L’operazione Rising Lion ha colpito con precisione chirurgica il cuore dell’apparato militare e di intelligence iraniano. Oltre ai danni ingenti al programma nucleare, Israele ha agito colpendo figure-chiave del regime, lasciando aperti interrogativi sulla tenuta stessa della Repubblica Islamica. L’economia al collasso, il dissenso crescente e l’effetto domino interno disegnano scenari di forte instabilità, ma il destino di Teheran resta appeso a molte incognite. Intervista a Shahin Modarres, analista esperto di Iran e Medio Oriente e commentatore per Al Jazeera e BBC News
L’operazione Rising Lion, lanciata dalle Forze di difesa israeliane nei giorni scorsi, ha preso di mira non solo le infrastrutture militari e nucleari iraniane, ma anche figure cruciali all’interno del regime degli ayatollah. Mentre gli sviluppi sul campo proseguono, crescono le incognite sulla tenuta stessa della Repubblica Islamica. Per comprendere meglio la situazione interna al Paese e i possibili scenari futuri, Airpress ha intervistato Shahin Modarres, responsabile dell’Iran Team dell’Itss Verona.
Cerchiamo di riassumere quanto accaduto finora. Come si è sviluppata l’operazione israeliana e quali erano/sono gli obiettivi degli attacchi?
Come prima cosa, Israele ha colpito siti di importanza nevralgica, non solo per l’Irgc (la Guardia della Rivoluzione), ma anche per le Forze armate e per il programma nucleare, eliminando diversi scienziati-chiave senza i quali il programma stesso rallenterà molto. Dopodiché sono stati attaccati diversi obiettivi nell’ovest e nel sud del Paese, oltre a Teheran. Ieri sono arrivati a colpire anche nel nord-est (il che segnala che ormai Israele è in grado di colpire ovunque nel Paese), mentre oggi hanno distrutto diversi sistemi lanciamissili che erano stati posizionati nelle vicinanze di siti sensibili come ospedali nelle regioni occidentali. Ancora una volta, la Repubblica Islamica sta usando il popolo iraniano come scudo umano. D’altronde, sono loro ad averlo insegnato ad Hamas.
I danni sembrano essere stati ingenti. Cosa è successo alle difese aeree iraniane?
I sistemi di difesa aerea della Repubblica Islamica non hanno potuto fare praticamente nulla. Questo perché gli S-300 importati dalla Russia sono stati preventivamente neutralizzati dagli israeliani con dei droni a corto raggio, lanciati probabilmente dall’interno del territorio iraniano. Questo ha permesso all’Aeronautica israeliana di dominare i cieli dell’Iran. Inoltre, è probabile che i medesimi droni kamikaze siano stati usati anche per colpire alcune figure-chiave del regime.
Venendo infatti alle eliminazioni “eccellenti”, quanto sono gravi queste perdite per il regime?
Si tratta di perdite molto gravi, a partire da quella del generale della Guardia della Rivoluzione Gholamali Rashid. Con lui, il regime ha perso un devoto della Repubblica Islamica, nonché uno dei teorici dietro tutte le missioni delle Forze armate iraniane negli ultimi quarant’anni. Parliamo di persone tutt’altro che sostituibili, un pò come per il caso di Qasem Soleimani (eliminato nel gennaio 2020, ndr.), la cui uccisione ha comportato un crollo drastico nell’efficienza della Forza Quds nonostante la rapida promozione di Ismail Ghani a suo successore.
E sul piano dei danni alle infrastrutture?
Dal punto di vista infrastrutturale, Israele si sta muovendo in modo simile a come ha fatto con Hamas. Il primo obiettivo è quello di diminuire drasticamente le capacità di lancio iraniane. Per questo motivo stanno distruggendo sistematicamente i lanciatori e i siti di produzione dei missili. Inoltre, stanno anche colpendo luoghi politicamente sensibili come il ministero della giustizia e dell’intelligence, oltre a infrastrutture economiche come le raffinerie e i pozzi di petrolio.
Un altro bersaglio importante delle operazioni israeliane sono i siti nucleari iraniani. Perché colpire proprio adesso?
Perché ormai era chiaro per Israele che la Repubblica Islamica non vuole negoziare veramente con gli Stati Uniti riguardo il programma nucleare. Va anche detto che, dal 7 ottobre, c’è stato un cambiamento profondo nella dottrina di difesa israeliana, che ora guarda in modo diverso all’idea di attacco preventivo, soprattutto nei confronti di una minaccia esistenziale come la Repubblica Islamica.
C’è anche la non così remota possibilità che Teheran sia prossima allo sviluppo (o abbia già sviluppato) di un’arma nucleare. Secondo lei, il regime dispone già di un simile strumento?
Non penso. Per Israele, impedire all’Iran di sviluppare armi atomiche è una questione esistenziale. Quindi, considerati tutti i fatti, se la Repubblica Islamica avesse già sviluppato un’arma nucleare, la reazione israeliana sarebbe stata ben diversa da quella che stiamo vedendo adesso. Molto più dura.
Ma è possibile che l’Iran sviluppi effettivamente un’arma nucleare?
Sì, lo è. Almeno tecnicamente. D’altronde, gli avanzamenti nel processo di arricchimento dell’uranio (attualmente intorno al 60%, rispetto al 90% necessario per produrre una testata esplosiva) non possono avere altro obiettivo che lo sviluppo di una bomba nucleare. Fino all’inizio di questa operazione, sappiamo per certo che la Repubblica Islamica aveva tutte le infrastrutture necessarie per arrivare al 90%. Adesso, non saprei.
A parte l’ipotesi nucleare, che mezzi rimangono all’Iran per rispondere sul piano militare?
In questo momento, nulla. La Repubblica Islamica adotta una dottrina difensiva che, al di là dell’uso dei gruppi proxy, si basa principalmente su un approccio di deterrenza che che punta a prendere tempo sufficiente per raggiungere una soluzione diplomatica. Attualmente, la Repubblica Islamica sta tentando ogni via possibile — anche tramite canali indiretti, come Cipro — per fermare gli attacchi da parte di Israele
Veniamo adesso alla situazione interna al Paese. Qual è la posizione dell’opinione pubblica iraniana?
Per comprendere il punto di vista interno dobbiamo partire da un dato importante, che è l’indice della miseria, che potremmo definire un misto tra l’indice dell’inflazione e il livello di disoccupazione all’interno del Paese. Questo indice in Iran è altissimo e la situazione economica sta praticamente collassando. Inoltre, la Repubblica Islamica continua a giustiziare tutti i cittadini iraniani che protestano nei confronti del regime. Negli ultimi otto mesi c’è stata in media un’esecuzione ogni sei ore.
Quindi si può dire che la popolazione sia contraria al regime?
Purtroppo è più complicato di così. Sicuramente tutti questi elementi (disoccupazione, collasso economico, repressione politica) hanno contribuito in questi tempi a mettere molti iraniani contro la Repubblica Islamica. Non a caso, la maggior parte della popolazione sta festeggiando l’eliminazione dei comandanti e delle figure chiave del regime, e c’è anche chi pensa che forse Israele aiuterà il popolo iraniano a liberarsi finalmente della Repubblica Islamica. Dall’altro lato, però, non si può dire che siano contenti di trovarsi sotto attacco.
Più di un commentatore ha sottolineato che l’operazione di Israele potrebbe puntare in definitiva, verso un regime change in Iran. Cosa potrebbe succedere adesso?
È molto difficile da dire, perché ci troviamo davvero davanti a un lancio di moneta. Un primo scenario potrebbe vedere la caduta del regime a causa della perdita del suo leader politico, l’ayatollah Ali Khamenei, nel caso in cui Israele tentasse la sua eliminazione. Oppure, la Repubblica Islamica potrebbe rispondere a questi ultimi avvenimenti diventando ancora più repressivo e spietato nei confronti della popolazione. Al momento entrambi gli scenari restano plausibili, ma è ancora presto per poter dare qualsiasi cosa per certa.