L’omelia di Leone XIV offre una visione della famiglia e del matrimonio intrinsecamente fondata sull’amore di Dio, basata su un’idea fondamentale di totalità, fedeltà e fecondità in integrale, la quale ha conseguenze essenziali per la conservazione della vita e il progresso futuro dell’umanità. La riflessione di Benedetto Ippolito
Le Sacre Scritture, e in particolare il Vangelo, ci offrono spunti profondi sulla natura delle relazioni umane e sul disegno divino che le sottende. Nell’omelia del 1° giugno scorso per il Giubileo delle Famiglie, Leone XIV ha fatto chiari riferimenti a principi assoluti che sostengono l’unione e la vita familiare, senza utilizzare termini teologici o filosofici tecnici come “legge naturale” o “legge eterna”.
La riflessione del Santo Padre ha indicato invece con chiara semplicità che l’unità e l’amore su cui si fonda la famiglia ha una radice che trascende la mera convenzione umana, rimandando direttamente all’amore stesso di Dio espresso nei riguardi dell’intera umanità.
Cristo stesso, nel Vangelo, prega infatti affinché tutte le persone siano “una sola cosa”. Questa unità non è una semplice aggregazione anonima, ma una comunione che rispecchia il legame eterno d’amore che si palesa per analogia nella creazione e nella redenzione umana.
È una comunione fondata sull’amore di Dio, dal quale provengono la vita e la salvezza di tutti. Tale amore divino è infinito e precede la creazione stessa. Dio ama l’umanità infinitamente, come ama il Figlio Unigenito. E così, la vita di Dio, donata in Cristo, unisce le persone tra loro in un vincolo relazionale sostanziale ed imperituro.
È proprio in un contesto così profondo di amore divino, a ben vedere, il quale unisce il genere umano nella legge naturale, che viene presentata la realtà autentica della famiglia.
Il Papa sottolinea come la vita stessa sia un dono ricevuto prima di essere voluto: “Tutti gli uomini sono figli, ma nessuno di noi ha scelto di nascere”. Dopo la nascita abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere e non avremmo potuto farcela da soli.
Siamo stati salvati dalla cura di altri, sia per il corpo che per lo spirito. Tutto questo evidenzia la natura intrinsecamente relazionale dell’essere umano, un legame libero e liberante e una cura vicendevole tra le singole persone.
Il matrimonio è descritto da Leone XIV non come un ideale astratto, ma come il “canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo”. Una definizione che indica la struttura e la finalità intrinseche all’unione coniugale.
Tale amore, trasformando gli sposi in “una carne sola”, li rende capaci di essere “immagine di Dio” e di poter donare appunto per questo la vita. Il nesso tra l’unione coniugale feconda e l’immagine di Dio rammenta che la famiglia, basata sull’amore eterno, partecipa a un disegno divino che non è costruzione arbitraria e volontaristica o convenzionale, ma adesione temporale all’ordine oggettivo dell’essere umano.
Nell’Omelia Leone XIV ha inoltre specificato che “dalle famiglie proviene il vero futuro dei popoli”. La famiglia, infatti, è anche il luogo privilegiato in cui la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione, essendo condivisa come il cibo e gli affetti.
Questo ruolo fondamentale della famiglia per la società e per la trasmissione dei valori spirituali è, non a caso, stato evidenziato con costanza dal Magistero della Chiesa che ha definito le coppie di sposi come testimoni esemplari di carità.
Vari esempi mostrano che la vita familiare può essere cammino di perfezione ordinaria del cristiano e che il mondo di oggi ha bisogno proprio di tale “alleanza coniugale” per ripristinare le condizioni di felicità personale molto spesso annegate nell’edonismo e nell’individualismo dominanti.
Davanti alla visione cristiana dell’amore, dell’unità e della famiglia, sorretta appunto sulla legge divina naturale, le parole del Pontefice riconoscono che di sovente oggi si è di fronte ad una verità calpestata e tradita. Ciò accade “ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere”.
Sebbene, dunque, Prevost non usi esplicitamente il termine “relativismo”, l’idea di un uso distorto della libertà che si oppone al dono della vita e alla cura degli altri evoca una tendenza culturale che potrebbe essere associata a prospettive nichiliste, molto diffuse ormai non soltanto in Occidente, dove il valore dell’esistenza e delle relazioni è calpestato, legalmente cancellato e perfino derubricato surrettiziamente ad interessi giudicati falsamente più importanti.
Il Papa, d’altronde, oppone apertamente le “forze che disgregano le relazioni e le società” alla “forza che unifica e riconcilia”, proveniente dall’amore di Dio e dall’alleanza coniugale. La preghiera di Gesù per l’unità e la pace agisce come un “balsamo sulle nostre ferite”, diventando annuncio di perdono e riconciliazione, dando senso ai momenti di letizia e di dolore delle famiglie.
In sintesi, l’Omelia di Leone XIV offre una visione della famiglia e del matrimonio intrinsecamente fondata sull’amore di Dio, basata su un’idea fondamentale di totalità, fedeltà e fecondità in integrale, la quale ha conseguenze essenziali per la conservazione della vita e il progresso futuro dell’umanità.
L’ordine sociale e politico implica la presenza proprio di questi principi stabili di ordine naturale, appunto per ciò non negoziabili, i quali definiscono la famiglia e l’amore coniugale quale elemento imperituro dell’essenza umana, radicato nel disegno divino di persone create “a immagine di Dio”: una verità in contrasto con le “forze che disgregano” e con l’uso distorto di libertà che tradiscono la vita e la cura reciproca, aspetti quest’ultimi che possono essere collegati alle sfide aperte dal relativismo contemporaneo.
La preghiera di Cristo per l’unità e la promessa che un giorno saremo tutti uniti nell’unico Salvatore, abbracciati dall’amore eterno di Dio, fortifica la persuasione che l’ordine sociale e l’amore nella famiglia siano espressione naturale partecipata e anticipo temporale concreto della felicità eterna: un vero e proprio cammino laico di santificazione della vita ordinaria possibile per il cristiano comune.