Il movimento Vetëvendosje ha sì vinto le elezioni del 9 febbraio, ma non ha i numeri per governare da solo. Il premier però non mostra di voler fare passi indietro e presenta il mancato voto per Haxhiu come il frutto di un Paese ancora arretrato. Tutti i dettagli tra tensioni con la Serbia e gas russo
Uno stallo chiamato Kosovo, e quindi Balcani. Per la 24ma volta i parlamentari di Pristina non sono riusciti a formare un nuovo parlamento a più di tre mesi dalle elezioni del febbraio scorso. Ciò si traduce in una elevatissima instabilità politica in un fazzoletto di terre balcaniche già zavorrate dalle tensioni con la Serbia e dai tentativi esterni di penetrazione geopolitica. La scorsa settimana c’è stata in loco la missione di Kaja Kallas e in questi giorni il Paese ospita la più grande esercitazione militare internazionale guidata dall’esercito degli Stati Uniti per l’Europa e l’Africa, “Defender Europe 2025″.
I motivi dell’impasse
Vetëvendosje e PDK sono gli unici due partiti che si sono dichiarati pronti per le elezioni anticipate, anche se il numero dei deputati di cui dispongono non è sufficiente per sciogliere la legislatura, inoltre non è possibile indire elezioni anticipate senza prima aver costituito l’Assemblea, con un suo presidente. Il premier e leader del partito di Vetevendosje Albin Kurti punta sin dalla prima seduta sull’ex ministra Albulena Haxhiu, che però non è mai riuscita a raggiungere la soglia dei 61 voti per l’elezione.
Ciononostante Kurti non ha cambiato cavallo, come gli chiedevano i partiti di opposizione. Nuovo tentativo il 2 giugno. Il nodo è dato dal fatto che il movimento Vetëvendosje ha sì vinto le elezioni del 9 febbraio, ma non ha i numeri per governare da solo. Il premier però non mostra di voler fare passi indietro e presenta il mancato voto per Haxhiu come il frutto di un Paese ancora arretrato e poco propenso ad aprire alle donne in politica.
Il leader di Vetëvendosje ha tentato di presentare la mancata votazione di Albulena Haxhiu come presidente del Parlamento da parte degli altri partiti politici nell’Assemblea come una questione di genere. Il premier ha definito i partiti kosovari “gerarchie patriarcali arretrate”, aggiungendo che il suo governo ha provato a fare un passo in avanti verso la parità di genere: “La lotta contro Haxhiu, non è solo uno scontro politico o di partito, ma anche un confronto di genere. Il rifiuto di votarla come presidente del parlamento dimostra la paura che le élite patriarcali hanno delle donne coraggiose che sfidano lo status quo. La donna più votata dal popolo alle elezioni del 9 febbraio è Albulena Haxhiu. Invece di rispettare il popolo, stanno combattendo Albulena”.
Le tensioni con la Serbia
La prima conseguenza di questo stallo si ritrova alla voce Serbia, vicino “di casa” con cui le tensioni non sono sopite. Tra l’altro i due capi negoziatori sono stai protagonisti di uno scontro nelle ultime ore: il serbo Petar Petkovic ha accusato il collega kosovaro Besnik Bislimi di aver mentito in occasione di un’intervista sulle colonne della Deutsche Welle. Ma Petkovic non ci sta, e ricorda che nell’accordo del 2013 era citata espressamente la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, ed è falso che il dialogo avviene tra Kosovo e Serbia. Insomma, altro caos ad una situazione già altamente complessa.
In questi giorni, per la terza volta, il Kosovo ospita la più grande esercitazione militare internazionale guidata dall’esercito degli Stati Uniti per l’Europa e l’Africa: “Defender Europe 2025”. Secondo Kurti la presenza delle forze militari serbe al confine con il Kosovo è una reazione all’esercitazione militare, a cui Pristina partecipa con mille soldati, osservando di non sapere se “la Serbia lo stia facendo di propria iniziativa o su richiesta della Russia”. In tutto i militari sono 25mila provenienti da 29 Paesi Nato, impegnati in Kosovo, Albania, Croazia e Macedonia del Nord. Questa volta, la Repubblica del Kosovo è stata scelta dall’esercito americano come sede per la 28ma Divisione di Fanteria.
Il caso del gas russo
La Serbia e il gigante energetico statale russo Gazprom hanno prolungato fino a settembre l’accordo di fornitura di gas naturale, per cui Gazprom continuerà a fornire 6,1 milioni di metri cubi di gas al giorno. In occasione dell’incontro del 9 maggio con il presidente serbo Aleksandar Vučić a Mosca, Vladimir Putin aveva promesso di continuare a sostenere la sicurezza energetica della Serbia.
Secondo il ceo di Srbijagas, Dušan Bajatović, Belgrado è alla ricerca di un accordo di fornitura decennale per 2,5 miliardi di metri cubi all’anno, ma vi sono evidenti rischi politici connessi al fornitore, dal momento che Bruxelles intende eliminare tutte le importazioni di gas russo entro il 2027 e la Serbia aspira ad entrare nell’Ue. Di contro Vucic fino ad ora non ha avallato le sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina nel 2022.