Australia, Canada e Romania. Tre contesti differenti, accomunati però dall’incidenza, a gradazioni diverse, di un unico fattore: Donald Trump. Il caso canadese è emblematico perché nelle consultazioni ha inciso maggiormente la politica estera di quella interna. In Romania l’estrema destra primeggia e l’Europa esce indebolita. Per pronunciarsi definitivamente, bisognerà aspettare il 18 maggio. Colloquio con Giovanni Diamanti, sondaggista e fondatore di YouTrend
Sono tre elezioni diverse, in altrettanti contesti differenti. Ma c’è un fattore che, dove più dove meno, le accomuna. Si chiama Donald Trump. Stiamo parlando delle recenti consultazioni in Canada (dove ha trionfato il liberale Mark Carney), in Australia dove l’uscente Anthony Albanese (dato per sfavoritissimo prima del voto) farà un secondo mandato portando avanti le istanze laburiste. Infine, il primo turno in Romania dove – al contrario – si è affermato il candidato dell’ultradestra George Simion. “Sono tre elezioni in cui il fattore legato alla politica estera e alle posizioni prese dal presidente Trump ha giocato un ruolo importante. Il caso canadese, poi, ha dell’incredibile”. L’analisi consegnata alle colonne di Formiche.net è del sondaggista e fondatore di YouTrend, Giovanni Diamanti.
Cosa rende le elezioni canadesi così particolari sul piano del risultato?
L’affermazione delle forze liberali era del tutto impensabile fino a qualche settimana fa. Fino a quando Trump ha iniziato a parlare di Canada. La vittoria dei liberali è dovuta quasi esclusivamente ai suoi interventi ed è una reazione alle proposte di annessione. Uno dei rarissimi casi in cui il fattore della politica estera è stato preponderante rispetto a quello interno. Ed è una dinamica ben visibile osservando le curve dei consensi. Per questo penso che quello canadese rappresenti un caso “scuola”.
L’Australia in cosa differisce?
La dinamica di incidenza del fattore Trump è stata più o meno simile per la verità, benché si sia resa evidente in modo meno eclatante. Il risultato comunque è che il candidato conservatore è uscito fortemente indebolito, lasciando campo libero all’uscente laburista. Una dinamica del tutto inaspettata dal momento che la partita, da tempo, era considerata chiusa a favore dei conservatori.
Arriviamo alla Romania. Dovremo aspettare il 18 maggio per esprimere un’opinione definitiva, ma l’affermazione del candidato di estrema destra ci consegna già una direzione. Quali i punti di continuità e di differenza rispetto agli altri due appuntamenti elettorali?
Parto da una prima macro-differenza che è costituita dal contesto: la Romania è in Europa. In questo quadro, la linea di frattura non si consuma tanto su Trump (che comunque ha inciso) quanto più sulla Russia.
L’Europa ne esce più debole?
Manca ancora da capire che scenario si delineerà dopo il 18 maggio. La risposta è che comunque sì, l’Europa è più debole dopo questo voto perché, se è vero che le forze politiche in campo che fanno riferimento alla maggioranza europea si mettessero assieme potrebbero vincere le elezioni, è altrettanto vero che non sarà facile costruire questa unità e farle convogliare in un progetto unitario. Il Paese, comunque vada il voto, uscirà spaccato.
Come ha inciso l’annullamento del voto di cinque mesi fa?
In maniera molto pesante, peraltro creando un precedente estremamente rischioso. L’annullamento di quelle consultazioni ha danneggiato le forze europeista dando invece slancio a quelle sovraniste e populiste.
Il sondaggio della Bild/Insa diffuso in Germania fotografa una situazione nella quale emerge che il 48% dei tedeschi voglia mettere al bando AfD dopo che i servizi segreti l’hanno ufficialmente designata come forza estremista. Che segnale va colto?
La situazione in Germania non è semplice. E, anche lì, il Paese è profondamente diviso. Ma la Romania ci dovrebbe insegnare che la via giudiziaria non porta beneficio alle forze europeiste. Il rischio di mettere al bando AfD è altissimo. Fra l’altro oltre a creare un precedente, il pericolo sarebbe quello di allontanare ancor di più i cittadini dal sistema democratico e dalle istituzioni. La destra estrema si sconfigge, politicamente, con una proposta alternativa.