha respinto le accuse definendole “infiammatorie”, criticando la narrazione israeliana, sottolineando il ruolo della mediazione nel rilascio di 138 ostaggi e denunciando il blocco umanitario su Gaza come una “coercizione politica”.

Sul piano militare, Israele continua dunque fronteggiare una guerra su più fronti. Nella Striscia, l’esercito israeliano ha perso due soldati in un’esplosione in un tunnel a Rafah il 3 maggio, mentre si prepara a un’espansione dell’offensiva, con decine di migliaia di riservisti richiamati. Nel nord della West Bank, le Forze armate israeliane pianificano la demolizione di 90 case nei campi profughi di Tulkarm e Nur Shams, in un’operazione che potrebbe inasprire ulteriormente le tensioni.

In questo contesto, Hamas ha rilasciato ieri, 3 maggio, un nuovo video di Edan Alexander, un ostaggio israelo-americano catturato durante l’attentato del 7 ottobre 2023, che ha aperto l’attuale stagione di guerra. Nel filmato, Alexander, che si identifica come un soldato delle forze israeliane, afferma di essere detenuto a Gaza da 551 giorni e implora il rilascio. Il video, pubblicato in concomitanza con l’escalation degli attacchi Houthi, sembra voler aumentare la pressione sul governo israeliano, che non è ancora riuscito a sbloccare la questione dei 59 ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Israele insiste sul disarmo di Hamas e sulla sua esclusione dalla governance di Gaza come precondizioni per un accordo, richieste che Hamas ha respinto.


×

Iscriviti alla newsletter