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Non solo Byd. La Cina mette un altro piede in Europa con la Aiib

La Asian investment and infrastructure bank, alter ego cinese della Banca mondiale e motore finanziario della Belt and road, potrebbe presto aprire la sua prima sede nel Vecchio continente, per la precisione a Londra. Con l’obiettivo dichiarato di attrarre e drenare nuovi capitali. Mentre i dazi di Trump affossano ancora l’e-commerce del Dragone

Un primo assaggio era arrivato lo scorso mese di ottobre, quando, come raccontato da questo giornale, la Cina avviò l’operazione Panda bond. Tecnicamente un’obbligazione in yuan, emessa dal governo cinese e dalle sue banche, per finanziare l’economia. Per il Dragone, è sempre stato una specie di architrave, sia dentro casa, sia fuori.

Nel primo caso, per raccogliere la liquidità con cui imbottire le banche e provare a rimettere in moto i consumi. Nel secondo, per dare alle medesime banche sufficiente potenza di fuoco per concedere quei prestiti con cui ingabbiare i governi in via di sviluppo, a cominciare dall’Africa. Ma anche per aumentare la circolazione dello yuan in chiave de-dollarizzazione. Alleata di ferro e gran dispensatrice di Panda bond, la Banca asiatica per gli investimenti (Aiib), che altro non è che la risposta asiatica, dunque cinese (Pechino ne è l’azionista principale), alla Banca mondiale di impronta americana.

La quale ora fa un altro passo in avanti, direzione Occidente (proprio come la temutissima, ma qui siamo nel campo dell’automotive, Byd). E con un obiettivo dichiarato: fare dell’Europa la nuova testa di ponte cinese, vera e propria calamita per nuovi capitali. L’Aiib, infatti, prevede di aprire il suo primo ufficio europeo a Londra quest’anno. L’istituto, fondato nel 2013 per fungere da propulsore alla via della Seta cinese, intenderebbe utilizzare il nuovo ufficio britannico per attrarre finanziamenti a sostegno dei progetti di sviluppo globale della banca. Più nel dettaglio, la fase iniziale dovrebbe prevedere un organico di cinque-dieci dipendenti, per poi allargare le spalle.

D’altronde, la leadership di Londra nel settore bancario e della gestione patrimoniale e fuori discussione. E poi le grandi riserve di capitale e il fuso orario tra Nord America e Asia rendono la City un ponte tra gli investitori occidentali e orientali. Non è un caso che la capitale inglese abbia avuto la meglio su altre città europee in lizza, come Francoforte, Lussemburgo e Parigi.

A questo punto mentre la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina è in fase di stand by, Pechino gioca la mossa della Banca per gli investimenti, pronta a mettere piede in Gran Bretagna e dunque, di fatto, in Europa. Gli Stati Uniti, però, potrebbero non gradire. Anzi “dubito che l’amministrazione Trump accoglierà con favore l’istituzione di un hub Aiib a Londra, data la pressione che ha già esercitato sul Regno Unito affinché si allinei con gli Stati Uniti contro la Cina sulle questioni commerciali”, ha affermato a Politico William Matthews, ricercatore senior presso Chatham House specializzato in Cina.

Sullo sfondo, come detto, rimane la grande partita commerciale tra Washington e Pechino. Che travolge i giganti dell’e-commerce del Dragone, come raccontato da Formiche.net mesi fa.  Notizia di oggi: le vendite di Temu negli Stati Uniti stanno andando a picco. Secondo Bloomberg Second Measure che analizza le transazioni di carte di debito e credito, nel periodo dall’11 maggio all’8 giugno, sono diminuite di oltre il 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Colpa dei dazi? Certo che sì. Gli Stati Uniti hanno adottato misure significative per colmare una lacuna che da tempo avvantaggiava i colossi dell’e-commerce cinese come Shein e Temu. L’ esenzione de minimis consentiva alle spedizioni di piccolo valore dalla Cina, pari o inferiori a 800 dollari e quasi sempre connesse all’abbigliamento low cost, di entrare negli Stati Uniti senza dazi doganali. Tolta l’esenzione, vendite a picco.


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