Non c’è solo Kyiv nei pensieri del presidente turco, ma anche lo scenario siriano e quello europeo, su cui si stanno concentrando sempre più attenzioni da parte del governo turco. La notizia che giunge dalla Siria è la disponibilità del comandante delle forze curde di incontrare Erdogan, che al contempo rafforza il legame con Baku e guarda all’energia
Si chiama Osman Gazi ed è la prima piattaforma galleggiante per la produzione di gas naturale della Turchia, giunta al porto di Filyos a Zonguldak, sulla costa del Mar Nero. Racconta di una strategia complessiva che abbraccia energia, geopolitica, Europa e guerre. Sì, guerre, perché all’Ucraina si affiancano due dossier complessi come Siria e Libia dove Recep Tayyip Erdogan vuole dire la sua. Nel mezzo anche le relazione sull’asse Ankara-Baku, con Aliyev ed Erdogan che hanno inaugurato l’aeroporto internazionale di Lachin.
La guerra in Ucraina
Nella conversazione telefonica con Volodymyr Zelensky, il presidente turco ha ribadito la sua posizione: pace e dialogo, passando per il cessate il fuoco. L’obiettivo è elevare i colloqui al livello di leadership dopo i precedenti incontri fra delegazioni, una strada per provare a rafforzare ulteriormente il processo di pace. Il ministro degli Esteri Hakan Fidan è stato ricevuto venerdì dal presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy durante una visita a Kyiv.
Nel frattempo il primo ministro australiano, Anthony Albanese, ha annunciato che l’Australia ha consegnato all’Ucraina i carri armati Abrams dismessi: “Continueremo a fornire supporto militare all’Ucraina. Siamo pronti a valutare qualsiasi proposta per la pace, anche tramite una forza di peacekeeping internazionale”. Fino ad oggi il Paese ha offerto più di 1 miliardo di dollari australiani in aiuti all’Ucraina, di cui 880 milioni destinati ad armamenti come Bushmaster, obici M777, blindati M113, droni.
Sul punto trapela un’indiscrezione logistica: secondo il Daily Telegraph la “coalizione dei volenterosi” starebbe pianificando un piano B per l’Ucraina in caso di stop agli aiuti americani. Londra e Parigi sul punto sono già d’accordo al pari di un impegno prolungato e strutturato a favore di Kyiv in chiave di autonomia strategica, elementi che saranno anche al centro del vertice bilaterale fra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron martedì prossimo a Roma.
Geopolitica e logistica
Non c’è solo Kyiv nei pensieri di Erdogan, ma lo scenario siriano e quello europeo, su cui si stanno concentrando sempre più attenzioni da parte del governo turco. La notizia che giunge dalla Siria è la disponibilità da parte del comandante delle forze curde di incontrare Erdogan. Mazloum Abdi, le cui Forze Democratiche Siriane hanno combattuto le truppe turche e i ribelli siriani sostenuti da Ankara durante i 14 anni di guerra civile, si dice convinto che i legami diretti con la Turchia possono portare a nuove dinamiche.
Alla domanda se avesse intenzione di incontrare Erdogan, Abdi ha risposto: “Non sono contrario, non siamo in stato di guerra con la Turchia e in futuro potrebbero svilupparsi dei legami tra noi. Siamo aperti a questo”. Sei mesi fa Ankara e le Sdf hanno concordato un cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti dopo lo scoppio dei combattimenti mentre i gruppi ribelli avanzavano verso Damasco e rovesciavano Bashar Assad e lo scorso marzo Abdi ha firmato un accordo con il presidente ad interim siriano Ahmed Al-Sharaa per incorporare l’amministrazione semi-autonoma della Siria nord-orientale nelle principali istituzioni statali con sede a Damasco.
Sulla stessa linea di impegno, Ankara rafforza l’asse con Baku: il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e quello turco hanno inaugurato l’aeroporto internazionale di Lachin, il nono del Paese e il terzo costruito nei territori liberati dall’occupazione armena, nel villaggio di Gorchu.
Capitolo Ungheria: Erdogan intende rafforzare la cooperazione con Viktor Orban, anche attraverso le riunioni del Consiglio di cooperazione strategica ad alto livello e del Meccanismo consultivo congiunto. Infine la Libia: Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, potrebbe puntare a Tripoli dopo il caos degli ultimi giorni, anche per mettere in pratica un progetto di cui si discute molto: il trasferimento di migliaia di palestinesi da Gaza alla Libia. Con il placet di Ankara.