Oggi a Roma la sinistra ufficiale, candidata alla formazione di un Campo largo vittorioso, è scesa in piazza a Roma direttamente per fermare Israele in quella che a suo dire se non è genocidio è pulizia etnica (come è buona lei!) dei palestinesi. Perché la tragedia della Palestina colpisce tanto le opinioni pubbliche che in altri casi si voltano dall’altra parte o solidarizzano con gli oppressori? Il commento di Giuliano Cazzola
“Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io partecipo dell’umanità/ perciò non mandare a chiedere per chi suona la campana/ essa suona per te’’. Con questi versi di John Donne il grande scrittore Ernest Hemingway avvia uno dei suoi più importanti romanzi Per chi suona la campana.
I morti nelle guerre non si confrontano, si contano.
Non dovrebbero esserci morti di una parte e morti di un’altra. Come dice Totò nella sua più nota poesia (‘a livella): “Sti ppagliacciate ‘e ffanno sul’e vive: nuje simme serje… appartenimmo a morte!”.
Ci sono cose, però, che a me risulta difficile capire. Da tempo il nostro mondo è interessato a due gravi conflitti tra i tanti che sono aperti in “quest’atomo opaco di sventura’’ che è la Terra: l’aggressione russa all’Ucraina che va avanti da quasi 1200 giorni e la guerra nella Striscia di Gaza che ha fornito l’occasione per due manifestazioni distinte delle forze di opposizione.
Ieri a Milano è risorto temporaneamente il Terzo polo per dare un colpo al cerchio e uno alla botte ovvero per protestare contro il governo israeliano accusato di massacro dei civili palestinesi, senza debordare però nella reviviscenza di un antisemitismo riemerso in superficie dal fiume carsico in cui era sepolto.
Oggi a Roma la sinistra ufficiale, candidata alla formazione di un Campo largo vittorioso, è scesa in piazza a Roma direttamente per fermare Israele in quella che a suo dire se non è genocidio è pulizia etnica (come è buona lei!) dei palestinesi.
Dal 7 ottobre 2023 ad oggi non c’è stato mai un week end che non fosse caratterizzato per una iniziativa, spesso con episodi di violenza, a sostegno della Palestina in lotta contro il colonialismo israeliano, tanto che ormai si è consolidata persino una definizione (pro Pal) per contrassegnare questi movimenti che hanno dilagato ovunque, nelle Università al pari dei Centri sociali.
Non c’è mai stata un’attenzione minimamente paragonabile per quanto sta avvenendo in Ucraina. Le poche manifestazioni organizzate hanno sempre dato l’impressione che si facessero soltanto perché non se ne poteva fare a meno, con partecipazioni da cartolina precetto (come succedeva prima della caduta del Muro di Berlino nelle iniziative a sostegno di Solidarnosc) e con l’impudenza di mettere al centro dell’azione il blocco degli armamenti al paese aggredito in nome di un’iniziativa diplomatica che era possibile soltanto nella mente ottenebrata di quanti la proponevano.
Se ci fossero dei dubbi basta ricordare l’entusiasmo con cui fu accolta l’elezione di Trump, con l’aspettativa che gli Usa uscissero di scena da quel conflitto costringendo l’Ucraina ad arrendersi.
In quel martoriato Paese europeo si intensificano i bombardamenti a danno dei civili, dove muoiono anche bambini nei centri commerciali e nei parchi giochi.
Sempreché non siano rapiti. Ma nessuno ha mai visto in tv il cadavere di un bambino ucraino straziato ed una mamma che lo avvolge in un sudario.
Le immagini degli stupri, delle violenze, delle mutilazioni perpetrate il 7 ottobre sono state pietosamente censurate e presto dimenticate. Invece, per quanto riguarda la Palestina ci vengono propinate solo immagini di bambini in difficoltà sperduti nel pellegrinaggio in cui sono costretti i civili per sottrarsi ai bombardamenti (gli israeliani avvertono prima di agire come prescrivono le convenzioni internazionali) e cercare un po’ di cibo.
A questo proposito si sviluppa la più spregiudicata montatura ai danni di Israele, accusato di fare la guerra con la fame. Questi critici blaterano di diritto internazionale per sentito dire. Eppure vi seno norme precise, nel merito, nella IV Convenzione di Ginevra.
Articolo 23
Ciascuna Parte contraente accorderà il libero passaggio per qualsiasi invio di medicamenti e di materiale sanitario, come pure per gli oggetti necessari alle funzioni religiose, destinati unicamente alla popolazione civile di un’altra Pane contraente, anche se nemica. Essa autorizzerà pure il passaggio di qualunque invio di viveri indispensabili, di capi di vestiario e di ricostituenti riservati ai fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, alle donne incinte o alle puerpere.
L’obbligo, per una Parte contraente, di concedere il libero passaggio degli invii indicati nel capoverso precedente è subordinato alla condizione che questa Parte sia sicura di non aver alcun serio motivo di temere che:
- a) gli invii possano essere sottratti alla loro destinazione; oppure
- b) che il controllo possa non essere efficace; o c) che il nemico possa trarne evidente vantaggio per i suoi sforzi militari o la sua economia, sostituendo con questi invii delle merci che avrebbe altrimenti dovuto fornire o produrre, oppure liberando delle materie, dei prodotti o dei servizi che avrebbe altrimenti dovuto destinare alla produzione di tali merci.
La Potenza che permette il passaggio degli invii indicati nel primo capoverso del presente articolo, può porre come condizione per la sua autorizzazione che la distribuzione ai beneficiari avvenga sotto il controllo, eseguito sul posto, delle Potenze protettrici.
Detti invii dovranno essere avviati il più rapidamente possibile e lo Stato che ne permette il libero passaggio avrà diritto di fissare le condizioni tecniche alle quali sarà autorizzato.
È provato che fosse operante un vero e proprio racket del cibo gestito da Hamas, che, a quanto pare, non costituiva un problema per la comunità internazionale.
Quando le operazioni sono state trasferite alla Fondazione Usa/Israele Hamas ha diffidato la popolazione ad avvalersene.
Non potrebbe essere questo un buon movente per spiegare gli spari verso i palestinesi in cerca di cibo? Ma i media occidentali prendono per valide solo le informazioni rilasciate da Hamas senza prendersi la briga di accertare i fatti, magari attingendo ad altre fonti.
Ricordo che quando in Ucraina vennero alla luce i massacri operati dai russi a Bucha, ci fu da noi un famoso ex corrispondente di guerra ora in pensione che fu ospitato nei talk show di regime (quello vero, di sinistra) a dimostrare che c’erano elementi che potevano far pensare ad una montatura. Questa versione venne assunta addirittura ufficialmente dalla Russia. Facciamoci caso.
Su Gaza in tv vediamo sempre le stesse immagini che ormai sono di repertorio. Poi nessuno ha mai spiegato che la Striscia è il territorio che ha fruito di assistenza da tutto il mondo, in cui sono presenti decine di migliaia di operatori delle istituzioni internazionali e che, se quelle popolazioni vivono in una condizione di estrema indigenza la responsabilità è di Hamas che le ha derubate per comprare armi e costruire una città sotterranea.
Nessuno ha raccontato la sorte toccata a quei pochi che nelle settimane scorse hanno protestato contro Hamas. Perché sul palco di Piazza san Giovanni non hanno dato la parola ad Abu Mazen, il capo dell’Autorità palestinese, braccio destro ed erede di Arafat ? Se in quella piazza l’anziano leader avesse ripetuto ciò che ha detto di Hamas (“figli di cani! Liberate gli ostaggi e deponente le armi’’) sarebbe stato linciato. Un’ulteriore considerazione merita anche la tiritera dei “due popoli, due Stati’’ che è stata al centro della messa in scena di Milano.
Sono tanti i filoputiniani inconsapevoli che ritengono “realistica’’ la pretesa di Putin di avere un’Ucraina neutrale, governata come la Bielorussia. Tutto ciò, dicono, per motivi di sicurezza perché lo zar non vuole che la Nato continui ad ‘‘abbaiare’’ ai confini della Russia.
Israele dovrebbe invece essere costretto a coabitare in un angolo del Medio Oriente con uno Stato sovrano confinante che vuole la sua fine e che è governato da un’organizzazione terroristica al soldo dell’Iran.
Come a dire: “cari ebrei, avete voluto il focolare nazionale? Vi tocca però restare nei secoli dei secoli un Paese/guarnigione”. En passant, potremmo ricordare tante situazioni in cui si muore davvero di fame e si viene massacrati per questioni di etnia o di fede o perché si è donne o omosessuali.
A prova che esiste solo la vita che appare in tv. Chi mostra più le impiccagioni in Iran o l’umiliazione delle donne in Afghanistan? Dei bambini che muoiono nell’Africa sub sahariana vediamo solo le immagini della pubblicità delle Ong.
Perché la tragedia della Palestina colpisce tanto le opinioni pubbliche che in altri casi si voltano dall’altra parte o solidarizzano con gli oppressori? A questa domanda sono riuscito a darmi una sola risposta. La differenza non la fanno gli aggrediti, ma gli aggressori veri o presunti. Non esiste un solo caso, dopo mille giorni di massacri di civili in Ucraina, di interruzione delle relazioni internazionali con la Russia o di disdetta di accordi di collaborazione scientifica. Persino la brillante operazione militare dell’Ucraina in territorio russo – dove sono stati distrutti aerei da bombardamento senza fare una sola vittima (a dimostrazione di come andrebbe quel conflitto se l’Ucraina fosse stata libera di usare al meglio le forniture militari) – è stata in pratica deplorata in Occidente al punto da giustificare una rappresaglia sui civili.
L’accanimento contro Israele, l’incapacità di valutare le sue ragioni sono una prova del risorgente antisemitismo. I marciatori di Roma non sono in piazza per solidarizzare con i palestinesi, ma per esorcizzare l’antico odio contro gli ebrei. Non lo faranno mai in mio nome.