Poco più di un italiano su tre (33,4%) ritiene che l’Italia debba mantenere l’attuale livello di spesa per il comparto della difesa, mentre il 31,4% è favorevole a un aumento degli investimenti. L’Italia è senz’altro chiamata a rinnovare la propria capacità industriale e strategica per affrontare sfide globali – dalla deterrenza nucleare alla guerra cibernetica – dall’altro deve anche educare e coinvolgere i cittadini in una riflessione più ampia sul concetto di sicurezza. La presentazione del papaer della Fondazione Einaudi
Poco più di un italiano su tre (33,4%) ritiene che l’Italia debba mantenere l’attuale livello di spesa per il comparto della difesa, mentre il 31,4% è favorevole a un aumento degli investimenti nello stesso settore e il 23,0% pensa che, al contrario, si dovrebbe spendere di meno. Insomma un’Italia che si spacca su tre livelli, rendendo fra l’altro ancor più evidente la mancanza di consenso su quale debba essere la priorità strategica del Paese.
È queso uno dei dati più significativi del sondaggio condotto da Euromedia Research che accompagna lo studio “Difesa, l’industria necessaria” commissionato dalla Fondazione Luigi Einaudi e curato da Alberto Pagani.
Con un panel di altissimo profilo, proprio ieri lo studio della Fondazione è diventato oggetto di un dibattito che ha visto alternarsi a discuterne il ministro della Difesa, Guido Crosetto, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, il direttore del Tg La 7 Enrico Mentana e il direttore dell’HuffPost Italia, Mattia Feltri. L’illustrazione del paper è stata affidata al curatore Pagani, mentre i risultati del sondaggio “Gli italiani e la difesa” è stato presentato da Alessandra Ghisleri. A moderare il panel, il segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini.
Il documento elaborato Pagani, ribadisce l’irrinunciabilità dell’industria della difesa per garantire libertà, sicurezza e sviluppo. Non un’esaltazione bellicista, bensì un’analisi razionale che parte dalla constatazione storica che la pace non si conquista solo con buone intenzioni, ma anche con deterrenza, tecnologia e consapevolezza.
Significativi i cenni storici contenuti nel paper che, in qualche modo, storicizzano e al contempo attualizzano uno dei tempi più stringenti dell’agenda politica globale.
Da Harari a Huntington, passando per la teoria della “guerra giusta” di San Tommaso e le dinamiche della guerra ibrida della Guerra Fredda, Pagani identifica un percorso culturale e politico che lega difesa e civiltà.
In un mondo sempre più esposto a minacce ibride, dal cyberspazio alla disinformazione, l’Europa è chiamata a una nuova sovranità tecnologica e militare, complementare alla Nato, per non restare ostaggio di potenze straniere.
L’industria della difesa, inoltre, è identificata come motore d’innovazione con ricadute trasversali nel settore civile (con significativi riverberi di carattere economico): AI, spazio, subacqueo e comunicazioni satellitari non sono solo ambiti bellici, ma orizzonti strategici di sviluppo industriale.
Il sondaggio
Il tema della Difesa risulta, talvolta, difficilmente “digeribile” dall’opinione pubblica. Altrettanto spesso, viene mal percepito o, peggio, identificato come volontà bellicista. Nulla di tutto questo, come dimostra Pagani. Va detto, però, che il sondaggio di Ghisleri aiuta a mettere a fuoco quali siano le percezioni degli italiani più che sulla Difesa in se, sulla sicurezza.
L’insicurezza percepita è innanzitutto economica (25,1%): paura di perdere il lavoro, la pensione o i risparmi. Seguono timori legati alla sicurezza personale (15,9%) e sanitaria (12,6%), mentre guerre, migrazioni, criminalità organizzata e cybercrime restano più marginali nelle priorità degli intervistati. Solo l’8,7% si dichiara inquieto per i conflitti armati o la vendita di armi da parte dell’Italia, nonostante la loro costante presenza nel dibattito politico e mediatico.
Le parole del ministro Crosetto
“Noi ogni giorno abbiamo attacchi cyber, tutto l’Occidente ha attacchi cyber – ha sottolineato il ministro della Difesa, Guido Crosetto – È una guerra continua, costante, evidente, che subiamo, da cui ci difendiamo, ma che non abbiamo mai combattuto. Quello che sta succedendo in Africa – ha poi precisato – è drammatico. Stanno costruendo un’opinione pubblica africana anti-occidentale, anti-europea”.
A proposito di conflitti, Crosetto traccia una panoramica che assume una prospettiva molto ampia sui coinvolgimenti degli attori in campo. “Sullo sfondo lo scontro non è Occidente-Russia, lo scontro reale è fra Stati Uniti e Cina. Uno scontro combattuto essenzialmente sulla tecnologia e sulla velocità di crescita delle tecnologie, che significa sulle materie prime necessarie alla tecnologie. Negli Stati Uniti se ne sono accorti del ritardo. L’interesse di Trump per la Groenlandia non è perché vuole andare a sciare, ha capito che esiste un problema per gli Stati Uniti e sta cercando di recuperarlo con le sue metodologie”.
Gli orientamenti
Gli elettori di destra temono principalmente flussi migratori e criminalità, mentre quelli di centrosinistra e area ambientalista segnalano come principali minacce il cambiamento climatico e la deriva autoritaria. In generale, quasi il 55% degli italiani ritiene che la diffusione dell’intelligenza artificiale aumenterà i rischi per la sicurezza informatica, e il 44,7% ritiene che lo Stato non prenda abbastanza sul serio la cybersecurity. Eppure, tra le soluzioni auspicate, spiccano l’investimento in nuove tecnologie, la formazione dei cittadini e il rafforzamento normativo.
Esiste quindi un tema di natura culturale di cui la politica, in relazione all’opinione pubblica, dovrà porsi.
L’Italia è senz’altro chiamata, anche in ossequio ad alcuni campanelli d’allarme molto evidenti (il documento presentato da Mario Draghi alle istituzioni europee è piuttosto eloquente in questo senso) a rinnovare la propria capacità industriale e strategica per affrontare sfide globali – dalla deterrenza nucleare alla guerra cibernetica – dall’altro deve anche educare e coinvolgere i cittadini in una riflessione più ampia sul concetto di sicurezza.
La sfida italiana sarà dunque quella di conciliare cultura strategica e sensibilità democratica, innovazione tecnologica e consapevolezza sociale. Un primo passo in questo senso, l’ha senz’altro compiuto la Fondazione Einaudi.