Nella mega legge di Donald Trump su cui il Congresso è chiamato a esprimersi c’è una misura che era passata inosservata ma che potrebbe cambiare il futuro degli Stati Uniti. Prevede che gli Stati federali non legiferino sull’intelligenza artificiale per i prossimi dieci anni. Per la Casa Bianca è un modo per evitare uno spezzatino di leggi differenti, per i Democratici – ma anche qualche repubblicano – è invece un lasciapassare alle Big Tech
“Tra qualche anno potrebbe finire per diventare la notizia più importante di questo disegno di legge”. La previsione del procuratore generale della Carolina del Nord, Jeff Jackson, non è così lontana dalla realtà. All’interno del “One Big Beautiful Bill”, la gigantesca legge finanziaria promossa da Donald Trump che aumenterà il deficit americano di 3.100 miliardi di dollari entro il 2034, c’è una misura nascosta ma allo stesso tempo fondamentale per il futuro del paese. Si tratta di una moratoria che impedirebbe agli Stati federali di legiferare sull’intelligenza artificiale. La misura ha superato l’esame procedurale per essere inserita nel pacchetto e dunque, se approvato dal Senato così com’è, entrerà in vigore.
La logica che muove la Casa Bianca è molto semplice: evitare un ingorgo di leggi, uno spezzatino di norme non omologate che rischiano di creare confusione. Chi contesta questa visione, invece, la ritiene una norma che andrà a rafforzare ancora di più il potere delle Big Tech a discapito dei consumatori, che rischiano di perdere le tutele.
“Personalmente – continua il procuratore Jackson – non credo che dovremmo stabilire uno standard federale in questo momento e proibire agli Stati di fare ciò che dovremmo fare in una Repubblica federata. Lasciamo che siano gli Stati a sperimentare”. A pensarla come lui sono ovviamente i Democratici, compresa una quarantina di colleghi bipartisan che hanno chiesto di non approvare la legge. Così come circa 140 organizzazioni e istituzioni accademiche, che hanno indirizzato una lettera ad alcuni membri del Congresso, inclusi lo Speaker repubblicano della Camera Mike Johnson e il leader dei Democratici Hakeem Jeffries. “Questa moratoria – scrivono – significherebbe che anche se un’azienda progettasse deliberatamente un algoritmo che causa danni prevedibili, indipendentemente da quanto intenzionale o grave sia la condotta scorretta o da quanto devastanti siano le conseguenze, non sarebbe tenuta a rispondere ai legislatori e al pubblico”.
La questione divide anche il Partito Repubblicano. Per Ted Cruz, senatore del Texas, è “una buona legge” e anche il deputato californiano Jay Obernolte è convinto che possa aiutare a scongiurare un “labirinto normativo” dove “50 Stati diversi vanno in 50 direzioni diverse”. A opporsi invece alla misura ci sono Marsha Blackburn (Tennessee), Josh Hawley (Montana) che è addirittura pronto a collaborare con i Dem, così come la trumpiana Marjorie Taylor Greene (Georgia) e più in generale il Freedom Caucus della Camera.
La questione dunque terrà banco per i giorni a venire. E la decisione che verrà presa sulla moratoria potrebbe radicalmente cambiare il prossimo futuro degli Stati Uniti. Ormai la tecnologia è entrata nelle vite di tutti, sempre presente nella quotidianità sotto ogni aspetto, e stare dietro alle sue novità è a dir poco difficile. A maggio, Trump aveva firmato il Take It Down Act, con cui rendeva illegale la condivisione di immagini esplicite non consensuali, che sia vere o create da una macchina, imponendo la loro rimozione dalle piattaforme entro 48 ore.