Skip to main content

Gas russo e ambizioni europee. Il doppio gioco di Belgrado

Il contratto di fornitura tra Mosca e Belgrado è in controtendenza rispetto alla traccia europea di stop definitivo dal gas russo e in qualità di Paese candidato all’ingresso in Ue dovrebbe in linea teorica astenersi da condotte in netta contrapposizione con le decisioni di Bruxelles. Intanto nel Paese non si placano le manifestazioni antigovernative con l’allusione di Lavrov all’Ucraina

C’è chi va controcorrente in Europa alla voce energia. Il nuovo contratto Russia-Serbia per forniture di gas sarà firmato solo al 20 settembre, con una durata fra 3 e 10 anni. L’accordo garantisce 6,1 milioni di metri cubi di gas al giorno al prezzo di 290 euro per 1.000 metri cubi. Il motivo del ritardo è che la Serbia non sa se l’Azerbaigian dispone di gas sufficiente per le esportazioni e non conosce la scadenza approssimativa per la proroga delle sanzioni. Lo ha dichiarato il ceo di Srbijagas, Dusan Bajatovic, durante un’intervista alla televisione Prva: “Abbiamo sostanzialmente raggiunto un accordo con i russi, ma non sarà firmato entro il 20 settembre”, ha affermato l’amministratore delegato.

Ma di fatto rappresenta un elemento in controtendenza rispetto alla traccia europea di stop definitivo dal gas russo. In più, in qualità di Paese candidato all’ingresso in Ue, Belgrado dovrebbe in linea teorica astenersi da condotte in netta contrapposizione con le decisioni di Bruxelles.

La Serbia è alle prese con una problematica di forniture energetiche, dopo che le sanzioni statunitensi hanno colpito la sua principale compagnia petrolifera e del gas a causa della proprietà russa, decisione più volte avversata pubblicamente dal presidente serbo, Aleksandar Vučić, secondo cui sono “le sanzioni più severe mai inflitte a un’azienda in Serbia”. Lo stesso Bajatovic giorni fa ha detto che l’Europa, proprio come la Serbia, non avrà altra scelta che “tornare al gas russo per coprire il proprio fabbisogno energetico a costi ragionevoli”, aggiungendo una riflessione di prospettiva: il futuro del mercato del gas sarà gestito da Russia e Usa come principali produttori, e dalla Cina, in qualità di consumatore, e l’Europa dovrà conviverci. La Serbia resta fortemente dipendente dal gas russo e al momento Belgrado paga prezzi più bassi rispetto alle tariffe europee, pari a circa 275 dollari per 1.000 metri cubi.

Intanto nel Paese cresce la tensione, per via dell’ennesima manifestazione di piazza contro il governo di Vucic: studenti e cittadini hanno orchestrato ieri una imponente manifestazione in varie città mentre oggi sono ripresi i blocchi stradali, con incidenti e arresti. A Novi Sad sono state bloccate diverse strade e le manifestazioni continueranno. Circostanza che ha fatto scattare la protesta della Commissione Ue, secondo cui “il diritto di manifestazione pacifica deve essere rispettato”.

Il portavoce della Commissione europea per l’Allargamento, Guillaume Mercier, ha osservato che l’azione della polizia deve essere proporzionata e vanno rispettati i diritti fondamentali, anche per tutti coloro che sono detenuti: “Ci aspettiamo un’indagine rapida, trasparente e credibile sulle accuse di uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine. E ci aspettiamo anche che sia garantito un giusto processo a tutti coloro che sono detenuti nel contesto della protesta. I valori fondamentali sono il fulcro del progetto europeo comune e devono essere pienamente rispettati. Questo vale anche per la libertà di riunione come diritto fondamentale dell’Ue”.

La risposta a Bruxelles arriva dal ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, il cui auspicio è che l’Occidente non spinga per una “rivoluzione colorata” in Serbia, chiara allusione alla rivoluzione arancione del 2004 in Ucraina.


×

Iscriviti alla newsletter