Mentre gli Stati Uniti accelerano sul Golden Dome, un sistema interspaziale integrato per intercettare missili ipersonici, l’Europa si interroga su come rafforzare la propria difesa. Il Direttore del Cesi evidenzia i limiti della frammentazione europea e la necessità di superare le duplicazioni con la Nato attraverso un comando unificato, un procurement coordinato e una governance politica condivisa. L’intervista di Gianfranco D’Anna
Come intercettare e distruggere un missile ipersonico che viaggia a venti volte la velocità del suono? Gli Stati Uniti hanno trovato il modo di farlo con lo scudo interspaziale denominato Golden Dome, un sistema integrato di rilevamento istantaneo al lancio di missili ostili che combina sensori e intercettori terrestri, navali, aerei e spaziali, insieme a difese non cinetiche come armi a energia diretta e capacità di guerra elettronica. Non c’è nulla di dorato nel Golden Dome, tranne le centinaia di miliardi di dollari necessari al Pentagono per realizzarlo in meno di tre anni.
L’efficacia del sistema viene indirettamente confermata dalla Cina che ha protestato ufficialmente per quella che ritiene, testualmente, “una minaccia all’equilibrio e alla stabilità globale”. Come se invece la pianificazione di un eventuale first strike nucleare sia da ritenere solo un fantasioso cartone animato….
Un sistema antimissilistico a copertura totale é la priorità numero uno anche per il Ministero della Difesa italiano, ha reso noto il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, Generale Luciano Portolano, nell’audizione alla commissione Difesa della Camera dei Deputati. Al centro del dibattito politico vi é soprattutto il tema della difesa comune europea: “L’evoluzione del contesto strategico delinea la necessità di significativi aggiornamenti capacitivi per le Forze Armate europee in tutti i segmenti, nessuno escluso, come tra l’altro sottolineato dal Libro Bianco sulla Difesa della Commissione Europea” evidenzia l’esperto di strategie politiche e militari Andrea Margelletti, Presidente del Centro Studi Internazionali.
È possibile per economizzare e razionalizzare gli investimenti di risorse dei singoli stati, traslare nella dimensione europea la struttura difensiva della Nato?
Si tratta di organizzazioni diverse, con articolazioni e mandati diversi, ma in ambedue i casi le capacità sono comunque quelle degli Stati Membri e questi non possono permettersi duplicazioni, é il principio del single set of forces.
Quale l’alternativa?
L’Ue può svolgere un ruolo importante in quest’ottica, sostenendo iniziative coordinate di procurement e favorendo un incremento di competitività e resilienza della base industriale e tecnologica della difesa.
È realizzabile quanto ha affermato il capo di Stato maggiore della Difesa, Luciano Portolano, durante un’audizione in commissione Difesa alla Camera, e cioè che sarebbe necessaria una struttura di comando e controllo unificato che oggi non esiste ed istituire la figura di un comandante unico europeo, referente a livello politico?
Il tema é l’assenza di una governance europea, senza la quale appare difficile immaginare una qualsivoglia potenziale configurazione di Forze Armate europee efficaci. Senza una cessione di sovranità, ed in ispecie di comando e controllo, su delle forze fornite dagli Stati Membri, un comandante unico europeo non avrebbe molto margine di manovra.
Di che tipo sono gli ostacoli, politici o strutturali, che hanno finora impedito la creazione di una rete di informazioni classificate, che oggi a livello europeo non esiste, ma esiste a livello Nato?
È una conseguenza della diversità, e soprattutto della diversità nei fini originali, delle due organizzazioni, che non ha sinora generato i presupposti per l’implementazione di una rete comune. Le capacità tecniche ci sono, é una questione di determinazione della volontà politica sul tema.