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Pechino rompe, le banche pagano. Il soccorso ai costruttori di auto cinesi

L’aver concesso i sussidi quasi solo a Byd ha messo in ginocchio l’intera industria dell’auto elettrica del Dragone. Per le banche è troppo e allora ecco la scelta di azzerare le commissioni sui prestiti a chi è finito vittima della politica industriale di Xi Jinping

Un soccorso, in piena regola. Le banche cinesi mettono una pezza per rimediare ai danni causati dallo stesso governo del Dragone. Ancora una volta è l’automotive il fronte caldo cinese. Da quando Pechino ha deciso di inondare Byd, il principale costruttore di auto elettriche dentro e fuori la Repubblica Popolare, il mercato delle quattro ruote è andato in frantumi: troppa offerta, prezzi crollati, concorrenza azzerata. E concessionari, che nella catena di montaggio sono il terminale della filiera, prossimi al fallimento perché costretti a vendere le auto a prezzi stracciati. Tutto questo è frutto di una politica industriale che ha voluto avvantaggiare un unico unicorno, Byd. Ora però i nodi sono venuti al pettine.

Alcuni istituti cinesi, per esempio, hanno deciso di andare in aiuto di alcuni costruttori e dei concessionari. Come? Azzerando o sospendendo tutte le commissioni legate ai prestiti concessi al mercato dell’auto. Tra queste, la China Everbright Bank e la Henan Rural Commercial Bank, che hanno congelato tutti gli interessi legati ai singoli finanziamenti. In questo modo, è la logica dell’operazione, molte case automobilistiche, sotto pressione per via della concorrenza spregiudicata di Byd, potrebbero tornare a respirare.

Anche se ci sarà da fare i conti, prima o poi, con la vigilanza bancaria cinese. La quale fissa per legge alcuni paletti piuttosto stringenti in materia di prestiti: le commissioni non possono scendere sotto un certo livello. Senza considerare che i margini delle banche andranno incontro a una contrazione sostanziale, dal momento che il denaro prestato costerà meno. Ma forse la salvaguardia di un pezzo di industria automobilistica vale qualcosa di più. La mossa degli istituti potrebbe restituire, per esempio, ai costruttori travolti da Byd la competitività perduta.

Di sicuro l’automotive non è l’unico problema in Cina. Oltre al mattone, madre di tutte le crisi cinesi, anche l’acciaio vive una congiuntura negativa. Secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica della Cina, le aziende siderurgiche cinesi hanno ridotto la produzione di acciaio del 6,9% a maggio 2025 rispetto a maggio 2024, attestandosi a 86,55 milioni di tonnellate prodotte. Si tratta del secondo calo mensile consecutivo, dopo il crollo, inaspettato, ad aprile. E questo nonostante il governo abbia annunciato piani per la ristrutturazione del settore siderurgico già a marzo. Ancora, nei primi cinque mesi del 2025, la produzione di acciaio nel Paese è diminuita dell’1,7% su base annua, attestandosi a 431,63 milioni di tonnellate.


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