Circola in Vaticano (ma non solo) una teoria: il nuovo papa, Leone XIV, non ha la stessa visione del mondo del suo predecessore, piuttosto è sensibile a quella che emerge da Washington. Ieri, però, si è visto che con il “papa americano” l’America ha due volti apicali ma molti distanti, quello di Trump e quello del pontefice. Forse è questa la vera novità che emerge: da ieri ci sono due Americhe? L’analisi di Riccardo Cristiano
Circola in Vaticano (ma non solo) una teoria: il nuovo papa, Leone XIV, non ha la stessa visione del mondo del suo predecessore, piuttosto è sensibile a quella che emerge da Washington, che poi, a pensarci bene, è anche la capitale del Paese dove è nato. Il papa americano, dice nella buona sostanza questa teoria, è proprio americano, mentre il suo predecessore sarebbe stato un po’ prevenuto verso quel mondo. Insomma, la Chiesa è cambiata, e papa Prevost la porta altrove, in una nuova vicinanza catto-americana. Tradotto significherebbe che l’identitarismo avrebbe fatto breccia a San Pietro.
Ma ieri Leone si è soffermato su un tema molto importante per l’ amministrazione americana, quella di Donald Trump, cioè quella rispetto alla quale emergerebbe, stando alla citata teoria, una diversa sensibilità, tutta nuova rispetto al recente passato. Ecco cosa ha detto: “Oggi la violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima”.
È una delle frasi iniziali del discorso da lui pronunciato il 26 giugno, cioè poche ore fa, da papa Leone XIV davanti all’assemblea plenaria della “Riunione delle opere per l’aiuto alle chiese orientali”.
Poco dopo ha proseguito così: “Siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere e a cercare di superarle, e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica, smascherandole con decisione. La gente non può morire a causa di fake news”.
È un’immagine potente, ripresa da molti, seguita di lì a breve da questo passaggio: “È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza.
Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?
La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti!”. La teoria cui abbiamo accennato va ritoccata? In termini di impianto il papato forse è rimasto in America Latina? Non è alla fin fine quello il mondo ( teologico e culturale) dove l’attuale Leone XIV è cresciuto dopo essere nato negli States?
Tutto sommato l’attuale Leone lì è emigrato (vocabolo scelto da lui), lì è stato a lungo vescovo e probabilmente ha maturato lì gli elementi che prima di essere eletto lo hanno indotto a polemizzare con l’attuale vice-presidente degli Stati Uniti, Vance.
È stata una polemica forte, chiara, che però non ha influenzato la teoria alla quale qui ci riferiamo.
Le teorie alle volte seguono un loro impianto, che ha poco a che fare con le realtà, ma con le idee. E le idee a volte sono suggestive, convincono e si autoconvincono, per suggestione, e navigano senza rapportarsi agli accadimenti, ma con le apparenze. E tra le apparenze ce n’è una che dice molto: il vestiario di papa Leone è molto diverso da quello di Francesco.
È un vestiario che piace agli ambienti ai quali non piaceva Francesco, quegli ambienti identitaristi, Francesco avrebbe detto “molto cattolici”, fatti di mozzette e paramenti imperiali che nulla hanno a che fare con la “ Chiesa povera e per i poveri” cui Francesco ha dedicato il suo pontificato. E quei paramenti Leone li usa moltissimo, qui la teoria si sostanzia di realtà?
Il caso ha voluto che nella stessa giornata di ieri Leone abbia potuto parlare proprio di questo, di una Chiesa per i poveri. Dunque qui è emersa la novità? Si parlava di droga, dunque di sicurezza, altro tema cruciale.
Ecco le sue parole: “Troppo spesso, in nome della sicurezza, si è fatta e si fa la guerra ai poveri, riempiendo le carceri di coloro che sono soltanto l’ultimo anello di una catena di morte. Chi tiene la catena nelle sue mani, invece, riesce ad avere influenza e impunità.
Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione: “Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!” (Francesco, Esort, ap. Evangelii Gaudium, 210)”.
Forse c’è un problema per la narrazione.
Si potrebbe sussurrare che facendo perno sui propri desiderata la teoria di cui qui parliamo ha visto un papa lontano dal suo predecessore, dimenticando un detto abbastanza famoso, “l’abito non fa il monaco”.
E tolto il discorso sull’abito questa teoria nei rapporti con il mondo stenta a dimostrarsi fondata. Forse il dato rilevante molto diverso: forse ieri si è visto che con il “papa americano” l’America ha due volti apicali ma molti distanti, quello di Trump e quello di Leone. Forse è questa la vera novità che emerge: da ieri ci sono due Americhe?