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Il rapporto Italia-Kenya come paradigma della cooperazione con l’Africa. Parla l’inviato Mohamed

Ali Mohamed, inviato speciale del presidente del Kenya per il cambiamento climatico, ha partecipato nei giorni scorsi a un seminario organizzato a Roma dalla Fondazione italiana Med-Or. Durante l’evento, sono emersi chiari il ruolo del Paese africano nel processo di transizione del continente e quello che l’Italia può fare

 

“Le sfide che la comunità globale si trova ad affrontare non possono essere risolte se non insieme”. Sono le parole di Ali Mohamed, inviato speciale della presidenza kenyota per il climate change, che a latere del seminario “Opportunità dell’energia rinnovabile e dell’industrializzazione verde in Kenya”, ospitato presso la sede della Med-Or ha conversato con Formiche.net. Nel corso dell’evento si è messo in evidenza come il Kenya sia uno dei leader africani nella transizione verde: il 92% della sua elettricità proviene da fonti rinnovabili. Eppure, il Paese è anche tra quelli più colpiti dalle conseguenze della crisi climatica.

Il valore del multilateralismo

Il Kenya ospita numerose agenzie delle Nazioni Unite e si propone come strenuo difensore di un ordine internazionale basato su regole. “Promuoviamo e sosteniamo davvero il multilateralismo globale, l’agenda multilaterale globale”, ha detto Mohamed, che evita intenzionalmente di descrivere il mondo come multipolare o unipolare.

L’inviato ha espresso preoccupazione per il panorama geopolitico attuale, ribadendo però l’imperativo della cooperazione globale. In questo scenario, ha sottolineato il suo apprezzamento per il ruolo internazionale dell’Italia e per la sua capacità di agire efficacemente all’interno di contesti multilaterali.

L’area di cui si occupa — il cambiamento climatico — richiede “collaborazione internazionale, supporto internazionale e cooperazione”. Per questo motivo, “siamo molto contenti che l’Italia sia un Paese forte quando si tratta di multilateralismo e cerchi di discutere e sostenere questioni dell’agenda internazionale”.

Condividere lo stesso spazio

Mohamed ha anche ricordato la profondità del rapporto bilaterale Italia-Kenya, dalla stazione spaziale italiana a Malindi alle vivaci comunità italiane e imprenditoriali che vivono in Kenya. “Italia e Africa sono davvero connesse, divise dal Mediterraneo, ma parte dello stesso spazio geostrategico. Ecco perché è importante rafforzare questa relazione”.

Roma sta cercando di consolidare questo legame attraverso la visione strategica nota come “Piano Mattei”. Secondo Mohamed, le tecnologie italiane possono svolgere un ruolo decisivo nello sviluppo sostenibile del continente africano.

L’Africa come motore della transizione

L’Africa sta vivendo una rapida crescita demografica e possiede risorse critiche essenziali per la transizione energetica globale. ”L’Africa possiede quasi il 30% dei minerali critici di cui il mondo ha bisogno” e “ha il più grande potenziale di energia rinnovabile al mondo”, ha ricordato l’inviato keniota.

Poiché i livelli di investimento restano criticamente bassi, Mohamed ha invocato un cambio di paradigma — uno che fonda l’esperienza europea con il potenziale africano, qualcosa di simile alla teorizzazione alla base del Piano Mattei.

La crisi climatica è qui

Mohamed inquadra il cambiamento climatico come una sfida condivisa: “È qui”, dice, evidenziando che lo sviluppo di quel nuovo paradigma cooperativo deve partire dall’affrontare insieme sfide enormi come questa. “Ogni anno degli ultimi undici è stato più caldo del precedente, con il 2023 che ha battuto tutti i record, poi il 2024 — non sappiamo come sarà il 2025, ma le estati sono già molto più calde”.

Il Corno d’Africa e le regioni circostanti stanno vivendo siccità e inondazioni, ricorda: nel 2011, oltre 250.000 persone sono morte a causa dell’insicurezza alimentare legata a sconvolgimenti climatici. ”È scoraggiante vedere che in alcuni ambienti il cambiamento climatico venga ancora definito una bufala”, soprattutto quando gli incendi — dall’Italia alla Grecia a Los Angeles — stanno distruggendo migliaia di ettari, sempre più alimentati dal riscaldamento globale.

Disuguaglianze e risposte

Ma l’inviato di Nairobi ci ricorda anche che il Kenya emette meno dello 0,01% dei gas serra globali, eppure subisce una quota sproporzionata dei danni. Per questo motivo, Mohamed accoglie con favore iniziative come il Fondo italiano per il clima, definendolo “un passo nella giusta direzione contro le disuguaglianze” — un impegno da 3,2 miliardi di euro, parte del quale è già stato destinato al Kenya attraverso istituzioni finanziarie multilaterali. “Siamo qui a Roma anche per discutere su come gestire questi fondi”.

Per Mohamed, la lotta al cambiamento climatico non è solo un’urgenza scientifica, è una questione di giustizia globale e di sicurezza collettiva. I legami tra clima, sicurezza e disuguaglianze si stanno facendo sempre più stretti. Il partenariato Italia–Kenya è visto a Nairobi come un esempio concreto di cooperazione efficace e condivisa. La sua attuazione è osservata con attenzione non solo in tutta l’Africa, ma sempre più anche in Europa, perché parte del paradigma che la strategia italiana per l’Africa può rappresentare.


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