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Il bianco e il nero dei social. Discutiamone! La proposta di Tivelli

Sarebbe il caso di aprire, un confronto a tutto campo, un serio dibattito sulla ricerca di soluzioni possibili sulle questioni che vengono dal mondo dei social. Proviamoci! La proposta di Tivelli
“Spegniamo la luce agli hater”. Pino Pisicchio con la consueta finezza, intelligenza politica, sociale e giornalistica ha colto alcuni nodi di fondo che stanno dietro la questione dell’ormai famoso professore odiatore sui social.
A parte che i social sono strapieni di odiatori, per fortuna non sempre verso grandi autorità istituzionali, ci sono però altri nodi dell’aggrovigliata questione dei social che vale la pena cogliere.
Purtroppo per certi aspetti i social sono diventati, a cominciare da Facebook, la terza agenzia formativa per i giovani (ma non solo) italiani, per quanto ci concerne.
È noto che la prime due agenzie formative, la famiglia e la scuola, però per ragioni diverse non è che stanno tanto bene…
L’agenzia formativa di supplenza dei social è però un po’ come la maglia della juventus: a strisce bianche e nere. Anzi, per alcuni aspetti mi sembra che prevalgano le strisce nere.
Certo, i social assolvono funzioni utili, hanno contribuito al completamento della globalizzazione – pur con qualche aspetto anche alla “globalizzazione della stupidità” – e consentono anche a persone che vivono in paesi sperduti di nazioni un po’ lontane di sentirsi parte della comunità mondiale in qualche modo.
Però il problema è che come osserva Pisicchio, gli strumenti di prevenzione e repressione non sembrano proprio appropriati e adeguati a prevenire e sanzionare il nero, l’odiatura (ma anche altri fenomeni come la diffamazione) quando c’è.  L’Italia è un Paese molto diviso e con una classe politica divisiva.
Quindi gli odiatori ci sono sempre stati, ma magari l’odiatore di turno si scatenava contro il politico locale o nazionale in occasione del comizio nella cittadina in cui viveva e la cosa finiva lì.
Ora invece l’odiatore ottiene un risultato e una pubblicità globale, non solo quanto a stupidità ma soprattutto a offese che sono da codice penale, come ha ben evidenziato lo stesso Pisicchio.
Quanto agli aspetti penalmente rilevanti, il governo Meloni ha introdotto anche troppe nuove fattispecie di reato e viene criticato dalla sinistra per questo. Ma non sarebbe il caso di trovare, invece, nuove fattispecie di reato adeguate per perseguire e sanzionare la patologia sociale e penale che nasce dai social? E poi il discorso va allargato.
Siamo davanti a una vera e propria emergenza: dai social non viene solo la questione dell’odio e dell’invidia sociale (accanto a qualche altro aspetto positivo). Fra l’altro non dimentichiamo che siamo stati un po’ vittima dei Cinquestelle, a partire dal 2013, che dei social hanno soprattutto usato e rilanciato il peggio.
La verità è che siamo in qualche modo tutti follower, tutti vittime di quella sorta di dittatura dell’algoritmo che è il vero modello di governo dei social. La dittatura dell’algoritmo vale per molti aspetti.
Ciò significa che anche tante e tanti che si credono influencer sono invece follower. Si vive di fatto in un clima di “follower-mania” più o meno consapevole.
Speriamo di non giungere alla “follower-crazia”… Sarebbe quindi il caso di aprire, non in certi talk show dai quali non emerge niente di serio concreto, ma con un confronto a tutto campo, un serio dibattito sulla ricerca di soluzioni possibili sulle questioni che vengono dal mondo dei social.
Il problema è però che politici, giornalisti, opinionisti e figure similari sui (e dei) social vivono e quindi non credo che amino molto criticare come merita il piatto su cui in qualche modo mangiano. Ma in un Paese serio dovrebbe esistere un certo senso dell’etica pubblica e un senso della responsabilità politica e sociale. Proviamoci!
Il problema è però di “chi” e “come” si tocca il bottone per spegnere la luce in casi di questo genere o in casi meno gravi ma sempre penalmente o socialmente rilevanti. E qui si pone una questione. Perché quelli che possono spegnere la luce purtroppo vivono anche loro di social.
Non solo televisioni e giornali ormai si avvalgono moltissimo dei social, per provare ad essere venduti vista la crisi della carta stampata e similare. I politici si avvalgono non poco dei social per promuovere e sostenere e allargare la propria immagine. Quando ad esempio Renzi vuole accusare Meloni la definisce influencer.
Sono tanti i politici a livello nazionale e locale che fanno o credono di fare da influencer. Televisioni, giornali, politici sembrano non aver alcun interesse a spegnere la luce sui social perché di social vivono. Sarebbe finalmente il caso di assumersi con coraggio le dovute responsabilità.

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