Il viaggio di Trump dalle monarchie del Golfo rilancia i partenariati strategici nella regione puntando su investimenti e cooperazione industriale. Con Riad, Abu Dhabi e Doha sempre più protagonisti internazionali, Zineb Riboua spiega che la visita produrrà risultati concreti centrati sulla cooperazione in ambito difensivo ed economico. Secondo Salem Alsanbi, l’Italia dovrà adattare la sua proiezione energetica, militare e diplomatica a tali dinamiche per restare un attore centrale nella regione.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dato il via martedì a un atteso tour nelle monarchie del Golfo, atterrando in Arabia Saudita accompagnato da un’importante delegazione di leader dell’imprenditoria americana, tra cui Elon Musk e Sam Altman (il ceo di OpenAI). Riad rappresenta la prima tappa di un itinerario che proseguirà in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti, con un’agenda centrata più su opportunità di business e accordi d’investimento che sulla gestione diretta delle crisi diplomatiche regionali.
Accolto all’aeroporto dal principe ereditario Mohammed bin Salman (noto anche come MbS), Trump si è mostrato energico, tra sorrisi e strette di mano. La visita ufficiale comprende il Forum per gli Investimenti Arabia Saudita-Stati Uniti, che vede la partecipazione di figure di spicco come Larry Fink (BlackRock), Stephen Schwarzman (Blackstone) e il segretario al Tesoro Scott Bessent, seduti in prima fila nella sala conferenze del Palazzo reale.
Secondo il ministro saudita per gli Investimenti, Khalid al-Falih, “l’energia resta una pietra angolare della nostra relazione”, ma nuovi settori stanno moltiplicando le opportunità – tra questi indubbiamente l’intelligenza artificiale e le cosiddette “cutting hedge-technology”. Tra le iniziative sul tavolo ci sono infatti enormi investimenti in tecnologie avanzate, energie rinnovabili, difesa e logistica, molti dei quali legati alla Vision 2030 – la grande strategia costruita da MbS per portare l’Arabia Saudita a essere un gigante globale (e non più solo un enorme reservoir petrolifero).
Ricordando la sua visita del 2017, Trump ha affermato che gli impegni sauditi potrebbero arrivare a 600 miliardi di dollari, o forse anche a 1 trilione (mille miliardi), contribuendo a creare posti di lavoro negli Stati Uniti e rafforzare il partenariato strategico.
Le implicazioni geopolitiche del viaggio sono rilevanti. La visita si inserisce in un contesto segnato da forti tensioni: l’attivismo regionale dell’Iran, la guerra in corso a Gaza, la paralisi diplomatica israelo-palestinese e la nuova minaccia jihadista nel Sahel e nel Corno d’Africa. Il fatto che Trump non abbia inserito Israele tra le tappe del tour — nonostante sia un alleato storico — ha alimentato perplessità a Tel Aviv su una possibile ridefinizione delle priorità americane in Medio Oriente.
Nuove convergenze strategiche
Secondo Zineb Riboua, ricercatrice dell’Hudson Institute, il viaggio di Trump “produrrà risultati concreti centrati sulla cooperazione in ambito difensivo ed economico”. Tra gli esiti attesi, spiega, ci sono “un possibile accordo formale di difesa Usa/Arabia Saudita che ampli le attività militari congiunte e rafforzi la deterrenza contro l’Iran”, così come un’iniziativa sulle materie prime critiche che mira a integrare le aziende statunitensi nelle catene di fornitura saudite, ponendosi in diretta concorrenza con l’influenza cinese nella regione.
Riboua sottolinea anche la possibilità di “una posizione diplomatica unificata sul futuro della Siria post-Assad” e l’avvio di impegni comuni per la sicurezza del Mar Rosso. Guardando ai prossimi anni, la studiosa prevede un rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza “attraverso basi condivise, scambio di intelligence e difesa marittima, soprattutto nel Mar Rosso e nel Golfo”. Sul piano energetico, si prefigura una transizione “dalla dipendenza dal petrolio a partnership su rinnovabili e materie prime strategiche”, in linea con la diversificazione saudita e la resilienza delle catene di approvvigionamento americane.
Infine, Riboua osserva che l’allineamento strategico tra Washington e Riad tenderà a concentrarsi su contenimento dell’influenza iraniana e cinese, con gli Stati Uniti pronti a usare strumenti di difesa, tecnologia e investimento per orientare le alleanze e le regole regionali.
L’Italia osserva con attenzione
Se la visita di Trump consolida un asse strategico con le monarchie del Golfo, in primis quella saudita, le implicazioni per gli alleati europei — e in particolare per l’Italia — sono tutt’altro che marginali. Anche perché Roma ha lavorato con costanza e convinzione per costruire un proprio impegno nella regione, confermato anche grazie a recenti incontri con la leadership di Arabia Saudita (seguita anche una recente riunione del Business Council bilaterale) ed Emirati Arabi (ricambiato dal viaggio romano di Mohammed bin Zayed).
La presenza di John Elkann, presidente di Stellantis, nella delegazione che accompagna Trump in Arabia Saudita segnala il peso delle aziende a trazione italiana nel quadro di proiezione industriale americano. Stellantis, tra i principali produttori auto negli Stati Uniti, rafforza il legame tra Europa, Washington e Riad. L’incontro con Trump e Mohammed bin Salman apre a ipotesi di cooperazione trilaterale, mentre il Business Forum su AI, tecnologia ed energia pone l’industria italiana a confronto diretto con l’innovazione americana e il capitale del Golfo.
Secondo Salem Alsanbi, membro del Business Council Italia-Arabia Saudita, “l’Italia è un attore strategico nel Grande Medio Oriente e qualsiasi riposizionamento americano sotto Trump avrà impatti rilevanti sui suoi interessi, in primis nel campo energetico”.
Ma gli effetti potrebbero estendersi anche al settore della sicurezza, spiega Alsanbi a Formiche.net: “Una ridefinizione della presenza militare statunitense potrebbe aprire spazi a un maggiore protagonismo italiano in operazioni di peacekeeping e nella tutela degli interessi europei nella regione”. Sul fronte dell’intelligence e della cooperazione militare, Alsanbi avverte che eventuali cambiamenti nelle politiche statunitense richiederanno all’Italia di rafforzare le proprie capacità autonome o intensificare la cooperazione europea.
“L’approccio selettivo di Trump nei confronti di attori regionali come Iran, Arabia Saudita e Turchia cambierà gli equilibri e costringerà l’Italia a riconsiderare le proprie partnership”, conclude l’analista. In un contesto di minore coesione europea, Roma potrebbe sentirsi spinta a guidare una politica comune per il Mediterraneo, adattando al contempo le proprie priorità economiche, soprattutto verso progetti strategici come la Vision 2030 saudita o lo sviluppo libico (con il paese piombato nuovamente nel caso proprio in questi giorni).