“L’Italia, in virtù della sua posizione geografica, deve essere il punto di intersezione tra l’Indo-Pacifico e l’area euro-mediterranea”. Conversazione con la presidente della Commissione Esteri/Difesa del Senato a margine del dibattito “Il progetto Imec: l’Italia protagonista di rotte indo-mediterranee che decidono il futuro”, organizzato dal dipartimento Esteri di Forza Italia
“Abbiamo l’occasione di valorizzare l’intero sistema Paese, diventando il principale hub europeo del corridoio: grazie alle infrastrutture logistiche avanzate di cui disponiamo, possiamo diventare il ‘porto per l’Europa’, lo snodo principale dove far transitare le merci provenienti dall’India e dal Golfo e, contestualmente, immettere i nostri prodotti in quei mercati emergenti”. Così a Formiche.net Stefania Craxi, presidente della commissione esteri/difesa del Senato, all’indomani del seminario su Imec promosso a Roma da Forza Italia.
Perché il corridoio Imec non è solo un’infrastruttura?
In un contesto globale segnato da profondi mutamenti geopolitici ed economici, le relazioni indo-mediterranee assumono oggi un rilievo decisivo. La centralità crescente dell’Indo-Pacifico, la competizione per le rotte commerciali, le tensioni nei principali snodi marittimi e la necessità di diversificare approvvigionamenti e infrastrutture logistiche rendono il Mediterraneo un crocevia essenziale tra Europa, Medio Oriente e Asia. Assumerne consapevolezza vuol dire dotarsi degli strumenti necessari per orientare la bussola in un mondo ormai compiutamente multipolare. Serve uno slancio nuovo, un cambio di paradigma: non possiamo più concepire il Mediterraneo e l’Indo-Pacifico come entità geopolitiche a sé stanti, ma come parte integrante di una nuova architettura connettiva est-ovest. Questa visione ha contribuito a dare impulso a un progetto ambizioso qual è l’Imec, che assume anche una valenza strategica nella diversificazione degli approvvigionamenti energetici, rafforzando l’autonomia dei Paesi coinvolti: è un punto fondamentale, in un tornante storico che ha obbligato soprattutto gli Stati europei ad assumere delle determinazioni, misurandone il grave ritardo. Il progetto, poi, si configura come un tentativo di controbilanciare l’influenza cinese veicolata attraverso la Belt and Road Initiative. Da ultimo, l’Imec può diventare anche un corridoio digitale strategico. L’integrazione di componenti tecnologiche avanzate – come cavi sottomarini per la connettività ad alta capacità, data center regionali e reti logistiche intelligenti – non può che proiettare benefici diffusi, configurandosi come un’architettura fondamentale per l’economia dei dati fra il quadrante asiatico, mediorientale ed europeo.
Quale il punto di caduta per l’Italia e per l’Europa?
La forza di un progetto come l’Imec risiede nella sua natura plurivettoriale, ma strutturare un sistema di interdipendenze, investendo in strategie inclusive e visioni lungimiranti, richiede l’apporto fondamentale della politica. Ovvero di una regia capace di misurarsi con la complessità contemporanea, per generare sviluppo, sicurezza e prosperità condivisa, articolando il quadro in un’osmosi proficua tra economie, culture e istituzioni. Ѐ questa la grande sfida che l’Italia e l’Europa hanno di fronte.
Il ruolo di Trieste come può essere decisivo?
Trieste, grazie anche alla prospettiva di una zona logistica semplificata e al suo inserimento nei corridoi TEN-T europei, si candida come hub naturale per unire l’Indo-Mediterraneo alla dorsale Baltico-Adriatica. Inoltre, il porto triestino può offrire la possibilità di coinvolgere in questo ambizioso progetto geopolitico la macro-regione dei Tre Mari (The Three seas initiative), collegando alle rotte dell’Indo-Mediterraneo i Paesi dei Balcani, del Baltico e del Mar Nero.
Quale il rapporto geopolitico con l’economia marittima?
Si stima che circa l’85 per cento del commercio mondiale avvenga via mare e che attraverso il Mar Mediterraneo transiti annualmente fra il 10 e il 20 per cento di tutto il traffico marittimo globale. Basterebbero questi dati a fornire l’idea della rilevanza degli interessi in gioco. I conflitti in corso evidenziano con drammatica chiarezza quanto il mondo attuale sia esposto a repentini cambiamenti che ne mettono a nudo le fragilità strutturali, l’instabilità e le tensioni geopolitiche incidono profondamente sulle articolazioni del commercio internazionale, generando incertezza nei mercati, interruzioni nelle catene di approvvigionamento e forti ripercussioni sull’economia globale. In un sistema interconnesso, anche una crisi regionale può avere effetti immediati e diffusi su scala planetaria.
Tutto ciò è emerso con evidenza con gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso che hanno pesantemente condizionato il tragitto lungo le rotte marittime, ripercuotendosi sui tempi e sui costi di trasporto delle merci dall’Asia all’Europa. Assicurare la libertà e la sicurezza della navigazione, nonché la sicurezza delle reti di comunicazione ed energetiche subacquee è di fondamentale importanza per le prospettive di crescita di una realtà composita sul piano produttivo come quella italiana. E non è un caso che l’Italia abbia risposto a quella crisi assumendo responsabilità in difesa dei suoi interessi plurimi, che rispondono a ragioni tanto geopolitiche quanto economico-commerciali.
Perché l’Imec, al pari del Piano Mattei per l’Africa, è una priorità geopolitica per l’Italia?
L’Italia, in virtù della sua posizione geografica, deve essere il punto di intersezione tra l’Indo-Pacifico e l’area euro-mediterranea. Abbiamo l’occasione di valorizzare l’intero sistema Paese, diventando il principale hub europeo del corridoio: grazie alle infrastrutture logistiche avanzate di cui disponiamo, possiamo diventare il “porto per l’Europa”, lo snodo principale dove far transitare le merci provenienti dall’India e dal Golfo e, contestualmente, immettere i nostri prodotti in quei mercati emergenti. Il ruolo attivo dell’Italia nel connettere l’Europa orientale con l’Indo-Mediterraneo ne rafforzerebbe il peso in ambito comunitario, consolidandone al contempo la posizione di interlocutore strategico per gli Stati Uniti e per i principali partner regionali.
Il capitolo delle opportunità non si esaurisce solo guardando ad est, ai Paesi della Three seas Initiative: ragionando sulle potenzialità offerte dall’Imec nel settore energetico, il protagonismo italiano potrebbe meglio definirsi anche in direzione Sud, con investimenti e progetti da strutturare insieme ai partner del Mediterraneo profondo, in una logica nella quale possono convergere alcuni obiettivi dello stesso Piano Mattei.