Il conflitto ha segnato una crisi strategica per l’Iran, che perde centralità nel blocco autoritario. Russia e Cina proseguono nella loro convergenza, ma Teheran appare sempre più marginale in un’alleanza che si basa solo sul calcolo
Dopo il breve ma intenso conflitto che l’ha visto contrapporsi ad Israele, l’Iran si trova in un momento critico, in cui deve non solo ritrovare una stabilità interna, ma anche ripesare il suo ruolo nei rapporti internazionali. “L’Iran era un attore importante nell’allineamento che comprendeva anche la Russia, la Cina, la Corea del Nord, ma la sua posizione si è indebolita molto nelle ultime settimane. Non ha più le stesse capacità di prima, e ha perso il ruolo di deterrente che aveva in passato” denota Emile Hokayem, direttore del programma “Regional Security and the Middle East” dell’International Institute for Strategic Studies, durante il suo intervento al Nato Public Forum nel panel dedicato proprio alla “challenging convergence” tra gli attori ostili al mondo occidentale, “e a Teheran ci si domanda: come possiamo sfruttare il nostro legame con questi Paesi?”.
Paesi che fino ad ora erano partner, se non alleati. Ma che adesso potrebbero non esserlo più. Come nel caso della Federazione Russa. “C’è un vecchio detto che dice che la Russia ha due alleati: il suo esercito e la sua marina. E in questo caso è verissimo” denota l’executive director di Mayak Intelligence ed esperto di Russia Mark Galeotti. “La Russia ha effettivamente alcuni partner internazionali, i quali sono definibili alleati solo finché sono utili. E l’Iran, ad esempio potrebbe non esserlo più, in base ad una semplice analisi costi-benefici”. Galeotti adduce l’esempio dei droni: prima l’Iran produceva “in casa” i famigerati droni della famiglia Shahed, per poi rifornire le forze armate russe; adesso, i russi producono autonomamente gli Shahed in casa. “Da questo punto di vista, a Mosca Teheran non serve più”. Inoltre, Galeotti ricorda che Iran e Russia sono “frenemies”, ovvero alleati che però competono in determinate dimensioni o aree geografiche, come ad esempio quella mediorientale. Hokayem porta il caso della Siria, in cui tra il 2015 e il 2016 i due Paesi hanno operato fianco a fianco sul campo, senza però riuscire a costruire nulla di concreto dopo la vittoria, probabilmente per la divergenza di interessi e di visioni.
La dinamica del “matrimonio di interesse” è valida anche per la Cina, con cui questi Paesi hanno relazioni comunque molto produttive. “Nella nostra regione, le operazioni congiunte tra Russia e Cina si sono intensificate, pensiamo ai pattugliamenti congiunti o alle esercitazioni marittime svolte assieme” rimarca Nobumasa Akiyama, direttore del Center for Disarmament, Science and Technology del Japan Institute of International Affairs. “Sì, il legame tra di loro è di carattere opportunistico, ma non dobbiamo assolutamente trascurare tutto ciò”. E proprio per questo, prosegue l’esperto giapponese, dobbiamo imparare dalle lezioni del conflitto in Ucraina, guardando a come l’Ucraina è riuscita a mostrarsi resiliente e come l’Europa l’ha aiutata. E noi dobbiamo essere pronti a fare lo stesso come Giappone con i partner indo-pacifici. Dobbiamo rafforzare anche la partnership con Europa per confrontarci al meglio con questa minaccia”.
Proprio sulle minacce presenti e future Galeotti fornisce una riflessione, suggerendo che è necessario capire quali sfide siano più immediate e quali invece diverranno più urgenti nel futuro. “Dobbiamo ragionare su questo per capire come strutturare la nostra azione da ora in avanti”.