Al Nato Public Forum si è discusso su come l’Alleanza dovrebbe adattare la sua postura in regioni chiave come l’Artico, i Balcani e il Mediterraneo. Ecco cos’hanno detto Fredriksen, San e Colomina
In un contesto regionale complesso e di minacce in evoluzione, come dovrebbe adattare la Nato la sua postura nei principali teatri? È la domanda al centro del dibattito del Nato Public Forum dal titolo A 360-degree Perspective for the Alliance moderato da Shashank Joshi, defence editor del settimanale The Economist.
La competizione nell’Artico
Nonostante l’aumento della conflittualità in altre aree del mondo, l’Artico continua a essere percepito come una regione relativamente più stabile e prevedibile, ha spiegato Jon Elvedal Fredriksen, direttore generale del Dipartimento per la politica di sicurezza e l’High North del ministero degli Esteri della Norvegia, Paese che condivide un confine di 196 chilometri con la Russia. È la sua natura di oceano che lo rende soggetto al diritto internazionale ad assicurare questa situazione, ha dichiarato. Verso l’Artico “c’è chiaramente un più forte interesse” da parte di attori come la Cina, ma anche India e diversi Paesi europei. Per quanto riguarda Pechino, “soprattutto per scopi di ricerca”, ha aggiunto.
Le sfide nei Balcani
Nei Balcani Occidentali, dove le minacce ibride e l’instabilità continuano a mettere alla prova la resilienza delle istituzioni locali, la Nato guarda con attenzione alla crescente attività russa e al rischio di un vuoto di sicurezza aggravato dal possibile ridimensionamento della missione Kfor. “Uno dei principali obiettivi” dell’Alleanza nella regione è “rafforzare la resilienza delle istituzioni locali contro le attività ostili della Russia e di altri attori”, ha spiegato Burcu San, funzionaria turca e vice segretaria generale aggiunta della Nato per le operazioni da tre anni. Nonostante ammetta che i risultati siano “alti e bassi”, si dice ottimista: “Quando guardiamo ai Balcani, vediamo che la maggioranza della popolazione sostiene una prospettiva euro-atlantica. Non è una battaglia persa: abbiamo le basi per fronteggiare l’influenza russa”.
La situazione nel Mediterraneo
La crescente instabilità nella regione meridionale che circonda l’Alleanza Atlantica – aggravata di recente dalla crisi tra Israele e Iran e dai bombardamenti statunitensi contro siti nucleari iraniani – conferma l’urgenza di un rinnovato impegno della Nato nel suo vicinato Sud. “In quest’area si sovrappongono due sfide che riguardano anche l’Alleanza: quella più tradizionale posta dalla Russia e quella più asimmetrica rappresentata dal terrorismo”, ha spiegato Javier Colomina, diplomatico spagnolo e dal dicembre scorso rappresentante speciale del segretario generale della Nato per il Vicinato meridionale. Un doppio fronte che si manifesta pienamente nel Mediterraneo, area di primaria importanza per l’Italia come ricordato dallo stesso diplomatico con riferimento alla spinta di Roma per una strategia per la regione. La Nato non ha la bacchetta magica per risolvere tutti i conflitti regionali, ma può contribuire tramite il dialogo e la collaborazione con i partner, ha spiegato ancora Colomina. In quest’ottica si inseriscono l’imminente apertura di un ufficio di collegamento ad Amman e il rafforzamento della presenza a Kuwait City attraverso il centro regionale: iniziative pensate per avere “occhi sul terreno” e comprendere meglio le complesse dinamiche locali, ha dichiarato.